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Cementir, addio Italia – Caltagirone Jr conferma chiusura Taranto

TARANTO – In attesa del vertice di dopodomani in Regione, arriva una nuova bordata sul futuro della Cementir a Taranto. Il presidente e ad del gruppo, Francesco Caltagirone jr, in un’intervista rilasciata ad “Affari & Finanza” inserto del lunedì de “la Repubblica”, ha nuovamente illustrato i piani futuri del gruppo. Ripercorrendo le tappe principali del Piano Industriale per il triennio 2014-2016, approvato lo scorso 17 dicembre. Come infatti già riportato su queste colonne lo scorso mese, Caltagirone jr ha ribadito che strategia del gruppo si svilupperà su quattro direttrici: miglioramento della redditività dei business attuali; consolidamento della leadership nel cemento bianco; completamento degli investimenti nella gestione dei rifiuti in Turchia e Inghilterra; miglioramento della generazione dei flussi di cassa.

Secondo le previsioni, le azioni del triennio porteranno a ricavi operativi per circa 1.150 milioni di euro al 2016, con una crescita media annua pari al 5% (rispetto alla previsione di circa 1.000 milioni di euro nel 2013). La distribuzione geografica vede un graduale aumento delle vendite nei paesi emergenti che, in termini di ricavi, passeranno dall’attuale 42% al 45% a fine 2016. L’Italia, invece, manterrà il proprio peso a circa il 13%, ma con un progressivo ritorno alla redditività operativa, ancora oggi negativa. Il margine operativo lordo si prevede in crescita, fino a raggiungere circa 240 milioni di euro nel 2016, che si traduce in una variazione media annua del +16%. Un Piano che ha immediatamente riscontrato grande apprezzamento sui mercati finanziari.

Nell’intervista ad “Affari & Finanza”, Caltagirone jr ha anche indicato i prossimi obiettivi del gruppo: “Vogliamo liberare risorse per sostenere nuove acquisizioni: parlo di comprare aziende con stabilimenti che ci consentano di sviluppare mercati locali, pensiamo al Nord America, Africa ed Asia”. Già nel Piano Industriale si leggeva infatti che l’aumento del margine operativo lordo sarà indotto principalmente “da azioni di efficienza interna e di riduzione dei costi operativi, in parte già realizzate nel corso del 2013, dall’incremento dell’uso di combustibili alternativi e di energie rinnovabili e dal contributo del business della gestione dei rifiuti. A ciò si aggiungeranno anche gli effetti della riorganizzazione delle attività in Italia”.

Caltagirone jr ha chiarito qual è l’operazione finanziaria in atto in questo momento: “Di tre aziende distinte, stiamo completando oggi il processo che ne costruisce una, con i relativi recuperi di efficienza e profittabilità. Da questa azione di centralizzazione gestionale sull’Italia, derivano risparmi per 35 milioni sui costi e dovremmo vederne i benefici già con il bilancio 2014”. Le tre aziende sono la Cementir Italia Spa, la Cimentas A.S. e la Aalborg Portland A.S. Tutte e tre controllate al 100% dalla Cementir Holding Spa dopo la riorganizzazione avvenuta nel 2008. L’Italia, come riportato più volte dall’approvazione del bilancio 2012 dello scorso aprile, è l’unico paese in cui Cementir è in perdita operativa: il piano prevede l’obiettivo di tornare in utile pure in casa, “dove ricordo peraltro che i consumi di cemento sono scesi dai 47 milioni di tonnellate del 2007 ai 21 milioni dello scorso anno” chiosa Caltagirone jr.

Che conferma come il gruppo abbia deciso di puntare forte sulla produzione del cemento bianco (nel 2004 fu acquistato il sito danese di Aalborg e che viene prodotto anche in USA, Cina, Malesia ed Egitto): “Il bianco pesa per il 20% fatturato: noi puntiamo a allargare questo contributo, dove pesiamo già per il 15% del mercato, perché questa nicchia ci protegge in termini di vendite e di margini, con livelli di export elevatissimi. I nostri stabilimenti sorgono sul mare anche per favorire le esportazioni: Aalborg per esempio vende all’estero il 95% della produzione. Per questo attendiamo che sia completato nella seconda metà di quest’anno il raddoppio dello stabilimento in Malesia (dove la Cementir è presente con lo stabilimento Aalborg White Asia), che ci assicurerà il 50% del mercato in Australia, e per questo nell’arco di 12 mesi valuteremo la possibilità di costruire nuovi impianti produttivi nel Far East. A parte il bianco, miriamo poi a sviluppare il segmento waste management”.

Nei progetti rimarrà invariata la componente derivante dalla vendita di cemento grigio (prodotto in Italia dalla Cementir Italia da cui dipende il sito di Taranto) e di calcestruzzo (prodotto dalla Betontir Spa, società costituita nel 1996 con il nome di Calcestruzzi Picciolini Spa e controllata al 100% dalla Cementir Holding tramite Cementir Italia e che ha un sito a San Giorgio Jonico). Tutto questo ragionamento, porta dritto all’unica logica imprenditoriale possibile, come ha dichiarato senza giri di parole lo stesso Caltagirone jr nell’intervista in questione: “In Italia abbiamo una enorme sovraccapacità produttiva, oltre il doppio del mercato. Tant’è che noi abbiamo spento i forni di Taranto e Arquata Scrivia. Penso avverrà una forte concentrazione, ossia fallimenti e/o acquisizioni. Ma a noi non interessa aumentare il peso sull’Italia, anzi puntiamo tutto sull’estero”.

Qualora non fosse ancora chiaro il pensiero del presidente e ad del gruppo, lo stesso dichiara che “l’idea di base del gruppo Cementir, e anche del Gruppo Caltagirone, è semplice: restare in Italia, ma non dipendere dall’Italia in nulla. Massima spinta sulla internazionalizzazione. Mi pare che la strategia sia stata capita pure in Borsa, dato che il nostro titolo è cresciuto del 140% nell’ultimo anno”. Dalle parole di Caltagirone jr, si evince chiaramente ancora una volta come il futuro del sito di Taranto (dove sino all’anno scorso si producevano 1,4 milioni di tonnellate di cemento a fronte delle 4,3 totali realizzate in Italia) sia stato scritto da tempo. E che la crisi produttiva/giudiziaria odierna e futura dell’Ilva, sia stata una vera e propria manna dal cielo. Idem per la crisi economica che ha colpito l’Italia, in particolar modo il settore edile. Eppure, nonostante tutto questo, politici, sindacati e Confindustria nostrani continuano a parlare di “consolidamento e rilancio delle attività industriali del sito di Taranto in modo da tutelare tutti i posti di lavoro, favorendo anche gli investimenti per l’ambientalizzazione dell’area e dello stabilimento con il sostegno della Regione Puglia”. Siamo proprio curiosi di conoscere cosa verrà fuori dal tavolo in programma dopodomani a Bari.

G. Leone (TarantoOggi, 21.01.2014)

 

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