PeaceLink: il 10 aprile da Janez Potocnik a Bruxelles
TARANTO – Riceviamo e pubblichiamo.
Il 10 aprile prossimo, a Bruxelles, PeaceLink incontrerà il Commissario Europeo all’Ambiente Janez Potocnik per fare il punto sulla questione ILVA/Taranto e chiedere che si avanzi più velocemente con la procedura di infrazione lanciata contro l’Italia il 26 settembre scorso. In questi mesi, Antonia Battaglia ha tenuto la Commissione ed il Parlamento Europei costantemente aggiornati in merito alla situazione di Taranto, attraverso numerosi rapporti per dettagliare i diversi aspetti riguardanti l’ILVA e attraverso frequenti incontri e contatti telefonici.
Le istituzioni europee hanno ricevuto ieri le nostre osservazioni sul Piano Ambientale ILVA, di cui riportiamo qui gli aspetti salienti e che discuteremo con il Commissario nell’incontro previsto. Il Piano ambientale risulta, infatti, molto deludente in quanto le azioni e le iniziative necessarie per l’attuazione delle prescrizioni (contenute nell’attuale Piano) consistono in una mera rimodulazione temporale delle scadenze degli interventi, originariamente imposti dall’AIA stessa. Per la maggior parte delle prescrizioni sono state infatti indicate le date di consegna dei progetti, ove previsti.
Il piano, inoltre, non formula alcuna proposta di miglioramento delle tecniche finalizzate all’abbattimento dei fenomeni inquinanti ma si limita ad una frammentazione degli interventi stessi senza modifiche sostanziali alle operazioni più pericolose dal punto di vista ambientale. PeaceLink reputa che il Piano violi la direttiva europea 75/2010 UE per mancata applicazione delle sanzioni derivanti dalla non applicazione delle prescrizioni poste in essere con l’AIA: l’articolo 8 della direttiva sopracitata prevede, infatti, la “sospensione dell’esercizio dell’impianto” in caso di “pericolo immediato per la salute umana”.
L’opera di maquillage che viene operata con il Piano mira a ri-autorizzare impianti non dotati neppure del sistema di trattamento delle acque di prima pioggia, obbligatorio per legge. Il Piano si pone in generale come norma atta a garantire la continuazione del funzionamento di impianti che non sono, allo stato attuale, in possesso dei requisiti previsti dalla legge per la produzione. PeaceLink invierà nei prossimi giorni al Parlamento e alla Commissione Europea le osservazioni in merito al Piano Ambientale affinché – nell’indagine in corso nell’ambito della procedura di infrazione aperta il 26 settembre scorso contro l’Italia – vengano prese in considerate le gravissime mancanze e l’inspiegabile silenzio delle istituzioni rispetto alla situazione in cui versa a presente la città di Taranto. Il non rispetto dei tempi previsiti originariamente dall’AIA è una ennesima conferma dell’anomalia nella quale lo stabilimento ILVA di Taranto continua a produrre.
L’attuazione delle prescrizioni AIA e del presente Piano Ambientale viene peraltro totalmente invalidata dalle recenti dichiarazioni dei più alti gradi della struttura di Commissariamento dell’ILVA, che dichiarano di non essere in possesso delle somme necessarie alla messa in opera delle misure previste: manca il piano industriale. La flagrante violazione della direttiva europea IPPC (Riduzione e Prevenzione Integrate dell’Inquinamento) era stata già sancita con la legge n. 6 del 6 febbraio 2014, con la quale si dava facoltà all’ILVA di non attuare fino al 20% delle prescrizioni dell’AIA stessa e quindi della direttiva IPPC.
Il comma d dell’articolo 7 sancisce, infatti, che gli stabilimenti di Taranto potranno continuare a produrre anche solo avendo avviato l’adozione dell’80% del numero complessivo delle prescrizioni. In quel 20% di prescrizioni esentate a priori, l’ILVA ed il governo – che controlla e dirige lo stabilimento attraverso la struttura di commissariamento – potranno includervi prescrizioni importanti quali la copertura del parco minerali o la riduzione delle emissioni non controllate della cokeria, che hanno degli effetti potenzialmente molto pericolosi sulla salute della popolazione.
Non parliamo poi delle emissioni di CO2 di cui Ilva (con le sue centrali energetiche) è massima fonte di emissione in Italia; il commissario Bondi ha recentemente scritto al governo una lettera in cui lamenta: “L’Europa non deve più imporre a sé stessa obiettivi unilaterali di riduzione della CO2 che nessun altro segue”. Il governo sta quindi alimentando l’inefficienza di uno stabilimento che concorre potentemente all’effetto serra, che l’Europa mira invece a scongiurare. Ricordiamo che ieri e oggi i 28 capi di Stato dell’UE si sono incontrati per discutere come l’Europa affronterà le questioni climatiche ed energetiche da qui al 2030, e da ciò dipende anche il futuro dei ghiacciai e delle calotte polari. Ma la cosa che vogliamo nell’immediato segnalare è che il DPCM approvato il 14 marzo scorso, con la versione definitiva del Piano ambientale, non è ancora di pubblico dominio. Inoltre – da quello che ci è dato sapere – non risultano essere stati pubblicati sul web i verbali dettagliati delle ultime ispezioni ISPRA (di oltre tre mesi fa!) con l’accertamento delle prescrizioni non rispettate da ILVA. L’assenza di informazioni certe appare tutt’uno con una inaccettabile elasticità del sistema delle prescrizioni e delle sanzioni, il che vanifica il valore vincolante della direttiva IPPC e rende l’ILVA uno “stato indipendente” in Europa, retto da regole in conflitto con le normative europee.
Per PeaceLink
Alessandro Marescotti
Antonia Battaglia
Luciano Manna
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