Tornando alla dinamica dell’incidente, torniamo a sottolineare come Incalza non avrebbe dovuto percorrere con un muletto il lungo tratto di strada che porta dal tubificio 2 all’area a mare, dove probabilmente era atteso da altri colleghi al cantiere di lavoro: quei mezzi infatti, possono lavorare soltanto in aree circoscritte, e non certamente percorrere diversi chilometri; non è un caso infatti se da sempre vengano trasportati da appositi camion nell’area in cui devono operare.
Inoltre, bisognerà appurare l’effettivo stato del mezzo al momento del suo utilizzo: pare infatti che il muletto fosse sprovvisto dei vetri laterali, cosa che avrebbe provocato e contribuito allo sbalzamento del corpo del giovane operaio finito poi con le gambe sotto la macchina. Quasi certamente, la stessa apparteneva alla ditta Castiglia S.R.L., che tra i suoi servizi annovera proprio il noleggio di attrezzature e macchine semoventi.
Tra l’altro, appare alquanto strano che l’operaio circolasse con un mezzo “irregolare”: visto che per regolamento, ogni operatore prima di salire su un mezzo deve fare la così detta “check list”. Se viene segnalato o riscontrato un problema, la macchina non si deve usare. Ciò detto, la responsabilità di quanto accaduto ricadrà ovviamente sull’Ilva ed a seguire sulla ditta Castiglia. E su chi (ma chi?) avrebbe dovuto controllare. Oltre a verificare se lo stesso operaio non abbia contribuito in qualche modo, magari attraverso una mossa azzardata, all’incidente.
E’ comunque inammissibile che nel più grande siderurgico d’Europa non vi sia alcuna forma di controllo e si permetta qualunque cosa come se si fosse in un grande parco giochi dell’acciaio. Quel muletto non avrebbe dovuto percorrere tutta quella strada (specie se non a norma): sarebbe bastato il rispetto di questa semplice regola sul posto di lavoro, per evitare l’ennesimo incidente e soprattutto che un giovane lavoratore di appena 22 anni si ritrovasse mutilato a vita.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 10.02.2014)
L’USB: “L’ILVA E’ QUASI AL COLLASSO”
“Definire preoccupante la situazione dell’Ilva di Taranto è ottimistico. In questi mesi tra sequestri, decreti, commissari, piano industriale che non arriva, impianti fatiscenti e in stato di abbandono, manutenzioni ordinarie impiantistiche ridotte al minimo, l’AIA che non decolla; in mezzo a ciò , il dramma degli infortuni mortali, dei colleghi ammalati e altri gravissimi incidenti come quello che ha visto coinvolto il giovanissimo Andrea Incalza della ditta Castiglia, a cui nelle scorse ore è stata amputata una gamba, la situazione è oramai precipitata. Siamo “quasi” al collasso”. Non lascia fraintendimenti di sorta il testo del volantino che quest’oggi l’USB (Unione Sindacale di Base) distribuirà all’ingresso delle portinerie dell’Ilva. “Avevamo più volte detto che se non si mette mani al portafoglio, qualche anno di lavoro e poi avremmo chiuso. Ci sbagliavamo, se si continua così qualche altro mese ed è finita, in un senso e nell’altro (salutelavoro). Il paradosso è che i vari governi, ogni qual volta hanno emesso i decreti, ci hanno sempre spiegato che servivano per tenere insieme il diritto alla salute e al lavoro, il risultato finora è esattamente l’opposto. Senza soldi e investimenti, non c’è salute, non c’è sicurezza, non c’è futuro. Nelle prossime ore vi comunicheremo i giorni e gli orari delle assemblee, stiamo lavorando da mesi per farle unitarie, qualcuno fa finta di non sentire, i lavoratori sono stanchi di aspettare e noi pure”.
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