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Ilva, incontro tra “giganti” – Ieri vertice al Mise con Bondi e banche

E durato poco più di un’ora l’incontro al ministero dello Sviluppo economico sull’Ilva, che ha avuto tra i temi principali lo stato (totalmente fermo) delle attività di risanamento degli impianti dell’area a caldo e una prima, parziale illustrazione sul piano industriale. Per il ministero era presente il ministro Flavio Zanonato. Mentre Enrico Bondi, commissario straordinario dell’Ilva, è arrivato alla sede del ministero preceduto dall’amministratore delegato di UniCredit, Federico Ghizzoni, dal direttore generale del gruppo Intesa Sanpaolo e amministratore delegato di Banca Imi, Gaetano Micciché e da Pier Francesco Saviotti, ad di Banco Popolare. Interpellati dai giornalisti presenti in ragione di quanto discusso nell’incontro nella sede di via Veneto del ministero, i tre top manager non hanno voluto commentare. Soltanto Micciché ha dichiarato che “Bondi ci ha fornito un quadro generale della situazione”.

Le banche presenti all’incontro, qualora qualcuno non lo ricordasse, sono le stesse verso cui l’Ilva Spa è ancora esposta finanziariamente. Ma sono anche le stesse che nel mese di settembre riattivarono i fidi bancari per far ripartire le attività delle imprese della Riva Acciaio. E come scriviamo da tempo, saranno le stesse che finanzieranno l’eventuale piano industriale (che Bondi ha affidato alla McKinsey & Company, nota multinazionale di consulenza di direzione, che negli anni ha inanellato una serie di insuccessi, tanto da prendersi le critiche del Financial Times e del The Economist, oltre ad avere l’onore di libri dedicati ad “una serie di errori grossolani e disastri che si imputano ad errori di consulenti della McKinsey”) che il commissario Ilva presenterà una volta che il piano ambientale sarà approvato dal ministero dell’Ambiente Andrea Orlando entro il prossimo 28 febbraio.

Ammesso e non concesso che quest’ultimo sarà mai realizzato. Visto che come dichiarato dallo stesso Bondi durante l’audizione in commissione Ambiente alla Camera lo scorso 27 dicembre, l’azienda non possiede le risorse per far partire i lavori previsti dall’AIA. E che le stesse dovranno per forza di cose arrivare soltanto attraverso un aumento di capitale che immetta risorse finanziarie fresche ed immediatamente spendibili nella casse dell’Ilva Spa. Aumento di capitale che pare debba aggirarsi tra i 1,2-1,5 miliardi di euro. Ecco perché l’incontro di ieri è stato del tutto interlocutorio. Del resto, le banche non finanzieranno mai un piano industriale all’Ilva nel momento in cui sarà definitivamente chiaro che l’azienda non potrà effettuare i lavori di risanamento previsti e quindi si dirigerà a vele spiegate verso una chiusura definitiva.

Certo, per ovviare a queste soluzione le si proverà tutte. Ad esempio pare si stia lavorando ad un emendamento per convincere i Riva ad effettuare l’aumento di capitale, dopo la presentazione del piano industriale da parte di Bondi. A fronte di una risposta negativa, si passerebbe a sondare il mercato per eventuali azionisti interessati a rilevare quote dell’Ilva Spa. Non è un caso infatti, se tra i 350 emendamenti presentati alla commissione Ambiente della Camera, ve ne sia uno che preveda la possibilità che le somme per l’attuazione dell’AIA possano esser richieste al Fondo strategico italiano Spa, istituito alla Cassa depositi e prestiti che in cambio otterrebbe quote azionarie della società che possiede lo stabilimento, proprio come scrivemmo il mese scorso ed anticipammo nel 2012. Soluzioni precarie, ma “inevitabili” per il governo. Pare infatti che a Roma pare si siano finalmente convinti che entrare in possesso degli 1,9 miliardi sequestrati dalla Procura di Milano al gruppo Riva nell’ambito dell’inchiesta per frode fiscale (eventualità prevista nel decreto 136 del 3 dicembre scorso, la maggior parte di quelle risorse sono peraltro confluite nel Fondo Giustizia), sarà pressoché impossibile, se non al termine del processo, che però deve ancora iniziare. Ci provano, insomma. Ma sono gli ultimi, estremi tentativi, prima dell’inevitabile fine.

 Gianmario Leone (TarantoOggi, 9 gennaio 2014)

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