Buon anno, Taranto
Ho due mari. Due anime. Forse mille. Un cuore che palpita troppo o troppo poco. Irregolare come il battito di chi non sa dosare bene le energie. Sono una madre che sta diventando orfana dei propri figli. Una creatura immobile, incapace di staccarsi dal suo male più grande, perché senza non riesce a vivere. Per decenni, ho sepolto con polvere malata uomini, donne, bambini. Eppure, tra i miei figli, in tanti (ma non abbastanza) hanno scelto di ribellarsi, di sbattere i pugni sul tavolo e urlare la loro indignazione. Molti hanno dovuto morire. Altri hanno smesso di voltare le spalle davanti allo scempio della mia terra, della mia aria, del mio cielo. A loro ho chiesto di amarmi, proteggermi, concedermi un altro respiro. Far sì che tutti conoscano ciò che più mi appartiene: venti, maree, sorgenti di acqua dolce nel bel mezzo di un mare salato.
Per un giorno ho visto sessantamila persone cantare insieme per riprendersi i diritti negati e non sottostare più ai ricatti di padroni privi di scrupoli e coscienza. Ma un solo giorno non basta. Ce ne vorranno altri. Ed altri ancora. Diversi o uguali a quello. Giorni non solo protesi a rallentare una discesa, ma orientati a favorire una risalita. La risalita. Giorni non più dedicati a raccogliere le macerie di una Città Vecchia che frana nell’incuria. Giorni di menti aperte e braccia giovani, armate di vanga e rastrello, pronte a spazzare via il degrado dei quartieri e a riappropriarsi degli spazi abbandonati. Giorni di ostinazione e grinta, spesi alla ricerca di alternative alla grande industria inquinante. Giorni non rassegnati a scelte calate dall’alto che salvano una fabbrica e inchiodano la mia anima. Desidero che il 2014 sia pieno di questi giorni. Nulla dovrà essere off limits per il coraggio e la speranza. Lo dico ai miei figli con la schiena dritta. A tutti quelli che hanno deciso di permettersi un futuro che segnato (forse) ancora non è.
La voce di Taranto
A cura di Alessandra Congedo e Valentina Pellegrino