Riceviamo e pubblichiamo un documento dell’Isde, medici per l’ambiente, curato dal dottor Agostino Di Ciaula.
Questi concetti sono in larga parte condivisi dagli “addetti ai lavori”, che operano con difficoltà sempre crescenti tra progressiva limitazione delle risorse e frustrazioni legate alla sensazione di essere obbligati a puntare sempre più verso obiettivi finanziari che alla reale tutela della salute dei cittadini.
Una delle principali finalità di ISDE è quella di esercitare attività di advocacy, intesa come impiego delle esperienze professionali e scientifiche in attività di mediazione tra i bisogni primari di salute e il livello decisionale politico. È anche per questo che ISDE Italia avverte la necessità, a fronte dell’elevata percezione di un progressivo peggioramento strutturale e funzionale del nostro SSN e della salute pubblica, di sottolineare alcuni punti ritenuti fondamentali ai fini di un auspicabile, ineludibile e urgente miglioramento.
1. Il nostro SSN va difeso dalla crescente aggressione dell’ospedalità privata e dalla seria minaccia rappresentata dal messaggio che sia necessario (per motivi di “sostenibilità economica”) estendere le competenze delle compagnie di assicurazioni private. Le prospettive di “americanizzazione” del nostro SSN di fatto ne minano la stessa sopravvivenza, come dimostrato dall’elaborazione di “linee guida” sanitarie nel contesto delle varie leggi “finanziarie” susseguitesi nel corso degli ultimi decenni e dal fatto che il nostro SSN sia quello meno finanziato (rapporto spesa/PIL) tra i Paesi occidentali che hanno un SSN paragonabile (UK, Germania, Francia, Canada). Il risultato genererebbe una mostruosa somiglianza con il sistema americano che, oltre ad essere iniquo, è molto più costoso.
2. La dipendenza del SSN dalla politica “partitica” è frequentemente causa di storture, inadempienze, ingiustizie e disuguaglianze tra le varie Regioni d’Italia e tra strutture diverse di una stessa Regione. Per questi motivi andrebbe fortemente limitata, rendendo il SSN più centrato sulla salute (“health-centered”) e basato sulle politiche sanitarie (“policy-dependent”) e meno dipendente da interessi particolari (“politically-dependent”) e sensibili ad influenze esterne. Questo significa che le direttive su salute, istruzione, salvaguardia dell’ambiente dovranno inevitabilmente continuare ad essere “politiche”, ma che allo stesso tempo va compiuto ogni sforzo perché questo intento sia slegato da interessi di auto-referenziamento, auto-sostentamento e clientelismo partitico. Questo obiettivo è perseguibile solo aprendo la gestione politica del SSN a pratiche di partecipazione concreta e di condivisione delle decisioni e degli orientamenti che vedano un attivo coinvolgimento dei protagonisti reali della sanità pubblica.
3. Il concetto di “azienda” (e dunque di profitto) applicato alla sanità difficilmente, nelle esperienze nazionali correnti, è riuscito a conciliarsi a pieno con le esigenze di persone portatrici di bisogni sanitari, dando invece priorità alle esigenze di soggetti portatori di bisogni economici o di parte.
Il “risultato di salute” non è in questo momento definito dalle reali esigenze sanitarie delle Comunità e il valore al quale puntare e da ottenere (“value”) è stato ed è di volta in volta qualunque cosa tranne quello che effettivamente avrebbe dovuto. I maggiori fallimenti del nostro SSN, sia in termini economici (spesa sanitaria) che come benefici sanitari (es. incidenza/mortalità tumorale, numero di anni vissuti in assenza di patologie), sono stati generati da scelte inopportune, guidate da interessi non primariamente centrati sul miglioramento delle qualità di vita dei cittadini e sulla prevenzione primaria.
Si pensi ad esempio alle ingenti risorse umane e finanziarie impiegate per irrazionali e anti-scientifiche misure di prevenzione secondaria come gli screening di massa, alla spesa farmaceutica per terapie costose che alla lunga si sono dimostrate scarsamente efficaci (soprattutto in campo oncologico) o alle risorse impiegate per ridondanti analisi epidemiologiche “a posteriori” (basate sulla misurazione di danni già subiti) invece che per analisi di rischio finalizzate alla previsione e prevenzione del danno.
Si pensi, al contrario, ai potenziali, enormi vantaggi che si sarebbero potuti ottenere indirizzando anche solo parte di quelle risorse a misure di prevenzione primaria, che sono state invece in massima parte ignorate, preferendo il bene privato di pochi al bene comune. Il SSN sarà veramente centrato sulla salute solo quando il modello basato sui risultati SANITARI (es. riduzione mortalità/incidenza di tumore, aumento degli anni senza malattia etc.) sostituirà completamente quello basato sulla produzione, che dovrà essere semplicemente graduato su obiettivi di sostenibilità sanitaria ed economica e non su criteri speculativi e/o clientelari, come di fatto sino ad ora è stato.
4. La ricerca biomedica deve essere autonoma e indipendente e deve essere favorita e potenziata basandosi su criteri di merito e di necessità scientifica e sanitaria, non sulle esigenze del mercato. Nessuna minaccia è stata né sarà mai peggiore della “condivisione” della definizione dell’agenda della ricerca con la “politica sanitaria” (intesa come descritto in precedenza) e, addirittura, con l’industria. La garanzia migliore per la ricerca biomedica è la libertà nella definizione degli obiettivi e l’indipendenza da questi fattori, considerando come unica dipendenza possibile il rigore scientifico e l’elaborazione di obiettivi di ricerca finalizzati all’evoluzione della conoscenza e del bene comune. Compito dello Stato è agevolare questo approccio e non, come di fatto è stato sino ad ora, ostacolarlo, limitarlo e condizionarlo.
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