Ma torniamo al convegno. Ad intervenire sono Massimo Blonda e Nicola Ungaro (nella foto), rispettivamente direttore scientifico e dirigente ambientale di Arpa Puglia, che fanno il punto sullo studio condotto nell’ambito dei lavori della Cabina di Regia sulle bonifiche del Sin di Taranto e Statte. Uno studio svolto insieme a Cnr, Politecnico di Bari e Conisma, che ha già visto il completamento della prima fase, quella sulla “Predisposizione del modello di circolazione e risospensione dei sedimenti”.
La seconda, invece, riguardante l’individuazione delle fonti contaminanti ancora attive e la portata dell’inquinamento prodotto, è giunta ormai alle battute finali. Si sta lavorando, infatti, alla sintesi dei risultati che saranno presentati e discussi preliminarmente in Cabina di Regia (quasi certamente l’11 aprile), per poi essere discussi in consessi più ampi. Lo studio fornirà un modello concettuale sito-specifico e una stima del “rischio” ambientale associata alle varie opzioni di intervento (dal dragaggio al capping).
Durante l’intervento del dottor Ungaro ci si imbatte in vecchie conoscenze: le cave dell’area industriale e l’arcinota idrovora dell’Ilva, posizionata in un punto strategico del primo seno di Mar Piccolo, al fine di prelevare miliardi di metri cubi d’acqua, utili al raffreddamento degli impianti del Siderurgico. Di questa storia, che ha tutta l’aria dell’ennesima beffa perpetrata ai danni della città, ci ci siamo occupati anche recentemente (leggi qui).
E’ stata realizzata anche la caratterizzazione geotecnica con l’obiettivo di fornire dati utili in merito alle varie opzioni di messa in sicurezza, risanamento e/o bonifica. Ciò ha comportato l’effettuazione di campionamenti ad hoc per valutare la consistenza dei sedimenti nei punti interessati da criticità ambientali. Significativa l’ultima slide proiettata durante il suo intervento: si vedono le immagini di un citro (falda profonda in emersione) e di un allevamento di cozze, simbolo di un’attività storica del territorio ionico, costretta all’esilio forzato dal primo seno in altri specchi di mare.
Conclude la parentesi dedicata al mar Piccolo il dottor Blonda: «Questa volta, invece di fornire al committente un modello concettuale unico, noi forniremo un approccio algoritmico di scenario. A seconda degli input che si inseriscono in questo modello, relativamente ai vari interventi (dal capping alla rimozione), gli scenari cambiano. Poi saranno coloro che parteciperanno alla gara per la progettazione definitiva a scegliere come utilizzare questo modello per proporci delle soluzioni».
I dirigenti di Arpa precisano che si tratta di un percorso innovativo, aperto al contributo della comunità scientifica internazionale, mirato alla scelta della soluzione migliore per recuperare il mar Piccolo, uno scrigno ricco di tesori nascosti, sia in termini di fauna che di flora, capaci di resistere anche ai veleni. E dovrebbero essere proprio questi elementi di pregio ambientale a indirizzare le opzioni future. Un auspicio che sentiamo di fare anche nostro.
Alessandra Congedo
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