Ilva: dati Ipa, Peacelink replica al sub commissario Ronchi
Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Peacelink in merito all’acceso confronto a distanza con il sub commissario Edo Ronchi sulla misurazione degli Ipa.
E’ arrivata la risposta alle nostre misurazioni degli IPA (idrocarburi policiclici aromatici), la miscela potenzialmente cancerogena che in buona parte proviene dall’Ilva di Taranto e che viene respirata ogni giorno in concentrazioni che riteniamo degne di attenzione. Eccola http://www. inchiostroverde.it/news/ilva- ipa-a-taranto-ronchi-dati- peacelink-non-attendibili.html. Nel suo comunicato di replica a PeaceLink, il subcommissario Edo Ronchi cade in diverse contraddizioni e a nostro parere incorre in una complessiva sottovalutazione dei rischi. Ronchi scrive: “I dati riferiti da PeaceLink nella nota citata, rilevati con un apparecchio privato senza adeguate garanzie tecniche e metodologiche, non sono né attendibili, né confrontabili con quelli dell’ARPA”. Cercheremo di fornire risposte dettagliate.
1) Le misurazioni che abbiamo effettuato non sono state realizzate con “un analizzatore” qualsiasi comprato in un supermercato ma con lo stesso modello di analizzatore in dotazione ad ARPA e alla struttura di monitoraggio dell’aria dell’ILVA. Ci è stato fornito e calibrato da uno spin-off universitario che ha garantito anche formazione e consulenza.
Il modello di analizzatore usato da PeaceLink fornisce dati dotati di attendibilità in quanto è lo stesso Ecochem PAS 2000 in dotazione al sistema di monitoraggio dell’ILVA prescritto con l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Se quindi si utilizza lo stesso strumento sarebbe alquanto azzardato affermare che esso fornisce dati inattendibili se è nelle mani dei cittadini mentre fornirebbe dati attendibili se è nelle mani delle istituzioni o di un’industria.
2) Quando Ronchi avanza il sospetto di una inaffidabilità delle misurazioni di questo analizzatore, dovrebbe allora spiegare perché il Ministero dell’Ambiente (e non PeaceLink) ha scelto per il monitoraggio ambientale in continuo degli IPA proprio l’analizzatore Ecochem PAS 2000 che è utilizzato sia da ARPA, sia da ILVA sia da PeaceLink. L’affidabilità dei dati raccolti da PeaceLink risiede anche nel fatto che i valori rilevati da ARPA con lo stesso strumento risultano, in posizione più vicina all’Ilva, sostanzialmente doppi rispetto a quelli forniti da PeaceLink. Questo dettaglio di non poco conto deve essere sfuggito all’attenzione di Ronchi. Quello che quindi rende particolarmente interessante il rapporto da noi diffuso non è una contraddizione fra i dati di PeaceLink e quelli dell’ARPA (atteso che che è coerente attendersi concentrazioni di IPA raddoppiate vicino all’ILVA) ma è la sostanziale non diminuzione della concentrazione di IPA rispetto al periodo 2009-2010. Ci si attendeva un crollo verticale degli IPA nel 2013 rispetto al 2009-2010 che però non è stato registrato né da noi né da ARPA. Poiché questa mancata diminuzione è un dato scomodo ma oggettivo, Ronchi non può levarsi dagli impacci criticandone l’attendibilità dato che, se lo fa con i dati di PeaceLink, lo dovrebbe fare anche per i dati di ARPA che sono ancora peggiori per quanto riguarda gli IPA rilevati nel quartiere Tamburi dall’agosto 2013 a oggi. Pertanto i ragionamenti di Ronchi non reggono, in quanto dovrebbe anche dichiarare non attendibili le rilevazioni di ARPA che ha usato lo stesso strumento utilizzato da PeaceLink ottenendo – lo sottolineiamo di nuovo – dati ancora più preoccupanti.
3) Ciò nonostante, Ronchi scrive: “I dati forniti da PeaceLink, riferiti a una miscela di IPA sconosciuti, non hanno alcuna rilevanza. La mancata identificazione dei componenti di una miscela di IPA in aria non consente, infatti, una valutazione della sua pericolosità”. Ronchi dovrebbe sapere che la miscela indistinta di IPA misurata da PeaceLink è misurata in forma indistinta anche da ILVA e da ARPA con quel modello di analizzatore e che non vi è alcun analizzatore al mondo in grado di fare analisi disaggregate degli IPA in tempo reale. L’interesse dei dati di quella strumentazione stanno proprio nel fatto che sono una serie ad alta risoluzione temporale che consente comparazioni sullo stesso sito che sono dotate di una ragionevole attendibilità. Se la mancata identificazione dei singoli componenti di una miscela di IPA togliesse ogni interesse scientifico alla misurazione, Ronchi dovrebbe negare validità al sistema di monitoraggio dell’AIA e smontare la rete di rilevazione degli IPA prevista dall’AIA stessa in quanto sono stati installati nell’ILVA degli analizzatori identici a quello usato di PeaceLink. Se dunque ci sono in ILVA analizzatori di IPA dello stesso tipo a quelli usati da noi, non comprendiamo perché i nostri dati non sarebbero attendibili.
4) Ronchi, invece di criticare i nostri dati, dovrebbe invece spiegare quanto sono invece attendibili i dati degli IPA rilevati nella cokeria ILVA che risultano inferiori a quelli del quartiere Tamburi. Verrebbe da dire: da che pulpito viene la predica (il controllo del sistema di monitoraggio dell’ILVA dipende da lui).
5) Che la miscela degli inquinanti abbia una qualità (e una pericolosità) diversa a seconda della sua composizione non vale solo per gli IPA ma anche per i composti organici volatili (VOC) o per il PM10 (polveri sottili). Ciò nonostante, non abbiamo mai sentito dire a Ronchi che il Pm10 di Taranto è una miscela di polveri con un potere tossico 2,2 volte superiore al PM10 di altre città. Se si considera questo livello di tossicità, menzionato dallo Studio Sentieri, Taranto rimane una città in cui è tuttora pericoloso inalare quel quantitativo di polveri. In buona sostanza si può dire che ogni genere di miscela di inquinanti, se misurata globalmente, ha una tossicità variabile da caso a caso, ma non si può usare questa argomentazione per demolire le misurazioni,altrimenti dovrebbe essere priva di rilevanza anche la misurazione del PM10 la cui pericolosità può variare da sito a sito e la cui tossicità quindi dovrebbe essere valutata in base alla composizione chimica del particolato e non solo calcolando il “peso” della concentrazione del particolato indistinto.
6) Ronchi afferma: “La qualità dell’aria a Taranto e nel quartiere Tamburi è a norma”. Ma dovrebbe sapere che le norme ambientali non considerano la tossicità complessiva di tutti gli inquinanti che vengono veicolati dal particolato. A Taranto vi è un’enciclopedia di inquinanti che non è riscontrabile altrove. A Taranto, più che altrove, i limiti ambientali non sempre garantiscono la salute e la sicurezza, prova ne è il fatto che le pecore e le capre si sono contaminate anche in terreni di pascolo che formalmente erano a norma. A Taranto va pertanto considerata straordinarietà del contesto industriale e la sommatoria di tutti gli inquinanti che, anche se singolarmente presi fossero nei limiti, nel loro complesso però possono comportare un carico corporeo complessivo di inquinanti intollerabile. Prova ne è l’eccesso di piombo nelle urine dei tarantini, nonostante non emergano sforamenti per il piombo. Va pertanto verificata la situazione sanitaria prima di dire che Taranto è nella norma. Va controllata la mortalità mese per mese, cosa che a Taranto non viene fatta nonostante PeaceLink abbia fatto apposita richiesta alla ASL in tal senso. La mortalità in tempo reale è la prova del nove del maggiore o minore successo di quello che si sta facendo a tutela della salute. I dati di mortalità a Taranto e in Puglia vengono resi noti con tre anni di ritardo e questo genera un grave ritardo negli allarmi sanitari.
7) Nel nostro rapporto sulla qualità dell’aria (www.peacelink.it/ecologia/ docs/4602.pdf) abbiamo dimostrato che i bambini a Taranto hanno respirato concentrazioni di IPA paragonabili al fumo passivo, oltre i 40 ng/m3 per periodi prolungati. Questo non sarebbe consentito in un’aula scolastica e verrebbe multato l’insegnante che fumasse in classe. Dire – come fa Ronchi – che l’elevata concentrazione di IPA “dipende significativamente dalle condizioni meteorologiche stagionali”, nulla toglie al fatto che si verifichi un situazione che non sarebbe ammessa se applicassimo le cautele della legge sul fumo che non stabilisce che si possa fumare se si rimane sotto una soglia di pericolo. Noi riteniamo che vi sia un persistente pericolo per la salute in un contesto nel quale una perizia epidemiologica commissionata dal GIP del Tribunale di Taranto ha accertato un’eccesso di mortalità di 30 decessi/anno per le emissioni industriali. Ronchi può garantire che nessuno di quei decessi non si verifichi più? Gli facciamo notare che una riduzione del 90% delle emissioni farebbe scendere a “solo” 3 decessi/anno il conteggio. Fabio Riva disse: “Due tumori in più all’anno? Una minchiata”. Noi non accettiamo questo rischio evitabile e non siamo disposti ad un esperimento di “gestione del rischio” quando il problema è quello di eliminare il pericolo accertato nelle perizie acquisite come prova nell’ambito dell’incidente probatorio (dato che l’ILVA non ha opposto nessuna controperizia).
8) Se l’aria a Taranto fosse salubre, come sostiene Ronchi, non è a questo punto chiaro perché ILVA dovrebbe applicare l’AIA che dovrebbe servire appunto a raggiungere tale obiettivo. Se cioè anche un’industria con impianti fuori norma riuscisse a garantire la salute e l’ambiente, questo sarebbe uno straordinario caso di studio per tutta l’Europa perché dimostrerebbe come anche senza rispettare i parametri autorizzativi a tutela dell’ambiente si riesce a garantire aria pulita. Siamo al paradosso. A Taranto si recita con grande serietà il teatro dell’assurdo.
Infine Ronchi ci consentirà un’osservazione. “Se ciascuno di noi – afferma Ronchi – pretendesse di farsi le proprie misurazioni ambientali, comprandosi un proprio apparecchio, si produrrebbe un solo risultato: la fine dell’affidabilità tecnica e normativa dei controlli ambientali”. Non ci saremmo aspettata una simile critica di “affidabilità” da una persona come lui che, dopo aver fatto parte dell’organizzazione comunista Avanguardia Operaia, dopo aver fatto parte di Democrazia Proletaria, dopo aver fatto parte dei Verdi Arcobaleno, dopo aver fatto parte dei Verdi del sole che ride, dopo aver fatto parte dei Democratici di Sinistra è poi approdato al Partito Democratico. La crisi dell’affidabilità non sta infatti nel fatto che i cittadini prendano l’iniziativa facciano coscienziosamente le proprie misurazioni ambientali. La fine dell’affidabilità sta invece in una classe politica che non si fida dei cittadini quando cominciano a controllare anche loro. Il sistema di partecipazione si concretizza oggi anche nella “cittadinanza scientifica”, una cosa interessante e innovativa che Ronchi dovrebbe aver letto su qualche libro. Un’ultima rinnovata raccomandazione al sub-commissario Ronchi: vada a controllare l’affidabilità delle sue centraline all’interno dell’ILVA.