Mentre avviciniamo il registratore a monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, ci viene in mente la storia di don Marco Gerardo, parroco del Carmine ed ex segretario dell’ex arcivescovo di Taranto Benigno Papa, indagato per false dichiarazioni al pm nell’inchiesta della Procura sui rapporti poco trasparenti che l’Ilva, attraverso il suo ex dirigente Girolamo Archinà, avrebbe intrattenuto con esponenti politici e istituzionali, giornalisti e sindacalisti. Per don Marco la Procura ha anche chiesto il rinvio a giudizio.
L’esplosione dell’inchiesta “Ambiente Svenduto”, avvenuta nel luglio del 2012 con il sequestro dell’area a caldo dell’Ilva, ha comunque segnato una svolta. Molti, anche in ambito giornalistico, si sono scoperti sorprendentemente vicini alle tematiche ambientali. Il clima di generale accondiscendenza e sudditanza nei confronti della proprietà Ilva ha cominciato a mostrare le prime evidenti crepe. Il coraggio di esporsi in difesa del diritto alla vita, però, andava mostrato a tempo debito, anche dagli uomini di Chiesa. Promuovere o partecipare a convegni su salute e ambiente (alla marcia del prossimo 6 aprile l’arcivescovo non ci sarà, leggi qui) in uno scenario cambiato grazie all’intervento della magistratura può apparire un filino opportunista o troppo agevole rispetto al passato. E’ un tentativo per recuperare terreno e credibilità?
«Io, appena arrivato a Taranto, mi sono messo in gioco anche se personalmente non avevo nulla da recuperare – ribatte monsignor Santoro – ho posto il problema della salute che è un bene primario e del lavoro che è un bene da non trascurare. Poi, tutti i miei interventi, le visite nei luoghi, sono andati in questa direzione. Ed ho visto tutti i sacerdoti positivamente schierati per abbracciare il dramma umano della città. Noi possiamo dare stimoli, ma poi tocca alla politica fare le cose. Quando qualche giorno fa sono andato a Roma ho incontrato pure i nuovi ministri dell’Ambiente e della Salute, che si erano appena insediati, per sollecitare il piano ambientale e il piano industriale».
Una richiesta in linea con la visione del’arcivescovo a favore dell’ambientalizzazione del siderurgico, ma vista con grande diffidenza da parte delle associazioni e dei comitati ambientalisti che si aspettano una difesa più energica del diritto alla salute. La chiosa arriva dal vescovo di Aversa, monsignor Spinillo: «Non ci dobbiamo dimenticare una cosa: in passato, sia come società che come Chiesa, abbiamo avuto una convinzione: che l’industria dovesse essere il grande volano per il rilancio e il progresso di una terra. Solo adesso, grazie alle evidenze scientifiche, ci siamo accorti dei danni prodotti da certe attività». Una consapevolezza giunta tardi, anche a Taranto, dove le ferite causate da complicità, omissioni e distrazioni, in vari ambiti, bruciano ancora.
Alessandra Congedo
N.B. Intervista dell’11 marzo 2014
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