Ilva e boxe: Taranto una città “Alle corde”? – Intervista al regista Andrea Simonetti

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alle corde 2TARANTO – Come un pugile alle corde, ma non ancora messo al tappeto da un avversario agguerrito e molto forte. E’ la visione di Taranto di Andrea Simonetti, rappresentata nel cortometraggio “Alle corde”, recentemente premiato al festival del “Cinema invisibile” di Lecce. La manifestazione, giunta all’8^edizione, giudica le pellicole italiane indipendenti. In terra salentina l’opera prima di Simonetti ha vinto il premio per la migliore regia. Questa è stata “capace – è scritto nella motivazione – di far risaltare lo sconcerto del protagonista di fronte alla tragedia umana e ambientale dell’Ilva di Taranto attraverso una personale e precisa scelta stilistica”. Il corto, che ha una durata di ventidue minuti, è stato girato a giugno e  co-prodotto dalla Overloock production di Roma e dalla Megasystem Cinema di Giuseppe Lanzillotta e Sabrina De Comite di Monteiasi, con il sostegno dell’Apulia Film Commission e del Mibac. Simonetti siede per la prima volta dietro la macchina da presa dopo la laurea conseguita a 21 anni presso la scuola del Teatro Stabile di Torino e le esperienze teatrali al fianco di Luca Ronconi e Giorgio Albertazzi.

alle corde 3LA TRAMA – Il film racconta la storia di Cosimo, un ragazzo che vede nella boxe una forma di riscatto sociale. Lui vive nel quartiere Tamburi e lavora nell’Ilva, il polo siderurgico costruito a due passi dalla città bimare, sale sul ring nella categoria dilettanti ma ambisce al professionismo per mantenere un padre poco responsabile. Il genitore, Giuseppe (l’attore Cosimo Cinieri), è un pescatore che ha perso il suo peschereccio a causa del gioco in bische clandestine. Sullo sfondo di questa storia familiare c’è la vita quotidiana della città con le sue contraddizioni, i suoi problemi ma anche la sua voglia di emancipazione. Come i pugili sul ring, sia i protagonisti che la città sono “alle corde” ma hanno ancora una speranza di ripresa nonostante i colpi ricevuti. «Credo – afferma Simonetti – che i tarantini dovrebbero prendere spunto dai pugili. Nella boxe non si molla mai, questo è uno sport individuale, dove l’aspetto psicologico ha una valenza importantissima. Il tarantino deve imparare a combattere, a resistere e a crederci. Queste sono le tre parole cardine del pugilato».

INDIFFERENZA –  Nella pellicola emerge anche uno tra i sentimenti più diffusi del cittadino medio ionico: il disinteresse. «Purtroppo – continua l’attore e regista – siamo stati “costretti” alla convivenza con questo mostro. Quando si convive con un problema, ad un certo punto, per vivere meglio, si inizia a pensare che questa difficoltà non esiste più. Si acquisisce un’indifferenza rispetto a quello che stiamo vivendo per salvaguardarci psicologicamente. Questa è una reazione negativa, che non porta a nulla. Oggi, però, le cose stanno cambiando».

SPERANZA – La fiducia nel futuro arriva dalla generazione di trentenni che rimangono nella città bimare e che la vogliono “risvegliare” dal torpore in cui è sprofondata tempo fa. «Ci sono tante persone, gruppi, comitati che agiscono sul territorio. Io ho scritto questo film due anni e mezzo fa quando tutto questo non esisteva. Adesso le cose sono cambiate». Probabilmente non esiste una sola “ricetta” per far uscire Taranto “dalle corde” ma per Simonetti«ognuno di noi, nel suo piccolo, dovrebbe fare qualcosa: letture, spettacoli, intrattenimento e scambio culturale. E’ necessario smuovere la situazione senza delegare: bisogna darsi da fare. Quando ho scritto questo film ho sentito il bisogno di fare qualcosa per la mia città».

Luca Caretta per InchiostroVerde

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