Per sostenere la richiesta ufficiale, il Comitato ha lanciato una petizione on-line che, a tutt’oggi, ha raggiunto le 1683 adesioni, nonostante la divulgazione solo tramite social network. Lo scopo della richiesta non verteva esclusivamente sull’istituzione del Registro ma, così come è già avvenuto in Friuli Venezia Giulia con la Legge 18/2012, il Comitato ravvedeva la necessità di prevedere una reale e concreta tutela per questa categoria di donne dimenticata dalla società e persa tra gli ospedali italiani e i centri di procreazione medicalmente assistita. A tal fine, i membri del Comitato hanno presentato delle specifiche richieste che si possono sintetizzare in otto punti principali, ritenendo che gli stessi debbano essere imprescindibili perché la legge possa tutelare fattivamente le donne affette da endometriosi:
Il riconoscimento dell’endometriosi come malattia cronica e invalidante.
La definizione di un protocollo diagnostico-operativo: linee guida utili alla gestione in buona pratica medica dell’endometriosi, l’individuazione di azioni finalizzate alla diagnosi precoce e all’ottenimento di trattamenti medico-sanitari più efficaci, formazione specifica dei medici (ginecologi, chirurghi, urologi, medici radiologi, medici di medicina generale), la lista delle procedure di prevenzione e di cura, degli stili di vita idonei alla riduzione dell’incidenza o della ricorrenza della malattia.
La previsione di un sostegno psicologico gratuito specialistico per le donne che scoprono di essere affette da endometriosi ed infertilità e che si apprestano ad iniziare un percorso di procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
L’istituzione di un “Ambulatorio del dolore pelvico”, struttura pubblica specializzata nella cura e nella prevenzione dell’endometriosi.
Tutela lavorativa (permessi per la malattia).
La promozione di campagne informative di educazione sanitaria nelle scuole e tra la popolazione: campagne dirette in particolare a favorire una maggiore conoscenza dei sintomi della malattia, specie nelle scuole tra le ragazze in età adolescenziale, a promuovere il ricorso al medico di fiducia, a pervenire a una diagnosi precoce e corretta della malattia e a prevenire l’infertilità ad essa correlata. Le campagne dovranno essere realizzate in collaborazione con le associazioni impegnate nel sostegno delle donne affette dalla malattia e con il coinvolgimento dei medici.
L’esenzione dalla partecipazione al costo dei farmaci, delle prestazioni di diagnostica, ambulatoriali e delle prestazioni specialistiche secondo criteri e modalità stabiliti dalla Giunta regionale.
L’istituzione del Registro regionale (vista la mancanza di dati statistici certi) per la raccolta e l’analisi dei dati clinici e sociali riferiti alla malattia, al fine di favorire e di stabilire strategie condivise di intervento sulla base dell’analisi dei dati specifici per ambito geografico, di monitorare l’andamento e la ricorrenza della malattia, nonché di rilevare le problematiche connesse e le eventuali complicanze. I dati contenuti devono essere pubblici, (anonimi) e facilmente consultabili.
Al nostro accorato appello ha risposto celermente la consigliera regionale Anna Rita Lemma che si è occupata, in stretta sinergia con il Comitato e con personalità del mondo scientifico e delle Istituzioni, di stilare e depositare la proposta di legge in data 27 gennaio 2014. A lei e a tutti coloro che ci stanno supportando va il nostro più sincero ringraziamento. Allo stato dei fatti, pur rimanendo convinti che la vera prevenzione si attui eliminando le cause che determinano le malattie e nel caso dell’endometriosi, come gli studi scientifici affermano, le sostanze inquinanti e le loro fonti, auspichiamo che la Regione Puglia renda un servizio all’intera regione ed in particolare alle città di Taranto e Brindisi, caratterizzate da elevata criticità ambientale e sanitaria, si adoperi per l’istituzione e il finanziamento del Registro regionale dell’endometriosi, di studi epidemiologici e ricerche sulla incidenza delle malattie croniche invalidanti dell’apparato riproduttivo, nonché venga garantito un minimo di prestazioni sanitarie gratuite per i casi più gravi.
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