Quel giorno infatti, Damiano disse che “dobbiamo riprendere in mano il dossier dei call center per impedire che vinca la regola della delocalizzazione”. Ma soprattutto sottolineò senza troppi giri di parole che “vogliamo dare incentivi a chi mantiene l’occupazione in Italia e in secondo luogo vogliamo correggere le logiche degli appalti al massimo ribasso” e che “non possiamo pensare che grandi committenti privati, ma anche pubblici come possono essere la Rai, l’Eni o l’Enel, diano commesse ai call center pretendendo un prezzo inferiore al costo orario dell’addetto”. Concludendo che “le norme che danno gli incentivi alle aziende che delocalizzano e sostenere la riapertura del tavolo nazionale”.
Parole non casuali, così come il dibattito indetto dalla SLC Cgil, visto che pochi giorni prima i sindacati, a partire proprio dalla SLC Cgil, avevano denunciato a livello locale e poi nazionale come alcune attività terziarizzate da Eni presso call center esterni avrebbero ben presto preso la via della delocalizzazione: Teleperformance a Durazzo, Comdata in Romania e Assist a Fiume.
In particolar modo a Taranto, le segreterie territoriali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil ed Ugl Telecomunicazioni di Taranto diramarono una nota congiunta nella quale condannavano “in maniera decisa la volontà di Teleperformance di trasferire in Albania un’attività del back office di un importante committente legato al mondo dell’energia, di piano nazionale”. La commessa in questione è quella di “Eni Back Office”.
E ieri, dopo giorni di delusione e tensione soprattutto tra i lavoratori, è arrivata l’inattesa svolta. A darne notizia proprio la SLC Cgil di Taranto, che in una nota ha espresso “grandissima soddisfazione” per l’annuncio fatto ieri da Teleperformance durante la riunione svolta nella sede di Confindustria a Roma: l’azienda ha infatti dichiarato che l’attività del back office di ENI, destinata all’Albania, tornerà in Italia ed in particolar modo a Taranto. “Ricordiamo che appena appresa la notizia della delocalizzazione di quest’attività – si legge nella nota della SLC Cgil di Taranto a firma del segretario generale Andrea Lumino -, abbiamo sollevato la questione a tutti i livelli, chiedendo a Teleperformance di tornare sui propri passi e di far rientrare quell’attività a Taranto, altrimenti avremmo seguito tutte le strade, sindacali e giudiziarie, a nostra disposizione per restituire ai lavoratori tarantini questa attività”.
Giustamente la SLC Cgil sottolinea come “sino a questo momento raramente abbiamo assistito al cambio di rotta di una commessa delocalizzata dall’estero verso l’Italia: in un momento di crisi della rappresentanza tout court, i lavoratori sappiano che questa è una battaglia vinta dal sindacato e che come SLC CGIL rivendichiamo a pieno titolo, per tutte le iniziative (denunce pubbliche,conferenze nazionali, querele, iniziativa con Cesare Damiano a TP per intervento su legislazione, ecc) messe in campo”. “Adesso il nostro compito – conclude il segretario Lumino – sarà quello di preparare la strada all’uscita dall’accordo di gennaio 2013, trovando anche soluzioni che soddisfino i lavoratori su vari aspetti, da turni a miglioramento delle condizioni di lavoro. È un compito difficile ed un obiettivo impegnativo:ma proprio questa vicenda ci dice che un sindacato forte e serio può, seppur con fatica, raggiungere risultati importanti”.
Certo è che avere una norma che permette alle aziende di call center che hanno stabilizzato lavoratori tra il 2006 e il 2008, di ricevere finanziamenti da parte dello Stato e poi, come se niente fosse, lasciare libere queste aziende di portare il lavoro altrove, è per lo Stato, oltre che per i lavoratori, una doppia beffa: sia per i finanziamenti erogati (o sarebbe meglio dire regalati) sia per gli ammortizzatori sociali da attivare per le persone che a causa della delocalizzazione perdono il posto di lavoro. Il totale dei finanziamenti previsti dall’ultima manovra di governo (la legge di Stabilità) ammonta a 30 milioni di euro. “L’incentivo ha un importo massimo di 200 euro per lavoratore – si legge nel testo approvato a dicembre dal governo Letta -. Il valore annuale dell’incentivo non può superare 3 milioni di euro per ciascuna azienda e non può comunque superare il 33 per cento dei contributi previdenziali pagati da ciascuna azienda. L’incentivo è riconosciuto nel limite massimo di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016”.
A questi problemi si aggiungono le gare giocate al massimo ribasso per gli appalti, che si ripercuotono sui costi del lavoro e della sicurezza: da qui la proposta, dei sindacati e dello stesso Damiano, che lavoro e sicurezza non andrebbero più calcolati nel computo per le gare d’appalto, ma garantiti con degli standard minimi.
Ciò detto, non può essere certamente una coincidenza se Teleperformance, appena avvertito il sentore di un prossimo cambiamento di norme e quindi di perdita di finanziamenti da parte dello Stato, abbia attuato un’immediata retromarcia annunciando il ritorno della commessa dall’Albania. Questa è l’ennesima conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che soprattutto le grandi aziende delocalizzano soltanto per risparmiare sul costo del lavoro a scapito dei lavoratori (e dei territori). E che lo facciano in maniera indiscriminata, anche nei confronti di quelle aziende dove i lavoratori, pur di mantenere il posto di lavoro, sono disposti a fare innumerevoli sacrifici: esattamente come hanno fatto i lavoratori tarantini di Teleperformance negli ultimi anni. Ed è infine la conferma che quando il sindacato interviene e denuncia per tempo, quando non è piegato alle esigenze dell’azienda, quando appunto si comporta da sindacato difendendo i diritti dei lavoratori, la vittoria è a portata di mano e non appare più come una sbiadita utopia novecentesca.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 6 marzo 2014)
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