I lavori furono appaltati ad un consorzio costituito da tre imprese: la C.C.C. Cantieri Costruzione Cemento Spa (di Musile di Piave, in provincia di Venezia), la Salvatore Matarrese spa di Bari e la Icotekne Spa di Napoli. L’associazione temporanea di imprese su un lavoro a base d’asta di 61,758 milioni di euro, si aggiudicò l’appalto grazie ad un’offerta 46.834.839 milioni di euro. Non si trattò di un’offerta con ribasso ma, secondo quanto dichiarò l’Authority, “dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Nelle settimane precedenti, la commissione tecnica insediata dall’Autorità portuale vagliò tutte le migliori tecniche proposte dalle imprese relativamente al progetto ed al recepimento delle prescrizioni del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Dopo questa operazione, la stessa commissione aprì le buste con le offerte delle 11 imprese candidatesi ad eseguire l’intervento, e non registrando offerte “anomale” procedette con l’assegnazione dei lavori: l’apertura del cantiere era prevista per l’1 febbraio. Con le ditte aggiudicatarie dell’appalto che avrebbero avuto a loro disposizione 45 giorni di tempo per presentare il progetto esecutivo.
Adesso, però, tutto torna in alto mare. La notizia del ricorso presentato al Tar di Lecce era stata discussa mercoledì durante la riunione al Dipartimento per lo Sviluppo delle Economie Territoriali (DISET) della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul porto di Taranto. Un incontro importante, visto che si è trattato della prima riunione del tavolo tecnico di coordinamento istituito su richiesta del Ministro per la Coesione Territoriale, relativo alla realizzazione delle opere previste dall’accordo per il Porto di Taranto sottoscritto nel 2012.
Tornando al ricorso, il Tar di Lecce ha fissato l’udienza di merito per la discussione il prossimo 5 marzo. L’impresa ricorrente, nel suo esposto, ha contestato soprattutto il cosiddetto fattore tempo, cioè il numero di giorni indicato dalle società vincitrici per l’esecuzione dei lavori. Ma la vicenda non si ferma qui. Perché ieri, durante l’udienza, il Consorzio stabile Valori, terza classificata nella graduatoria dell’assegnazione dell’appalto, ha annunciato un ricorso (al momento non ancora presentato) contro la prima e seconda impresa in graduatoria, nonché contro l’Autorità portuale. Molto probabilmente, si attenderà di vedere cosa accadrà nell’udienza del 5 marzo.
Dunque non uno, ma ben due ricorsi: il che vorrebbe dire portare alle calende greche dei lavori che già oggi sono in netto ritardo. Tra l’altro, già lo scorso febbraio ci fu il ricorso al Tar di Lecce del Consorzio Terminal Rinfuse del gruppo Caramia che, occupando un tratto della banchina del molo polisettoriale non accettava il trasferimento in un’area alternativa, contestando il mancato rinnovo della concessione all’Authority: poi, dopo intense e difficili trattative, lo scorso 4 luglio fu trovato un accordo con la concessione della calata 4 del porto in couso con Cementir.
Anche per questo intoppo, lo scorso 14 novembre al DISET fu presentato il nuovo piano di lavoro che prevedeva come l’ammodernamento della banchina – che secondo quando previsto dall’accordo generale del giugno 2012 avrebbe dovuto concludersi a dicembre di quest’anno – fosse posticipato di un anno: quindi a dicembre 2015. In particolare l’Autorità portuale contava di ultimare a dicembre 2015 i primi 600 metri su 1200 di banchina del polisettoriale. I successivi 600 metri di banchina l’Authority prevedeva invece di completarli entro giugno 2016. Questo nonostante gli azionisti di TCT – e in particolare i due di maggior peso Hutchinson ed Evergreen – spingessero affinché tutti i lavori venissero ultimati a dicembre 2015 essendo già maturato un ritardo sulla prima tabella di marcia: ma l’Authority prese sei mesi di tempo in più sia per una valutazione tecnica di carattere prudenziale, sia perché questi erano anche i tempi che si ricavavano dagli stessi progettisti di TCT. Ora però, rischia di tornare tutto in alto mare. Con la concreta possibilità che il futuro del porto e di una parte del futuro economico di questa città si inabissino nuovamente e forse definitivamente nelle sabbie mobili della burocrazia.
G. Leone (TarantoOggi, 25.01.2014)
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