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Ilva, solidarietà a metà – Solo Fim e Uilm firmano accordo

TARANTO – Alla fine saranno non più di 3.553 (invece dei 3.579 individuati ad inizio febbraio) i contratti di solidarietà all’Ilva di Taranto per il 2014. Dalla platea solidarizzante sono stati infatti esclusi i locomotoristi dell’acciaieria 1 e 2. Come abbondantemente previsto però, i sindacati metalmeccanici hanno scelto strade diverse: soltanto Uilm Uil e Fim Cisl hanno firmato l’intesa con l’azienda, mentre Fiom Cgil e USB non hanno apposto la loro firma sull’accordo. Diversi i motivi del disaccordo.

Firmare un’intesa con un’azienda quando quest’ultima continua a non rendere noto il bilancio del 2013, così come il piano industriale 2014-2020 ed il piano ambientale in merito ai lavori da svolgere nell’area a caldo per “rispettare” i dettami di un’AIA che oramai sta lentamente assumendo le sembianze di un romanzo storico, appare quanto meno discutibile. Certamente però, almeno per chi conosce almeno un po’ la storia del siderurgico, non sorprende la linea adottata da Fim e Uilm, da sempre filo aziendali (anche se non è dato sapere perché quest’ultimi la ritengano un’accusa o addirittura un’offesa).

Sull’intesa continua inoltre a pesare come un macigno il no che l’azienda ha pronunciato anche ieri in merito alla proposta di accollarsi il 10% che la Legge di Stabilità ha detratto dall’integrazione salariale da parte dello Stato sui contratti di solidarietà. I quali prevedono il taglio medio del salario del 20%, con una riduzione media dell’orario di lavoro prossima al 35%.

Ai lavoratori in Cds infatti, è sempre stata riconosciuta una retribuzione pari al 60% dello stipendio. Grazie all’integrazione statale, fino al 2013 pari al 20%, si riusciva a salvare di fatto l’80% dello stipendio; ora, per effetto del provvedimento governativo, si raggiungerà il 70%. La dirigenza Ilva ha dichiarato di non avere le risorse finanziarie per coprire il 10% mancante. Ed appare francamente risibile sostenere, come ha fatto ieri l’azienda, riservarsi di provare a coprire la parte mancante soltanto a fronte di una condizione di soddisfacente redditività a fine 2014.

A dimostrazione del fatto che la visione aziendale Ilva sull’operaio come strumento-oggetto per raggiungere il profitto non è affatto cambiata. Ancora più imbarazzante appare però la pretesa, da parte della Fim Cisl, che ad accollarsi il 10% provveda la Regione Puglia. Per quale motivo infatti l’ente regionale dovrebbe contribuire al pagamento dello stipendio degli operai dell’Ilva, quando è l’azienda ad aver chiesto di ricorrere ai contratti di solidarietà?

Per quale motivo i soldi dei cittadini pugliesi devono essere utilizzati in questo modo? Ed il fatto che al decurtazione salariale sia conseguenza di una legge dello Stato, lascia il tempo che trova. Il problema è dell’Ilva ed è l’azienda a doverlo risolvere. Intanto, a fronte del cambio del governo e dei relativi ministri (anche e soprattutto per il ministero dell’Ambiente), rischia di slittare il decreto di ok al piano ambientale per l’Ilva. Tempi previsti? Un mese, forse. Auguri.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 22.02.2014)

 

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