L’annuncio arriva a pochi giorni dalla conversione in legge del decreto su Terra dei Fuochi e Ilva, che ha sancito l’ennesimo slittamento in avanti dei tempi previsti dall’ultima A.I.A. e dal precedente decreto; slittamento determinato, con tutta evidenza, dalla mancanza delle risorse finanziarie necessarie che l’Ilva –da sola- non è in grado di generare.
Le prime nuove scadenze sono il 28 febbraio per il Piano Ambientale e il 15 aprile per il Piano Industriale: il loro sforamento è semplicemente inconcepibile e dall’ assoluto rispetto di entrambe passa la possibilità che nei tarantini torni a fare capolino la fiducia nella possibilità di porre davvero fine ad una storia infinita di danno alla salute e inquinamento ambientale, attraverso il risanamento dello stabilimento.
Entro queste date le voci e le ipotesi su un diverso assetto produttivo dell’Ilva, con il ridimensionamento dell’area a caldo e l’utilizzo di altre tecnologie produttive, più rispettose per la salute e l’ambiente, dovranno trovare conferma in ipotesi concrete ed uscire dal novero delle indiscrezioni e delle dichiarazioni d’intenti.
Non è un fatto marginale, ma il fulcro di qualunque ragionamento sul futuro dell’Ilva e, quindi, di Taranto. Abbiamo detto più volte che la produzione di 8 milioni di tonnellate annue, autorizzata dall’attuale AIA, non è compatibile con la piena e certa salvaguardia del diritto alla salute se realizzata sulla base esclusiva dell’attuale ciclo produttivo.
Vanno in questa direzione anche le indicazioni date da ARPA Puglia nella sua valutazione di danno sanitario. L’utilizzo del metano e del ferro preridotto può consentire di mantenere quella capacità produttiva: in mancanza, continuiamo a ritenere necessario che essa venga ridotta entro limiti che garantiscano la compatibilità con la salute e con l’ambiente.
Il Piano Industriale non potrà quindi non fare luce sul buco nero con cui ci si scontra fin dal primo momento: l’entità delle risorse necessarie per attuare l’AIA e modificare il ciclo produttivo. Su questo aspetto il decreto interviene in maniera fortemente innovativa, delineando un percorso e strumenti a disposizione del Commissario per il loro delle risorse suddette: l’effettiva efficacia di tali misure non potrà però che essere valutata entro la fine dell’anno in corso, secondo quanto previsto dal decreto stesso.
Ma il 2014 non può essere un anno di attesa: la credibilità dell’azione di risanamento passa tutta attraverso la concreta attuazione, anche nell’anno in corso, degli interventi previsti dall’AIA. L’indicazione contenuta nel decreto circa la necessità che siano stati avviati, entro la data di approvazione del Piano Ambientale, gli interventi necessari ad ottemperare almeno all’80% del numero complessivo delle prescrizioni dell’AIA ha, con tutta evidenza, il solo valore di salvaguardare la struttura commissariale da ritardi ad essa non addebitabili, ma nessuno può pensare di utilizzarla per affermare che “siamo a buon punto: si coprirebbe solo di ridicolo.
C’è bisogno di sapere cosa verrà concretamente realizzato quest’anno. A partire dalla copertura dei parchi minerali, una questione che noi, ma crediamo buona parte dei tarantini, consideriamo essenziale per comprendere se davvero si procede in direzione del risanamento o se si sta solo prendendo – e perdendo – tempo. Perché le polveri dei parchi impattano in modo inaccettabile sulla vivibilità della città, a partire dal quartiere Tamburi. Perché l’entità della spesa quantificata dal Commissario è tale che la copertura può essere attuata sulla base delle risorse attualmente disponibili.
Per questo non va perso un solo giorno da nessuno dei soggetti, a vario titolo, interessati. La copertura dei parchi minerali è il simbolo dell’Ilva che cambia davvero. O che rimane, tragicamente, uguale. La certezza dei tempi di attuazione degli interventi previsti dall’AIA, unitamente al puntuale monitoraggio della qualità dell’aria e delle altre matrici ambientali, ed alla verifica dell’efficacia delle misure adottate, costituiscono una necessità assoluta.
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