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Ilva, chiesto processo per 53 (Il Manifesto)

 

TARANTO – La notizia era nell’aria da giorni. La Procura di Taranto chiude il cerchio dopo cinque anni di indagini sull’Ilva e chiede il rinvio a giudizio per tutti e 53 gli indagati (tre sono società) a cui lo scorso ottobre fu recapitato l’avviso di garanzia di conclusione delle indagini preliminari. L’accusa più grave, associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, riguarda la famiglia Riva, il patron Emilio e i figli Nicola e Fabio, e l’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso.

L’altro ex direttore Adolfo Buffo, succeduto a Capogrosso, è accusato di aver omesso le misure di sicurezza necessarie alla protezione dei lavoratori, causando la morte di due operai ad ottobre e novembre 2012: Claudio Marsella e Francesco Zaccaria. Diverse, invece, le accuse – dall’associazione a delinquere alla concussione – che riguardano Girolamo Archinà, l’ex consulente Ilva licenziato ad agosto 2012 ed arrestato a novembre dello stesso anno nell’ambito della seconda tranche dell’inchiesta denominata “Ambiente Svenduto”. Archinà è un personaggio chiave dell’indagine: uomo tuttofare dei Riva, negli anni ha saputo infiltrarsi e creare legami solidi e complici nella politica, nei sindacati e nei mass media, fu definito “il maestro degli insabbiamenti” degli stessi Riva.

Insieme a loro, Lanfranco Legnani, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli, Agostino Pastorino ed Enrico Bessone, i fiduciari dei Riva (il governo ombra della fabbrica) arrestati nello scorso settembre, nonché Marco Andelmi, Angelo Cavallo, Ivan Di Maggio, Salvatore De Felice, Salvatore D’Alò, responsabili di area nello stabilimento, ed il presidente Ilva, Bruno Ferrante, sono accusati di aver gestito il siderurgico “operando e non impedendo con continuità e piena consapevolezza una massiva attività di sversamento nell’aria-ambiente di sostanze nocive per la salute umana, animale e vegetale, diffondendo tali sostanze all’interno dello stabilimento, nonché rurali ed urbane circostanti, determinando gravissimo pericolo per la salute pubblica e cagionando eventi di malattia e morte nella popolazione residente nei quartieri vicino al siderurgico anche dopo il sequestro preventivo dell’area a caldo”, avvenuto il 26 luglio del 2012.

Ma a pesare come un macigno sugli anni bui della gestione Riva, c’è soprattutto l’accusa di concussione aggravata nei confronti del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, leader di Sel, per quelle che la Procura ritiene essere state illecite pressioni sui vertici dell’Arpa Puglia. Per favoreggiamento nei confronti di Vendola, la richiesta di rinvio a giudizio coinvolge l’attuale assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro dell’Idv, il deputato di Sel, Nicola Fratoianni, all’epoca dei fati assessore regionale, il consigliere regionale del Pd, Donato Pentassuglia, attuale presidente della commissione Ambiente, e diversi tra ex e attuali dirigenti regionali, tra cui il capo di gabinetto di Vendola, Davide Pellegrino.

Al governatore la Procura contesta che a fronte di una relazione dell’Arpa del gennaio 2009 che evidenziava “valori estremamente elevati di benzo(a)pirene” e quindi “l’esigenza di procedere ad una riduzione e rimodulazione del ciclo produttivo”, lo stesso si muoveva per “ammorbidire la posizione di Arpa” consentendo all’Ilva di proseguire “l’attività produttiva ai massimi livelli, senza subire riduzioni o rimodulazioni”. Del resto, la legge regionale sul benzo(a)pirene, arriverà soltanto nel settembre 2011, dopo che l’Arpa nel giugno del 2010 pubblicò un’altra relazione dove attribuiva all’Ilva il 99% del benzo(a)pirene presente nell’aria del rione Tamburi, limitrofo all’Ilva.

Al sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, la Procura contesta invece l’omissione di atti d’ufficio perché “avendo piena conoscenza delle criticità ambientali relative allo stabilimento”, tanto da denunciare il 24 maggio 2010 in Procura l’allarmante situazione connessa alla produzione dell’Ilva, “ometteva di adottare provvedimento contingibile ed urgente al fine di prevenire e di eliminare i gravi pericoli, procurando intenzionalmente ai Riva e all’Ilva ingiusto vantaggio patrimoniale di rilevante gravità”. Chiesto infine il processo per Gianni Florido, ex presidente della Provincia (Pd), dimessosi a maggio dello scorso anno a seguito dell’arresto. Florido con altri, tra cui l’ex assessore provinciale all’Ambiente, Michele Conserva, è accusato di aver fatto “pressioni reiterate nel tempo” sui dirigenti dell’assessorato all’Ambiente dell’ente perché assumessero “un atteggiamento di favore nei confronti dell’Ilva sulle richieste presentate per autorizzazioni in materia ambientale”. Ora la parola su quello che passerà alla storia come il più grande processo di disastro ambientale in Italia, passa al GUP che dovrà fissare l’udienza preliminare.

Gianmario Leone (Il Manifesto del 7 marzo 2014)

 

 

 

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