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Arsenico, a Taranto e Gela dati più alti – Oggi la presentazione dei risultati del progetto Sepias

TARANTO – Sarà presentata quest’oggi a Roma, presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche, la pubblicazione scientifica che raccoglie i risultati del progetto “Sepias-Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica”. Lo studio del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie del Ministero della salute è coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (IFC-CNR), di cui è responsabile Fabrizio Bianchi, ed è pubblicato sulla rivista “Epidemiologia & Prevenzione” in un supplemento disponibile on line da domani. La ricerca ha riguardato 282 residenti in aree del Monte Amiata, nel viterbese, a Taranto e Gela.

“Nelle urine dei soggetti controllati abbiamo misurato il contenuto di diverse specie organiche e inorganiche di arsenico, alcune delle quali sono riconosciute cancerogene certe per l’uomo”, spiega Fabrizio Bianchi. “Sono stati misurati inoltre parametri di rischio cardiovascolare mediante ecodoppler carotideo e cardiaco e, nel sangue, numerosi biomarcatori di suscettibilità genetica, di danno al DNA, di effetto precoce”. Ad ogni partecipante è stato sottoposto un questionario. L’indagine dell’IFC-CNR nell’Amiata, nel viterbese, a Taranto e Gela ha identificato la presenza di sostanze, anche cancerogene.

“Le quattro aree risultano caratterizzate diversamente per distribuzione e tipologia di arsenico assorbito dai partecipanti al biomonitoraggio e anche per alcune caratteristiche genetiche”, prosegue Bianchi. “Per quanto riguarda l’arsenico inorganico sono stati osservati valori medi di concentrazione elevati, sulla base di quelli di riferimento nazionali e internazionali per il biomonitoraggio umano, in un soggetto su quattro sul totale, ma con rilevanti differenze: 40% Gela, 30% Taranto, 15% viterbese, 12% Amiata. Questi dati, da usare con cautela in considerazione dei piccoli campioni, non sono marcatori di malattia ma testimoniano l’avvenuta esposizione”.

Sono emerse alcune associazioni statisticamente significative tra concentrazione di arsenico e fattori di rischio indagati col questionario. “Principalmente con l’uso di acqua di acquedotto e di pozzo, ma anche con esposizioni occupazionali e con consumo di alimenti quali pesci, molluschi o cereali, che dovranno essere indagati con studi specifici”, continua il ricercatore IFC-CNR. “La preoccupazione per i rischi ambientali per la salute appare peraltro acutissima, specie nelle due aree industriali. A Taranto e Gela circa il 60% del campione giudica la situazione grave e irreversibile e oltre l’80% ritiene certo o molto probabile che in aree inquinate ci si possa ammalare di tumore o avere un figlio con malformazioni congenite”.

Diversificato il livello di fiducia negli enti locali: “Nel 40% dei casi nell’Amiata e nel 27 a Viterbo, ma solo nel 6% a Taranto e nel 16 a Gela”, conclude Bianchi. “Lo studio ha fornito indicazioni importanti per la definizione di sistemi di sorveglianza nelle aree studiate che includano interventi di prevenzione sulle fonti inquinanti conosciute e la valutazione della suscettibilità individuale all’arsenico. Si suggerisce la prosecuzione del monitoraggio periodico a iniziare dai soggetti con i valori più elevati, per i quali si propone un protocollo di presa in carico, assieme a un’informazione costante e attenta da parte delle autorità, avvalendosi dei ricercatori e degli operatori della sanità pubblica”.

“Per Taranto e Gela ci sono indicazioni per la presa in carico di numerosi soggetti, e a livello di comunità per lo svolgimento di una campagna di Biomonitoraggio umano (BMU) ad ampio spettro utilizzando il protocollo completo, con particolare attenzione al recupero di informazioni approfondite sul profilo alimentare, residenziale e occupazionale”: queste le preoccupanti conclusioni dello studio. Ricordiamo che l’arsenico ed i suoi composti inorganici sono classificati come cancerogeni certi per l’uomo da oltre 30 anni da parte della Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC 1980, 1987). Nel 2004 l’Arsenico in acqua per uso umano è stato classificato come cancerogeno accertato per l’uomo (gruppo 1) (IARC 2004).

LE UNITA’ OPERATIVE COINVOLTE NEL PROGETTO A TARANTO

L’Asl di Taranto è stata la prima Azienda Sanitaria ad aver concluso le operazioni di campionamento finalizzate a stabilire la presenza o meno di arsenico nella popolazione tarantina. La sperimentazione prevedeva che 50 volontari, 25 donne e 25 uomini, di età compresa, tra i 20 e i 44 anni, perlopiù residenti al Quartiere Tamburi a Taranto e nel comune di Statte, si sottoponessero a esami del sangue, delle urine e a una visita cardiologica. I campioni di urina e sangue sono stati inviati al CNR di Pisa, al CNR di Pavia e all’Istituto di Genetica Molecolare di Pavia, con il compito di eseguire specifiche analisi di laboratorio sui campioni ricevuti.

Le unità operative coinvolte nel Progetto SEpiAS a Taranto ed il coordinamento delle attività sono state affidate al dr. Sante Minerba, Unità di Epidemiologia e Statistica, Dipartimento di Prevenzione, con il gruppo di lavoro composto dalla dott.ssa Antonia Mincuzzi e dalla dott.ssa Simona Carone. Luogo del prelievo il Centro Trasfusionale S.S. Annunziata, referente il dr. Gianfranco Miloro, direttore del Centro Trasfusionale. Luogo della visita cardiologica invece, la Cittadella della Carità, referente il dr. Girolamo Catapano Minotti, responsabile Unità Operative Cardiologia e Riabilitazione Cardiologica.

Articoli tratti dal TarantoOggi del 9 maggio 2014

 

 

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