Il mistero dei fondi ministeriali per i restauri a Taranto: 5 milioni per cosa?
FRANCESCHINI: DA MIBACT 135 MILIONI PER IL MEZZOGIORNO
Immediatamente cantierabili 46 interventi in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia
Il MiBACT ha firmato il decreto che autorizza 46 nuovi interventi di restauro nelle regioni dell’Obiettivo convergenza: Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Il valore complessivo degli interventi, tutti immediatamente cantierabili, è di oltre 135 milioni di euro. Essi si aggiungono agli 87 interventi già finanziati a settembre 2013 per 222 milioni di euro, con procedure in corso di attuazione.
Documentazione:
Allegato
(documento in formato pdf, peso 1953 Kb, data ultimo aggiornamento: 06 marzo 2014 )
Il primo dubbio riguarda l’esistenza di una “Torre Matta” a Taranto. Dalla lettura del decreto allegato al comunicato stampa non risulta alcuna “Torre Matta” mentre si parla della “Valorizzazione archeologica e complesso di S. Maria della Giustizia” per 5.000.000 di euro su fondi MIBACT per un non meglio precisato “Polo di Taranto – Taranto”.
La “Torre Matta”, come si vede nell’immagine
è invece evidentemente ad Otranto e sarà finanziata con 400.000 euro di fondi regionali, come si legge nel decreto
Balza subito agli occhi, con un po’ di rammarico, l’inadeguatezza del redattore del comunicato stampa, che con il suo lapsus freudiano pare sottolineare la distanza di Taranto dagli interessi Ministeriali, già ben evidente nella sproporzione con i finanziamenti destinati ad altre realtà della stessa regione.
Leggendo bene la voce, non si capisce se la “e” sia dovuta ad un altro errore di trascrizione da frasi tipo: “Valorizzazione archeologica del complesso di S. Maria della Giustizia” oppure alla perdita di una parte di frase tipo “Valorizzazione archeologica (di qualcosa che manca) edel complesso di S. Maria della Giustizia”.
Forse intendono dire che a Taranto questi soldi andranno ad una generica “valorizzazione archeologica” (che in se non vuol dire nulla senza un oggetto di questa valorizzazione). Oppure che “archeologica” qui sta per “Archeologia”, intendendo che si valorizzeranno le aree archeologiche, le collezioni museali, le ricognizioni preventive, il territorio in genere dal punto di vista archeologico?
Non è dato saperlo.
Altro elemento assolutamente oscuro è questo famigerato “Polo di Taranto” cui andrebbero indirizzati questi fondi. Di cosa si tratta?
Aspettiamo nuovi dati per uscire dall’oscurità, d’altronde Taranto è città greca per plurimillenaria fondazione e un linguaggio sibillino sembra persino coerente con le sue radici…
Superata l’interdizione per l’incapacità comunicativa mostrata persino nei documenti ufficiali dal Ministero che più dovrebbe essere vicino alla Cultura (non immaginiamo come potrebbero essere i decreti del Ministero delle infrastrutture!), quello che però sorprende di questa vicenda è il cambio di destinazione e di ammontare del finanziamento per Taranto, dalla prima formulazione alla seconda.
Se si va a leggere il Decreto di approvazione degli interventi a valere sulle risorse dei fondi strutturali 2007-2013 del Programma Operativo Interregionale “Attrattori culturali naturali e turismo” (POIn) e fondi del “Piano di Azione Coesione” (PAC) aggiornamento n.2 “Valorizzazione delle aree di attrazione culturale”, emesso dal MIBACT il 2 agosto 2013 (scaricabile qui), risulta che per Taranto era previsto il “Recupero dell’ex-convento di S. Antonio” (l’ex carcere vicino alla villa Peripato, ora sede di uffici e depositi delle soprintendenze.
La cifra stanziata era di 6.000.000 di euro, più 300.000 dai fondi del PAC.
Non sappiamo cosa sia successo nell’arco dei sette mesi che intercorre tra i due decreti, ma possiamo formulare alcune considerazioni:
- in attesa di capire cosa sia questa “valorizzazione archeologica” ci sfugge il senso dell’investimento di così tanti soldi preziosi nella sistemazione di un sito come quello di S. Maria della Giustizia, già quasi completamente restaurato dal punto di vista architettonico. Nonostante la bellezza e il valore di questo luogo pieno di fascino medievale e moderno, non si può non notare che la sua localizzazione tra i miasmi soffocanti dell’area industriale e soprattutto della raffineria, lo rendono impraticabile a tempo pieno. In origine destinato ad uffici per la stessa Soprintendenza, è stato poi abbandonato perché è di fatto impossibile lavorare in un luogo reso letale dai vapori solforici e solfidrici, fonte di irritazioni e cattivi odori persistenti (come si può dedurre dalle foto).
- L’area di S. Maria della Giustizia insieme con il recupero della masseria Montello e torre è stata già anche oggetto di accordi con l’ENI stessa come contropartita (mai rispettata) per il raddoppio della produzione. In particolare era prevista la sistemazione a verde dell’area circostante la Chiesa di Santa Maria della Giustizia
– completamento filare di cipressi posto al perimetro dell’area;
– potatura e sagomatura delle piante esistenti;
– messa a dimora di tappeto erboso e posa in opera di impianto irrigazione;
– pulizia e livellamento delle aree interne al complesso monastico;
– messa a dimora di giardini tematici (piante tipiche della simbologia e della tradizione monastica) e ricostruzione di un hortus conclusus con l’impiego di piante officinali. (si veda in proposito la documentazione scaricabile da qui e l’articolo critico pubblicato a tal proposito su Tarantoggi, riportato su questo blog) - Anche se, grazie al valido contributo volontario di alcune cooperative di archeologi, nei mesi scorsi il complesso è stato finalmente riaperto per pochi giorni alle visite, va detto che si tratta comunque di un sito lontanissimo dalla città e irraggiungibile da chi è sprovvisto di automobile privata (condizione che esclude non solo tanti locali, ma anche tantissimi turisti). In verità anche in auto è difficilmente avvicinabile stante la necessità di parcheggiare nel parcheggio ENI posto dall’altro lato della statale jonica (con evidente rischio altissimo per l’incolumità di chi attraversa la 106). Investire fondi in questo complesso, dunque, difficilmente potrebbe dare il ritorno di immagine e di indotto economico che ci si aspetterebbe da tutti quei milioni, se investiti in aree più nevralgiche e bisognose.
- A questo proposito, il convento di S. Antonio proposto in prima battuta, e per il quale si prevedevano anche 1.300.000 euro in più, ci era sembrato quantomeno più rilevante e appropriato, trattandosi di un rarissimo complesso conventuale che attesta l’architettura pugliese del Quattrocento, poi devastato dall’adattamento a carcere prima e uffici poi. La sua posizione, sul mar piccolo, in prossimità delle piazze del Borgo e della villa Peripato, poteva inserirsi in una logica di valorizzazione integrata di un affaccio che ancora oggi manca alla città, scatenando una serie di circoli virtuosi di turismo e conoscenza.
Tra l’altro, recenti lavori realizzati dalle Soprintendenze nelle aree in affaccio sul mare, hanno portato alla luce contesti archeologici unici, che testimoniano la tecnica urbanistica classica e le funzioni della città greca e romana, come si può leggere nella scarna scheda fornita sul sito della Soprintendenza Archeologica stessa, visualizzabile qui.
Purtroppo, in mancanza di un chiarimento verso la cittadinanza ed i suoi enti rappresentativi, dobbiamo rilevare la duplice perdita sia economica che strategica, registrata da una versione all’altra del finanziamento statale. E’ il prezzo da pagare per una città senza rappresentanza e senza visione di sviluppo endogeno.
Chiudiamo augurandoci presto qualche informazione in più e maggiore trasparenza da enti deputati alla salvaguardia dei valori dei territori, della memoria storico-culturale e detentori di patrimoni immensi
e-mail: comitatopertaranto@yahoo.it
http://comitatopertaranto.
http://www.tarantosociale.org/