Ilva: non si vende un tubo
TARANTO – Il confronto tra i vertici dell’Ilva (anche se è in dubbio la presenza del commissario Enrico Bondi) e il coordinamento sindacale della siderurgia che si svolgerà domani a Roma, dirà senz’altro di più sul futuro dell’azienda. Il direttore delle relazioni industriali, Enrico Martino, incontrerà infatti i rappresentanti di tutti gli stabilimenti Ilva per fare il punto della situazione.
La scorsa settimana intanto, si è chiusa con il mancato accordo tra Ilva e sindacati metalmeccanici sulla verifica dell’accordo biennale sottoscritto l’anno scorso in merito al numero degli operai da collocare in solidarietà. In tutto 3579, così divisi: 400 nell’area ghisa, 642 nelle acciaierie 1 e 2, 680 nella laminazione a caldo che comprende i treni nastri 1 e 2, la finitura nastri e il treno lamiere, 428 nella laminazione a freddo, 476 nei tubifici 1 e 2 e al tubificio Erw, 428 nelle manutenzioni centrali, 514, infine, quelli distribuiti tra piazzali, servizi e logistica.
Non solo: perché l’azienda ha anche risposto picche alla proposta di accollarsi il 10% che la Legge di Stabilità ha detratto dall’integrazione salariale da parte dello Stato sui contratti di solidarietà. I quali prevedono il taglio medio del salario del 20%, con una riduzione media dell’orario di lavoro prossima al 35%. Ai lavoratori in Cds infatti, è sempre stata riconosciuta una retribuzione pari al 60% dello stipendio. Grazie all’integrazione statale, fino al 2013 pari al 20%, si riusciva a salvare di fatto l’80% dello stipendio; ora, per effetto del provvedimento governativo, si raggiungerà il 70%. Ma la dirigenza Ilva ha dichiarato di non avere le risorse finanziarie per coprire il 10% mancante.
Del resto, già nei giorni scorsi l’azienda aveva comunicati alle RSU di Genova di non essere in grado di rispettare gli accordi stabiliti dall’accordo di programma del 2005 (oggi si svolgerà in tal senso un incontro nel capoluogo ligure). Ed allora che si fa? Si va a bussare alla porta della Regione Puglia (come aveva già proposto la scorsa settimana la Fim Cisl) nella speranza (molto remota) che il governo regionale possa coprire il 10% in questione. Mentre la Fiom Cgil chiede invece che sia il Governo a restituire ciò che è stato sottratto con la Legge di Stabilità. Sempre la Fiom ha motivato il suo dissenso sulla proroga della solidarietà col fatto che l’azienda non ha accettato l’invito a correlare la riduzione dell’orario di lavoro con l’andamento del mercato, gli ordini in portafoglio e il passo di marcia degli impianti.
Intanto ieri si è levato un nuovo grido d’allarme. Il caso riguarda la mancanza di ordini di lavoro per l’area tubifici. Come si ricorderà, la scorsa settimana riportammo l’imminente fermata per due settimane dei tubifici 1 e 2. Ieri però, la Fim Cisl ha ipotizzato una fermata per l’intero 2014, che potrebbe addirittura coinvolgere anche il prossimo anno se nel frattempo non dovessero arrivare nuove commesse da eseguire. Cosa alquanto strana, visto che è del tutto impossibile fare previsioni di mercato di tale portata (a meno che dietro tali dichiarazioni non si nascondano verità di ben altra natura). Pare anche che sulla fermata abbia anche influito il fatto che l’Ilva abbia perso una commessa a favore della Germania la quale, si apprende da fonti sindacali, avrebbe avanzato un’offerta economica più bassa all’acquirente.
La verità però, è come sempre un’altra. Perché i tubifici si sono fermati a causa dello stop del treno lamiere. Il quale attendere di ricevere una colata di qualità dall’acciaieria per soddisfare in particolare una commessa della Snam, che ha sospeso l’ordine effettuato in quanto non soddisfatta appunto della qualità dell’acciaio prodotta dall’Ilva. Queste le notizie che giungono da dentro la fabbrica. Da chi lì dentro ci lavora e sa come stanno esattamente le cose. E’ un ciclo che si va esaurendo da solo: gli impianti sono obsoleti, la qualità del prodotto è scadente e le risorse per fare gli investimenti necessari per i lavori previsti dall’AIA e quelli oramai non più rinviabili per la manutenzione non ci sono. E molto difficilmente saranno mai trovate.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 04.02.2014)
DECRETO ILVA: PRESENTATI 150 EMENDAMENTI AL SENATO E 7 ORDINI DEL GIORNO
Sono 150 gli emendamenti presentati in commissione Ambiente al Senato al decreto sulle emergenze ambientali e industriali, così detto “Terra dei fuochi”. Inoltre, sono stati presentati anche 7 ordini del giorno. Il provvedimento, che essenzialmente dispone su Terra dei fuochi e Ilva, è stato approvato venerdì alla Camera. Ha ora iniziato il suo iter a Palazzo Madama, anche se i tempi sono stretti, dal momento che scade il 10 febbraio. Quest’oggi e domani, secondo quanto previsto dal calendario, la commissione Ambiente del Senato esaminerà il decreto legge che poi approderà in Aula per la sua approvazione definitiva.