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Mar Piccolo, le associazioni ambientaliste chiedono bonifica non invasiva

TARANTO – Come già riportato dal nostro sito, ieri si è riunita la Cabina di Regia sulle attività di bonifica del Sin di Taranto e Statte. Nel corso del pomeriggio si è svolto un incontro aperto alle associazioni ambientaliste. Taranto Respira, Altamarea, WWF, Peacelink, Taranto lider hanno consegnato all’ingegner Antonicelli (coordinatore) un documento che si sofferma sugli interventi da attuare per il recupero del primo seno di mar Piccolo. Le stesse associazioni hanno ufficialmente chiesto che venga prorogata la scadenza per la presentazione dei progetti “per evitare che, ancora una volta, le somme stanziate per le bonifiche del nostro territorio,vengano distratte altrove”. Riportiamo di seguito il documento integrale.

Osservazioni in merito alle future attività di bonifica del Mar Piccolo

Punto 1 – Individuazione ed eliminazione delle fonti inquinanti

Ogni operazione di bonifica non è utile fin quando le fonti di contaminazione persistono e immettono nuovi inquinanti nel sistema. Senza un censimento delle fonti inquinanti che insistono sul Mar Piccolo e senza l’eliminazione delle stesse, non ha alcun senso bonificare. L’individuazione e la mappatura delle fonti inquinanti potrebbero essere effettuate mediante tecniche di telerilevamento ambientale che fornirebbero l’esatta localizzazione delle sorgenti di contaminazione sul territorio e in mare. Necessaria è anche l’individuazione del percorso degli inquinanti e di come raggiungono il bacino del Mar Piccolo (ricaduta dall’atmosfera, dilavamento di suoli contaminati, apporto dal Mar Grande per l’effetto di richiamo dell’idrovora dell’ILVA, apporto dai corsi d’acqua e dai canali che sversano reflui, apporto tramite la falda e i citri, apporto tramite il percolato delle discariche). Questo è il primo indispensabile passo per progettare una successiva ed efficace opera di bonifica dell’area costiera e sottomarina.

Punto 2 – Bonifica e messa in sicurezza delle aree di competenza della Marina Militare (ex area IP, area Gittata, zona 170 ha) e della cava in località San Marco (Statte)

La grave situazione di contaminazione ambientale di queste aree è ben nota da molto tempo, ma ancora non si è giunti ad una conclusione su come bonificare questi siti che continuano a contaminare l’acqua di falda e il Mar Piccolo. Non si è giunti neanche alla messa in sicurezza dei siti, nonostante la caratterizzazione ambientale sia stata già effettuata in maniera puntuale e siano stati già siglati degli accordi riguardanti i predetti interventi.

Punto 3 – Bonifica dell’area costiera e rimozione dei rifiuti dalle sponde e dai fondali

La bonifica deve necessariamente iniziare rimuovendo i rifiuti grossolani accumulati per anni sia sulle sponde che sui fondali del Mar Piccolo. Le aree costiere sono ricoperte da cumuli di rifiuti di vario genere tra cui lastre di amianto e rifiuti plastici che vengono inceneriti con conseguenti esalazioni tossiche. Sui fondali, inoltre, sono presenti numerose carcasse di autoveicoli e fusti contenenti sostanze non identificate. Potenzialmente pericolosi sono i residuati bellici ancora presenti sul fondo del primo seno.

Punto 4 – Bonifica non invasiva dei sedimenti del primo seno del Mar Piccolo

Nonostante l’inquinamento, il primo seno del Mar Piccolo custodisce un patrimonio di inestimabile valore naturalistico (alti valori di biodiversità animale e vegetale, presenza di specie protette dalla legislazione vigente). È impensabile effettuare un’operazione fortemente invasiva di rimozione meccanica dei sedimenti (mediante dragaggio o aspirazione) che arrecherebbe danni all’ecosistema e peggiorerebbe la qualità delle acque compromettendo le attività di mitilicoltura. La movimentazione dei sedimenti, infatti, renderebbe gli inquinanti nuovamente bioaccumulabili dai mitili. Inoltre, la rimozione dei sedimenti comporterebbe la produzione di un’enorme mole di materiale seriamente contaminato da stoccare/trattare.

BIO2REMEDIATION

La tecnologia di BIO2REMEDIATION messa a punto dal Prof. G. Ravagnan dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dal Dr. Maurizio Bonardi dell’ISMAR CNR, ha come obiettivo quello di stimolare la biodegradazione aerobica di composti inquinanti presenti nei sedimenti. La tecnologia prevede l’ossigenazione forzata dei sedimenti che favorisce la degradazione degli inquinanti mediata dalla comunità microbica e crea una sorta di biocapping che contiene la dispersione degli inquinanti intrappolati nel sedimento sottostante in fase anossica (senza ossigeno). La tecnica è stata sperimentata nella laguna di Venezia con risultati incoraggianti riguardanti sia la degradazione di inquinanti organici persistenti come gli idrocarburi sia la riduzione della concentrazione di metalli pesanti nello strato superficiale dei sedimenti.

Conclusioni

Il primo seno del Mar Piccolo custodisce un patrimonio ambientale di inestimabile valore oltre ad essere sede della tradizionale mitilicoltura tarantina da secoli. È dovere delle Istituzioni proteggere tale patrimonio ambientale e culturale da ulteriori impatti e da scelte irresponsabili come quella di rimuovere meccanicamente i sedimenti contaminati. Il D.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha introdotto nella parte iniziale del D.lgs. n. 152 del 2006, gli articoli da 3 bis a 3 sexies, con i quali si richiama nel Codice dell’Ambiente il principio dello sviluppo sostenibile e il principio di precauzione. Quest’ultimo impone di esercitare un’azione finalizzata alla salvaguardia della salute umana e dell’ecosistema in funzione preventiva. Il ruolo finalizzato alla salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente deve essere a maggior ragione svolto quando sussistono prove scientifiche che illustrano come un’operazione di bonifica mediante dragaggio o aspirazione dei sedimenti provocherebbe danni all’ecosistema in tutte le sue forme. La bonifica non invasiva del Mar Piccolo avrebbe invece lo scopo di salvaguardare l’ambiente marino, ma anche le tradizionali attività legate al mare e alle sue risorse perpetuate per secoli e ora ingiustamente messe in ginocchio, come la piccola pesca, la mitilicoltura e l’artigianato legato al mare che dovrebbero tornare ad essere la vera vocazione della città di Taranto.

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