Gli altri due sono la gestione dell’accordo sottoscritto lo scorso 19 settembre ed il consolidamento ed il rilancio delle attività industriali del sito di Taranto in modo da tutelare tutti i posti di lavoro, favorendo anche gli investimenti per l’ambientalizzazione dell’area e dello stabilimento con il sostegno della Regione Puglia. Nel frattempo sit in e manifestazioni saranno sospesi, anche se proseguirà lo stato di agitazione dei lavoratori. Il break è stato preso in considerazione dai sindacati dopo la piena disponibilità degli assessori Caroli e Capone ad affrontare il caso Cementir e l’apertura dimostrata dall’azienda, che presto chiarirà le ragioni della sua decisione di spegnere il forno acquistando il clinker all’esterno. Quest’ultima operazione è contestata da dipendenti e sindacati perché mette a rischio i posti di lavoro di almeno metà del personale. “Il risultato del tavolo – hanno commentato gli assessori regionali Capone e Caroli – è stato positivo considerata la disponibilità alla ripresa del dialogo che si era interrotto nei giorni scorsi. I sindacati si sono impegnati per la sospensione del blocco dello stabilimento e dello sciopero, mentre l’azienda è pronta a congelare la richiesta di riduzione delle attività per le ditte dell’indotto, che già si era manifestata con la partenza in alcune imprese delle lettere di mobilità”.
Questo il resoconto istituzionale del vertice di ieri. Ma a noi sembra che in realtà si stia soltanto provando a prendere tempo, continuando ad ignorare la realtà e ad illudere i lavoratori. Parlare ancora di investimenti quando l’azienda ha approvato lo scorso 17 dicembre il piano industriale 2014-2016 che prevede la riorganizzazione degli stabilimenti italiani, con la chiusura delle aree a caldo di Taranto ed Arquata, ci sembra alquanto irrealistico. Idem per quanto concerne il sostegno della Regione Puglia in questo ambito. Visto che la Cementir ha prima congelato e poi rinunciato al progetto “Nuova Taranto” da oltre 150 milioni di euro lo scorso aprile, non certo ieri. Decisione che tra l’altro comportò come conseguenza, la perdita del finanziamento pubblico a fondo perduto che sarebbe stato erogato proprio dalla Regione Puglia al termine dei lavori e garantito dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale nell’ambito del programma operativo 2007-2013 (il progetto ottenne anche un finanziamento di 90 milioni di euro dalla Banca Europea degli Investimenti).
Così come non è chiaro il discorso sulla gestione dell’accordo per la cassa integrazione straordinaria per “crisi aziendale” a turno e per 12 mesi per i 98 lavoratori del sito tarantino sottoscritto lo scorso 19 settembre. Che altro non era se non l’avvisaglia chiara di quanto sarebbe stato accaduto e comunicato agli stessi sindacati lo scorso 6 dicembre: la cessazione per il sito tarantino della produzione di cemento a partire dalla fine del mese, con la conseguente trasformazione dal 1 gennaio in centro di macinazione (all’incontro erano presenti le confederazioni sindacali di Taranto insieme ai sindacati degli edili, Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil sia nazionali che provinciali). Ridimensionamento che, come spiegò l’azienda, avrebbe inoltre comportato una riduzione notevole di fabbisogno di personale: dalle attuali 98 unità si passerà alle future 42 con una riduzione della forza lavoro di ben 56 dipendenti. Infine, la vicenda porto. Lo scorso 13 dicembre azienda e Authority si incontrarono per discutere dell’utilizzo della calata 4 (che sarà occupata anche dalle Terminal Rinfuse e dalla consorziata Italcave).
L’incontro fu aggiornato a gennaio, in quanto si era ancora in attesa delle conclusioni di uno studio tecnico sulla staticità della banchina. Dal responso dipenderà infatti la possibilità di utilizzare le gru che scorrono su rotaia oppure quella su gomma. La scelta non è ovviamente ininfluente rispetto all’organizzazione degli spazi tra le due imprese. Ciò detto, il presidente dell’Authority Sergio Prete tenne a precisare che le decisioni sulla calata quattro “non hanno e non avranno diretta influenza in merito alla permanenza della Cementir a Taranto” e che “se la Cementir ha deciso di ridimensionare la sua presenza a Taranto, lo fa anzitutto per altri motivi e non certo per un problema di utilizzo di banchine”. Ecco perché quella di ieri pare a tutti gli effetti una finta tregua.
G. Leone (TarantoOggi, 14.01.2014)
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