La risposta di Bonelli (Verdi) a Riondino: “Se cambiamo Taranto, cambiamo l’Italia”
TARANTO – Il dibattito resta aperto. Riportiamo una nota di Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale dei Verdi, che ritorna sulle dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa da Michele Riondino, attore coinvolto in prima persona nell’organizzazione del Primo Maggio tarantino.
“Sarebbe da irresponsabili non dare una risposta alla lettera scritta da Michele Riondino e quindi sento il dovere, per il bene della città di Taranto, di dare una mia risposta. Il primo maggio organizzato dal Comitato Cittadini e LavoratoriLliberi e Pensanti, é stata una giornata stupenda non solo per i contenuti che ha espresso ma soprattutto per la prospettiva sociale, culturale e politica che ha proposto per il futuro di Taranto. Non salto dalla sedia quando fai la proposta di non votare, di non sprecare il voto per il meno peggio. Dici che il voto non è servito a scalzare il metodo Archinà.
Purtroppo il voto a Taranto ha premiato quel sistema che ha sostenuto sempre le ragioni dell’Ilva raccontando che tutto andava bene e che la qualità dell’aria stava migliorando. Non c’è peggior cosa che tradire nella vita, come negli affetti e nella vita pubblica. Tradire la fiducia della gente è ignobile, perché a Taranto si è raccontata una storia che non era reale. Era falsa. È quello che ha fatto il presidente della Regione Puglia Vendola e il sindaco Stefàno. Tranquillizzavano i cittadini affermando che la situazione era migliorata, che la diossina era stata sconfitta. Vendola intanto firmava, ad agosto 2011, la prima Aia che prevedeva il raddoppio della produzione di acciaio senza prevedere i monitoraggi in continuo. Nel novembre del 2011, ancora Vendola, in un videomessaggio annunciava la sconfitta della diossina rivendicando il grande successo della sua azione di governo. Una presa in giro perché tutte le istituzioni sapevano già, da luglio 2011, che i carabinieri del Noè avevano chiesto il sequestro degli impianti dell’Ilva. Nonostante quell’informativa tutti autorizzarono quella criminale AIA. Ho chiesto tre volte alla Regione Puglia, a partire da settembre 2010, di fare le indagine epidemiologiche. Non mi hanno mai risposto.
Ho fatto 5 domande pubbliche a Vendola dove dimostravo come le sue leggi erano state concepite per non essere mai applicate lasciando la situazione così com’era, ma non mi ha mai risposto. Poi è intervenuta la magistratura tarantina e se non ci fossero stati i magistrati il pentolone del malaffare a Taranto non sarebbe stato scoperchiato. Se avremo un processo lo dobbiamo alla mobilitazione dei cittadini, delle associazioni che hanno sempre puntualmente denunciato. Un ringraziamento la città lo dovrebbe fare a Vincenzo Fornaro, un uomo coraggioso che dopo l’abbattimento delle circa 700 pecore contaminate dalla diossina e il successivo licenziamento dei dipendenti, ha denunciato tutti.
Grazie alla sua denuncia oggi abbiamo 52 richieste di rinvio a giudizio. Io penso che il sistema Taranto sia il sistema Italia ovvero un sistema corruttivo e concussivo che, in nome del denaro, ha consentito alle industrie di fare enormi profitti sulla vita dei cittadini. Una vergognosa schifezza !! Il futuro che dobbiamo pensare per Taranto è un futuro senza diossina, senza benzo(a)pirene, senza metalli pesanti da respirare o assimilare ogni giorno. Lo dico con molta chiarezza: bisogna costruire un futuro senza Ilva preoccupandoci di far crescere le alternative economiche che possano creare posti lavoro duraturi e benessere sociale. La mia proposta, quella dei Verdi e del movimento Taranto Respira è quella di realizzare un’economia modello Bilbao.
Primo: è necessario avviare le bonifiche applicando il principio chi inquina paga. La vergogna dell’ultimo decreto salva Ilva è che non fa pagare nulla ai Riva per le bonifiche, però, prevede l’uso dei soldi sequestrati dal Tribunale di Milano, 1,9 miliardi di euro, per mettere a posto la fabbrica che nel 2016 tornerà nelle loro disponibilità. Secondo: istituire un’area no Tax per attirare investimenti di imprese nel settore delle nuove tecnologie, della ricerca, dell’innovazione insieme a poli tecnologici, universitari e musicali. Terzo: avviare progetti di rigenerazione urbana sui suoli di quella che diventerà ex area industriale, come accaduto a Bilbao. Quarto: recuperare la Città Vecchia fermando la speculazione. Quinto: una nuova politica portuale e del turismo. Abbiamo scritto un documento per il rilancio di Taranto che se attuato potrebbe prevedere 30 mila nuovi posti di lavoro trasformando Taranto veramente nella porta del Mediterraneo. Ma dobbiamo ancora lottare, spero insieme, per fermare i tentativi di chi vuole continuare a fare a Taranto un’economia alla diossina e quindi di morte.
I segnali sono sconfortanti e vedere l’ex ministro alla giustizia Severino, che ha firmato i decreti salva Ilva, partecipare alle riunioni del governo come rappresentate legale dell’Ilva, mi fa montare una rabbia infinita. Come sono arrabbiato anche delle norme sui reati ambientali, che tu richiamavi nella tua lettera, che rischiano di far saltare i processi per disastro ambientale per aver introdotto il termine “irreversibile”. Una norma votata da tutti, partendo dal Pd passando per Sel e arrivando al M5S. Una legge vergognosa che invece di essere modificata viene pure difesa! Ma non c’è solo l’Ilva: c’è l’Eni, i cinque inceneritori voluti dalla Regione Puglia e c’è da impegnarsi per fermare le speculazioni edilizie come quella che vorrebbero realizzare in zona Cimino.
Dico, quindi, che sono d’accordo con la tua proposta di avviare un percorso di lavoro per arrivare all’unità tra i cittadini, i comitati e le associazioni per verificare se ci siano le condizioni per costruire un movimento civico ecologista, che si ponga l’obiettivo di liberare la città dalla diossina e dal malaffare e creare le condizioni economiche per produrre nuovi posti di lavoro dalle nuove economie legate all’innovazione tecnologica, all’ambiente, agricoltura e turismo. Bisogna incontrarsi e lavorare in questa direzione, senza egemonie e tentativi di strumentalizzazioni di nessuno a partire da chi scrive. Io sono grato ai tarantini che mi sono stati vicini, perché grazie a loro ho vissuto e vivo un’esperienza sul piano umano meravigliosa, nonostante le minacce di morte e la richiesta di risarcimento danni della famiglia Riva di 500 mila euro. Michele, la città di Taranto ha bisogno di persone come te perché se cambiamo Taranto cambiamo l’Italia”.