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Primo Maggio Taranto, è qui la festa (Il Manifesto)

TARANTO – Quello di Taranto è stato un 1 Maggio non solo musicale, ma soprattutto politico. Sarà per questo che è stato snobbato dai media nazionali, interessati più alle sterili polemiche che alla realtà vera ed alle parole che ancora hanno un significato. Del resto, quale luogo migliore per la Festa del Lavoro se non Taranto, dove è presente il più grande siderurgico d’Europa nonché la fabbrica italiana con più occupati diretti? Dove il diritto al lavoro si è mangiato nel tempo quello alla vita ed alla salute? E dove nonostante siano presenti colossi come Eni e Cementir, oltre alla base militare più grande che la Marina Italiana possiede sul Mediterraneo, la soglia degli occupati è di poco superiore al 50%, con il 45% di disoccupati o inoccupati, provincia compresa?

Ecco perché prima delle 12 ore di musica, in mattinata si è svolto il dibattito “Futuro? Ma quale Futuro?”, voluto dal comitato organizzatore dei “Cittadini e Lavoratori liberi e pensanti”, all’interno del quale figurano molti operai Ilva ed ex delegati Fiom. Sarà anche per questo se sono stati invitati Giorgio Cremaschi, storico sindacalista Fiom ed ora iscritto alla Cgil-Spi, e Maurizio Landini, segretario generale della Fiom (presente anche Ugo Mattei, uno dei giuristi estensori dei quesiti referendari per l’acqua bene comune). Un invito, come spiegato dal comitato organizzatore, non per ricucire una frattura che pare oramai insanabile tra cittadini, politica e sindacati locali e nazionali, ma per parlarsi chiaramente guardandosi negli occhi. Anche perché le posizioni sulla vicenda Ilva, restano molto distanti.

Comitato e gran parte dei cittadini chiedono l’immediata chiusura degli impianti inquinanti, le bonifiche e la possibilità per Taranto di avere un futuro lontano dalla grande industria. Che valorizzi la cultura, il turismo, il mare, l’agroalimentare, il porto e l’aeroporto. Politica e sindacati invece, continuano a credere nel risanamento della fabbrica e nella possibilità, per Taranto e l’Italia, di produrre acciaio “pulito” come avviene altrove nel mondo. Un’utopia, al momento, per l’attuale situazione in cui si trova l’Ilva. Come ha sostenuto senza troppi giri di parole lo stesso Cremaschi, dopo aver criticato il piano di lavoro di Renzi definendolo “pieno di chiacchiere”.

“Se si va avanti così – ha dichiarato – il futuro sarà la chiusura. Come successo a Piombino”. Senza investimenti e risanamento ambientale, “se non si mettono i soldi, se non li si prendono ai Riva, alla finanza ed alle banche, il mercato chiude. La verità è che si sta cercando di affidarsi ad una spontaneità del mercato che non c’é e non ci sarà”. Ragionamento intorno al quale si ricollega il pensiero di sempre di Landini sull’Ilva: “C’è bisogno di cambiare l’assetto proprietario e, transitoriamente, una proprietà pubblica che garantisca gli investimenti”. Probabilmente l’ultima strada che lo Stato percorrerà pur di non uscire dal mercato dell’acciaio. Il problema però, non è solo di Taranto o della siderurgia nazionale.

“Per il sistema industriale italiano c’é bisogno di un cambio culturale. Coniugare diritto al lavoro con il diritto alla salute è il problema di tutti e credo sia utile provare a evitare contrapposizioni che sono servite solo ai Riva e a non risolvere i problemi”. “E’ importante – ha concluso – riaprire una discussione che provi a costruire un rapporto stretto tra lavoratori e città”. Perché come ricordato durante il concerto dal fondatore di Emergency, Gino Strada in collegamento telefonico dal Sudan, “Taranto è il simbolo di una realtà in cui i diritti vengono calpestati e viene barattato il lavoro con la salute”.

Il che resta un vero e proprio miraggio soprattutto perché gli attori di oggi, gli stessi del passato a tutti i livelli, non hanno mai pronunciato lo straccio di un mea culpa che possa quanto meno rendere più credibile qualunque tipo di richiesta di dialogo, pretendendo di essere ancora loro a decidere il futuro escludendo di fatto i cittadini al momento delle scelte. Cittadini ieri comunque protagonisti: in centomila hanno assistito all’evento musicale, che ha visto sul palco artisti del calibro di Caparezza, Vinicio Capossela, Fiorella Mannoia, Paula Turci, Filippo Graziani, Sud Sound System, 99 Posse e Afterhours, intervallati dagli interventi di comitati, associazioni e movimenti nazionali sorti spontaneamente per denunciare ogni forma di inquinamento, sfruttamento e ricatto occupazionale. Altro che saga di paese come l’ha definita la Cisl nazionale.

 Gianmario Leone  (3 maggio 2014 – Il Manifesto)

Foto di Francesco Settembre (InchiostroVerde)

 

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