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Ilva, un Capitale senza soldi

TARANTO – Dopo l’approvazione degli emendamenti di ieri in commissione Ambiente, il testo del decreto legge 136 sulla Terra dei Fuochi e l’Ilva di Taranto arriverà oggi alla Camera. Come riportato in questi giorni, ieri è stato approvato anche l’emendamento che prevede di aumentare il capitale sociale per pagare i lavori per l’attuazione dell’AIA. L’emendamento prevede anche la possibilità di richiedere le risorse alla famiglia Riva. Alla fine, dunque, si è scelto di percorrere la strada più impervia.

E a nostro modo di vedere del tutto irrealizzabile. Il testo dell’emendamento approvato (relativo all’articolo 7 del decreto) così recita: “Al commissario straordinario, previa approvazione del Piano industriale, è attribuito il potere di richiedere al titolare dell’impresa le somme necessarie ai fini del risanamento ambientale”, da un lato, e di “aumentare il capitale sociale a pagamento nella misura necessaria ai fini del risanamento ambientale”, dall’altro; offrendo secondo questa seconda via le azioni “in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute”; in tutti i casi “le azioni di nuova emissione potranno essere liberate esclusivamente mediante conferimenti in denaro”.

Obiettivo del commissario straordinario deve essere il finanziamento degli “investimenti previsti per l’attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e per l’adozione delle altre misure previste nel Piano, delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria”. Dunque, Bondi andrà a bussare alla porta dei Riva per chiedere loro di mettere a disposizione le risorse per il risanamento dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, effettuando un aumento di capitale: una barzelletta senza precedenti.

Chiedere ad un gruppo di investire ingenti risorse finanziarie per risanare gli impianti di un’azienda che non è più in loro possesso perché commissariata e che loro hanno utilizzato per quasi un ventennio realizzando utili miliardari senza bisogno di ammodernare nulla, grazie soprattutto alla complicità di quello Stato che oggi gli chiede aiuto nella maniera più ipocrita possibile. Non solo: a fronte dell’aumento di capitale si dovrebbero poi offrire ad investitori terzi le azioni in opzione dell’Ilva Spa in cambio di risorse finanziarie unicamente per restituire i soldi ai Riva stessi. Il limite temporale perché tutto ciò avvenga sarà il 31 dicembre di quest’anno. Da notare che il testo dell’emendamento approvato ieri contiene il verbo “richiedere” invece del verbo “obbligare” utilizzato in un primo momento nei confronti dei Riva in merito all’aumento di capitale: il che la dice lunga. Chi saranno questi investitori terzi, non è dato sapere.

Certo, su queste colonne abbiamo avanzato sin dal 2012 la possibilità che il governo chieda l’aiuto della Cassa Depositi e Prestiti, ma la questione è ancora tutta da approfondire. Ad osservare da lontano restano le banche, a cui toccherà il compito di finanziare l’eventuale piano industriale di Bondi: che da quanto scritto nell’emendamento di ieri, non è più chiaro se dovrà arrivare prima o dopo il piano ambientale. Inoltre, nonostante si sia capito le scarse possibilità in materia, sarà comunque inserita la possibilità da parte del commissario, di chiedere all’autorità giudiziaria lo svincolo delle somme sequestrate ai Riva per reati diversi da quelli ambientali e finalizzarle alla bonifica del sito industriale di Taranto. Ma anche in questo caso siamo certi che il gruppo lombardo presenterà ricorso nelle sedi opportune, che difficilmente perderà. Da oggi, dunque, iniziano le comiche con la discussione degli emendamenti alla Camera. Si sono infilati in una strada senza uscita. Auguri.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 14.01.2014)

 

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