Ilva, tutti in solidarietà – Intesa azienda-sindacati (Fiom e Usb non firmano)
TARANTO – Il risultato era quello temuto. Non certo da oggi, almeno non per noi, ma da almeno un anno. Perché i contratti di solidarietà all’Ilva, con valenza biennale e opzione per un terzo anno dopo l’accordo del 13 marzo 2013, ora riguarderanno in pratica quasi l’intero stabilimento di Taranto.
Questa la nuova intesa tra una parte dei sindacati (hanno firmato soltanto Fim, Uilm e gli autonomi della Flmu, non Fiom e Usb) e l’Ilva, siglata ieri al termine di un incontro con l’azienda, rappresentata dal capo delle relazioni industriali della fabbrica tarantina, Cosimo Liurgo, dopo il primo incontro di lunedì. Il nuovo accordo prevede che i contratti di solidarietà saranno 3.407 in totale. Qualcosa in meno rispetto ai circa 3.535 concordati lo scorso gennaio scorso. La novità però è che mentre sino a ieri la solidarietà era distribuita su 8.800 lavoratori, adesso i 3.407 riguarderanno 10.278 lavoratori, con un rapporto del 33,15 per cento. In pratica, soltanto un migliaio di lavoratori non sarà inglobato in questa nuova intesa.
Il numero è cresciuto in quanto l’Ilva ha deciso di estendere la solidarietà anche a quei reparti che sino ad ora ne erano esenti. Invece di procedere reparto per reparto, l’azienda ha deciso di dividere lo stabilimento in “macro aree”. Oltre ai reparti energia, servizi e manutenzioni, sarà toccata anche l’area a caldo, con il reparto ghisa ed acciaieria, inglobando l’area altiforni, parchi e agglomerato.
Attualmente circa 700 lavoratori, a rotazione, sono in solidarietà totale (otto ore), mentre da lunedì oltre 2.000 dipendenti sono in solidarietà di un’ora (turno di lavoro che va dalle 8 alle 15, mantenendo la pausa pranzo), anche se la platea potenziale è quasi il doppio. L’ora non lavorata non sarà più pagata dall’Ilva ma, col regime della solidarietà, andrà in carico all’Inps che la coprirà al 70% (e non più all’80% come avveniva in passato a causa dei tagli imposti dalla Spending review). Dunque, si tratta di un risparmi notevole per le casse dell’Ilva.
Sono circa 200, invece, i lavoratori individuati, grazie all’anzianità di servizio, per una possibile mobilità volontaria, che l’azienda potrebbe favorire con un bonus economico in busta paga intorno ai 480 euro lordi, per ogni mese di mobilità. Questa però non è una novità, visto che si tratta di un’operazione che azienda e sindacati hanno adoperato ogni anno. Ovviamente potranno beneficiare dell’esodo agevolato e anticipato soltanto coloro che vorranno spontaneamente interrompere il rapporto di lavoro con l’Ilva, oppure quei lavoratori ai quali mancano pochi anni per il normale pensionamento. In questo caso la mobilità sarebbe un accompagnamento alla pensione. L’accordo è stato firmato da Fim, Uilm e Usb: anche in questo caso la Fiom non ha apposto la sua firma all’intesa. Il sindacato metalmeccanico della Cgil infatti, avrebbe voluto prima prendere visione del piano industriale e poi, eventualmente, rivedere l’accordo sulla solidarietà.
Come riportato ieri invece, alla solidarietà si aggiungerà anche il taglio dello straordinario, in tutti quei casi non strettamente necessari (anche se diversi operai, a fronte della solidarietà richiesta di cui sopra a migliaia di colleghi, stanno effettuando straordinari in questo momento). Ai sindacati l’Ilva ha chiesto anche l’azzeramento delle ferie accumulate negli scorsi anni e quelle accumulate sino ad ora: andranno tutte smaltite. Questione, quest’ultima, che riguarderà tutti i lavoratori del siderurgico. Non tutti in blocco, ma reparto per reparto con un calendario che deve essere ancora stabilito.
Ciò che sta accadendo, come ripetiamo da un anno a questa parte oramai, è soltanto l’inizio: queste iniziative prese dall’azienda infatti, troveranno la loro ragion d’essere nel piano industriale del commissario Bondi. Il quale, al di là del futuro e attualmente improbabile aumento di capitale e degli eventuali ed ipotetici lavori di risanamento degli impianti inquinanti, sa molto bene che l’Ilva così com’è adesso non potrà comunque più esistere. Sia a livello di addetti che a livello di impianti: l’obiettivo sarà quello di avere un siderurgico più piccolo, con il minor numero possibile di lavoratori in ogni singolo reparto. Intanto, si inizia a risparmiare, mandando un intero stabilimento in solidarietà. Prima di arrivare agli inevitabili esuberi strutturali che arriveranno dall’oggi al domani, ma che rappresentano la logica conclusione della lenta agonia che porterà alla chiusura dell’Ilva di Taranto. Presto o tardi, è quel che accadrà.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 07.05.2014)
ILVA PRATICA: NUOVA PROTESTA OPERAI DELLO STABILIMENTO IN CIOCIARIA. CHIESTO TAVOLO DI CRISI
Nuova protesta dei lavoratori dell’Ilva di Patrica, in provincia di Frosinone. Da ieri mattina gli operai dello stabilimento ciociaro sono in presidio davanti ai cancelli della fabbrica per contestare la situazione di crisi del sito, che potrebbe essere ceduto. La nuova iniziativa, che segue le proteste degli ultimi giorni, è scattata dopo il nuovo infruttuoso incontro alla Regione Lazio per cercare una soluzione alla situazione in cui si trova lo stabilimento di Patrica. In gioco c’é il futuro di settanta lavoratori, ai quali il 25 maggio scade la cassa integrazione, che si trovano davanti lo spettro della mobilità.
Il caso arriva ora all’attenzione del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, dopo la nuova protesta attuata dai settanta operai dello stabilimento ciociaro che rischiano di finire in mobilità. Il senatore Francesco Scalia (Pd) ha scritto al ministro sollecitando la convocazione di un tavolo di crisi. “In considerazione dell’ormai imminente scadenza della cassa integrazione per gli operai, fissata per il prossimo 25 maggio, e dello stato di agitazione che da giorni gli stessi stanno attuando, con continui presidi davanti ai cancelli della fabbrica – ha scritto Scalia – le chiedo di sollecitare l’Unità per la gestione delle vertenze perché calendarizzi con urgenza la convocazione di un tavolo di crisi”.
Nella lettera al ministro Guidi, Scalia sottolinea che “lo scorso 6 febbraio ho sollecitato l’allora ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ad aprire un tavolo di confronto tra azienda e sindacati al fine di scongiurare la chiusura dello stabilimento”. Per il senatore del Pd bisogna fare in fretta. “La chiusura del sito di Patrica – conclude il senatore – costituirebbe un gravissimo colpo per la già fragile economia della provincia di Frosinone”.
(dal TarantoOggi del 7 maggio 2014)