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L’Ilva libera aree a Genova – Resta irrisolto il nodo sugli esuberi

TARANTO – L’Ilva di Genova Cornigliano libererà 100.000 metri quadrati di aree non contigue allo stabilimento. Si tratta, in particolare, di quattro aree, due verso levante, nei pressi del torrente Polcevera, e due verso ponente, vicine all’aeroporto Cristoforo Colombo. Sono aree vicino al mare, visto che quelle più interne non interesserebbero nuovi investitori. E’ quanto emerso dalla riunione che si è svolta ieri pomeriggio presso la Regione Liguria tra istituzioni locali, Autorità Portuale, Confindustria e azienda per approfondire il tema delle aree che l’Ilva di Cornigliano ha annunciato di essere disponibile a lasciare libere e su cui potrebbero insediarsi nuove attività.

Il sindaco di Genova, Marco Doria, ha spiegato che “il ragionamento sulle aree è parallelo e non alternativo al piano industriale annunciato dall’Ilva e che noi attendiamo di vedere. A fianco a questo piano industriale, c’è l’idea che le attività previste per il sito di Cornigliano potrebbero consentire un diverso utilizzo di alcune aree, che già oggi non sono funzionali all’attività siderurgica.

Quelle aree, che oggi rientrano nella concessione dell’Ilva, potrebbero domani essere messe a disposizione di altre iniziative imprenditoriali. Abbiamo trovato da parte di Ilva una nuova disponibilità a ragionare su questo tema”. Per Confindustria, le aree indicate sono “interessanti” e “ci si può lavorare”. Questo quanto affermato dal presidente, Giuseppe Zampini. Tra le aziende che potrebbero essere interessate alle aree lasciate libere dall’Ilva, ci sarebbero Ansaldo Energia, di cui guarda caso proprio Zampini è amministratore delegato, ed Iren, azienda che opera nel campo dell’energia e dei rifiuti. Presidente di quest’ultima è Francesco Profumo, ex ministro dell’Istruzione del governo tecnico guidato da Mario Monti.

Queste due aziende sarebbero infatti interessate a costruire sulle aree liberate dall’Ilva una centrale elettrica di cogenerazione, capace di generare anche calore per il teleriscaldamento. Ma è stata anche avanza l’ipotesi di costruire un impianto per il trattamento di rifiuti. Prima di un eventuale accordo però, bisognerà considerare la presenza di eventuali vincoli, i costi di bonifica, la necessità di cambi di destinazione d’uso.

Ma in merito al problema occupazionale annunciato dall’Ilva, che la scorsa settimana ha reso noto di non poter garantire in futuro gli attuali 1740 operai di Cornigliano, Zampini ha tenuto a precisare che “l’equazione tout court tra aree liberate e rioccupazione è estremamente difficile da soddisfare”. Ed i sindacati hanno già dichiarato che accetteranno eventuali esuberi (tra i 300 e i 500), soltanto a fronte della garanzia che i lavoratori vengano riassorbiti dalle aziende che andranno ad occupare le aree ex Ilva. All’incontro di ieri infatti, non erano presenti i sindacati. “L’azienda – ha dichiarato Armando Palombo, Fiom Cgil – deve dire quali sono le aree liberabili. Noi abbiamo detto che ci teniamo a essere informati, ma non parteciperemo perché per noi le priorità sono la continuità di reddito e le garanzie occupazionali”. La prospettiva per lo stabilimento Ilva di Genova, come annunciato nei giorni scorsi, potrebbe essere lo sviluppo della produzione di banda stagnata.

Un mercato non dei più semplici sul quale inserirsi, vista l’alta competizione di Francia e Germania. Il nodo è anche sul costo dell’energia, che lì costa meno. Ecco perché la costruzione di una nuova centrale elettrica da parte di Ansaldo Energia ed Iren, potrebbe andare proprio a favore dei progetti dell’Ilva. Lo stesso Zampini ha infatti dichiarato che “il mercato oggi non chiede energia, ma fra tre anni con una ripresa la domanda può cambiare. Se Ilva non assorbe potenza però una centrale nuova è difficile da proporre”.

“Hanno detto – conclude Palombo – che la banda stagnata è ancora strategica per il gruppo, però bisogna decidere quanto investire. Non ci hanno ancora spiegato quanto e come. Un conto è mettere sul piatto 2 milioni di euro, un conto è metterne, come auspichiamo noi, 100 milioni”. I conti, dunque, già non tornano.

G. Leone (TarantoOggi, 08.02.2014)

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