Ilva, Legambiente: “Non accettabile il ritardo per il Piano ambientale”

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ilva euOggi alle 14 audizione di Legambiente alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati sulle norme del Decreto sulla Terra dei Fuochi e sull’Ilva. Anticipiamo, relativamente alle questioni attinenti lo stabilimento siderurgico di Taranto, una sintesi del contenuto dell’Audizione. Riteniamo innanzitutto non accettabile l’ulteriore allungamento dei tempi previsti per l’adozione del Piano delle  misure  e delle attività di tutela  ambientale  e  sanitaria.

Lo schema del Piano è stato reso pubblico l’11 ottobre 2013,  circa un mese  dopo la scadenza indicata dalla stessa legge 89  per la  sua predisposizione e proposta al Ministro dell’Ambiente, (il termine indicato nella L. 89 è sessanta giorni dalla nomina del comitato di tre esperti incaricati della redazione). L’11 novembre è scaduto il termine per la presentazione di eventuali Osservazioni, che avrebbero dovuto essere  valutate  dal  comitato  ai  fini della definitiva proposta entro il termine di centoventi giorni dalla nomina del comitato stesso. Dalla data di presentazione della proposta definitiva, sempre secondo la legge 89, decorrono i 15 giorni entro i quali  il Piano,  che  equivale  a  modifica  dell’A.I.A. –  limitatamente  alla modulazione dei tempi di attuazione delle relative prescrizioni – andrebbe approvato con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Regione competente.

L’art. 7 del Decreto in esame stabilisce  che la proposta del Ministro dell’Ambiente sia formulata “non oltre quarantacinque giorni dal ricevimento della proposta del comitato di esperti” e che il Ministro dell’Ambiente, al fine della formulazione della proposta, acquisisca il parere del Commissario straordinario e quello della Regione competente (da rendere entro sette giorni dalla richiesta, decorsi i quali la proposta del Ministro può essere formulata anche senza i pareri richiesti).

Lo stesso articolo indica inoltre  che il Piano delle  misure  e delle attività di tutela  ambientale  e  sanitaria sia approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Ambiente, entro quindici giorni dalla proposta e comunque entro il 28 febbraio 2014. Di fatto, senza alcuna motivazione, i tempi di adozione del Piano vengono posposti, rispetto alle indicazioni originarie, di oltre tre mesi. Allo stato, tra l’altro, la proposta definitiva del comitato degli esperti non è stata resa ancora nota.

Pur considerando  il ritardo  conseguente alla pubblicizzazione solo in data 11 ottobre dello schema del Piano,  riteniamo che, decorso ormai quasi un mese dalla scadenza del termine previsto per l’invio delle Osservazioni,  sia necessario procedere con urgenza alla  presentazione della versione definitiva del Piano stesso da parte del comitato degli esperti (che ci auguriamo accolga le Osservazioni presentate da Legambiente e protocollate con nota CSE086/2013) ed alla sua definitiva approvazione.

Solo dopo, infatti, scatterà  il termine di ulteriori trenta giorni entro cui  il Commissario straordinario dovrà  predisporre il piano industriale  che consenta la continuazione  dell’attività produttiva  nel  rispetto delle prescrizioni di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza  contenute nel Piano delle  misure  e delle attività di tutela  ambientale  e  sanitaria. Dalla presentazione del piano industriale decorreranno poi gli ulteriori 15 giorni assegnati al Ministro dello Sviluppo Economico per la formulazione della relativa proposta e solo dopo si potrà avere l’approvazione con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.  E’ evidente che lo slittamento dei termini di approvazione del Piano delle  misure  e delle attività di tutela  ambientale  e  sanitaria comporta inevitabilmente un ulteriore slittamento dell’adozione del Piano Industriale e quindi delle concrete indicazioni temporali ed economiche di attuazione degli interventi necessari al risanamento dello stabilimento.

E’ un fatto grave: le continue proroghe stanno determinando un crollo della fiducia dei tarantini verso le istituzioni e alimentando l’angoscia di una città colpita nel suo diritto a coniugare salute, ambiente e lavoro. La certezza dei tempi di attuazione degli interventi previsti dall’AIA, unitamente al puntuale monitoraggio della qualità dell’aria e delle altre matrici ambientali, ed alla verifica dell’efficacia delle misure adottate, costituiscono una necessità assoluta. Torniamo infine a  denunciare quella che non esitiamo a definire una drammatica beffa, ossia il decreto interministeriale sulla Valutazione del Danno Sanitario (VDS) approvato definitivamente lo scorso 23 agosto che indica criteri – peraltro fortemente contestati su un recente numero di Epidemiologia e Prevenzione in un saggio di Bianchi – Forastiere – Terracini- che consentono una valutazione delle ricadute sulla salute solo ad AIA completamente attuata. Ne consegue quindi che se le misure attuate si rivelassero inefficaci a minimizzare entro i limiti consentiti l’impatto sanitario, la regione Puglia potrebbe chiedere la riapertura dell’AIA solo nel secondo semestre del 2016.

Nella legge regionale pugliese è previsto invece che la VDS sia fatta anche sulla base di proiezioni dei risultati attesi sulla salute dall’attuazione di determinate misure di protezione ambientale, proiezioni effettuate con metodiche largamente utilizzate a livello internazionale in paesi come gli USA per esempio. Pertanto, nonostante la VDS effettuata da ARPA PUGLIA ci consegni un quadro ad AIA attuata non ancora accettabile per la salute dei cittadini, non sarà comunque possibile per la Regione Puglia (e in generale per le Regioni interessate da impianti di interesse strategico nazionale) chiedere la riapertura dell’AIA prima del 2016 e cioè solo dopo aver contato eventuali altri morti e malati a causa dell’inquinamento prodotto dagli impianti. Chiediamo pertanto che si introducano norme che modifichino quel decreto interministeriale facendo proprie le indicazioni della legge adottata in materia dalla Regione Puglia.

Nota stampa di Legambiente

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