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Ilva e bonifiche, Millarte (Wwf): “Le istituzioni devono ascoltarci”

TARANTO – Ci sono diritti che non sono presi in considerazione. Ci sono violenze perpetrate su tutti: donne, bambini, uomini. Ci sono persone che non riconoscono questi diritti.  Oggi ho trovato in rete un quadro di Luisa Barba, simbolo dello stupro che devono subire le donne a Taranto. Un colpo allo stomaco. La realtà che ci racconta quello che non vogliamo sentire. La mente non vuole accettare. Nasconde a se stessa le proprie paure. Ciò aiuta a vivere, ma fa morire più velocemente.

I cittadini di Taranto non sono stati ascoltati quasi mai e quando è accaduto le loro proposte sono state cestinate dalle istituzioni. Abbiamo provato a parlare con i vertici della Regione, del Comune, della Provincia, ma non avevamo i loro numeri. Dovevamo passare per le forche caudine delle segretarie e degli uffici, mille rivoli utilizzati dal potere per non ascoltare il nostro grido di allarme. Mentre in Regione si cercava di aiutare i Riva a trovare stratagemmi per salvare il loro profitto, con la scusa del lavoro, noi chiedevamo di poter intervenire.

Anche nella cabina di regia istituita a Taranto, luogo Istituzionale, dove si dovrebbe decidere delle bonifiche esterne al recinto Ilva, noi cittadini non siamo ben accetti. Mentre sono presenti tutte le forze che in questi anni hanno perpetrato il disastro di Taranto. Veniamo trattati come quelli che vogliono rallentare il processo di affermazione del profitto sulla nostra pelle.

È capitato al Wwf Taranto, al Comitato Liberi e Pensanti ad altri movimenti che in questo anno sono stati chiamati a partecipare anche per una sola volta, poi allontanati, per aver chiesto maggiore incisività sulle bonifiche, o per aver detto che non si può assolutamente bonificare un territorio con le fonti inquinanti attive. Anche se ci vorranno 300 anni per tornare agli attuali livelli di inquinamento, i bambini che frequentano le scuole dei Tamburi non sono al sicuro. Le emissioni sono continue, anche se minori. La differenza è nella quantità e nell’effetto, mentre un’alta dose è letale in poco tempo, una piccola dose per lungo tempo, modifica la nostra vita senza che ce ne accorgiamo (o ce ne accorgiamo troppo tardi).

Ora, la storia si ripete.  Ronchi e Bondi, anche se sollecitati, si chiudono e respingono le nostre osservazioni. Devono dare conto al Governo. Lo stabilimento di Taranto deve vivere oltre ogni ragionevole dubbio. Solo che noi non siamo per nulla d’accordo. Tutti vengono a dirci che si può fare, forse perché affezionati a quel “Yes I can” di Obama a cui si ispirano i cosiddetti democratici italiani. Affermano che si può rispettare il 70% dell’Aia perché mancano i soldi, eppure si continua a insistere su una strada in salita e di cui non si vede la fine.

Bondi e Ronchi avvertono che le banche hanno stretto i cordoni della borsa e che forse lasciano le redini dell’azienda se non avranno mani libere. Eppure il disastro a cui siamo stati sottoposti richiederebbe ben altro rispetto. Così come dopo una guerra è necessario offrire una nuova speranza per la rinascita della società, cosi il disastro di Taranto dovrebbe essere visto come un’opportunità.  L’iniziativa deve essere un volano per nuovi investimenti, per dare risposte alle giuste aspirazioni della cittadinanza. Pensiamo alle zone franche, all’istituzione di un parco marino nel Mar Piccolo e tra le isole di San Paolo e San Pietro. Si potrebbe istituire una legge speciale per Taranto che sviluppi la ricerca per le bonifiche con risorse autoctone.

Durante l’incontro promosso dal gruppo O.P.E.R.A., il Wwf Taranto ha avuto la possibilità di esporre un piano per la rigenerazione del Mar Piccolo, utilizzando un diverso tipo di intervento. Nessuna bonifica può chiamarsi tale se danneggia ulteriormente il mar Piccolo. I dragaggi, le colmate, hanno un limite e non possono risolvere il problema nella sua interezza. Abbiamo bisogno di un piano di rigenerazione che tenga conto anche dello sviluppo economico collegato alla fruizione turistica. Non basta grattare un pezzo di mare per dare una possibilità di sviluppo a Taranto.

La proposta del Wwf Taranto non vuole essere il verbo, ma un punto di partenza per discutere insieme il metodo meno impattante possibile per la bonifica. Anche questa piccola associazione ha elementi preparati, con lauree specifiche in grado di indicare una soluzione. Abbiamo diritto ad essere ascoltati. Indipendentemente dall’Aia, il processo produttivo resta uguale: avremo sempre un’area a caldo. E questo non ci sta bene! Ci sono altre possibilità, individuiamole insieme.  Lo scorso  4 novembre, il Wwf Italia – insieme al Wwf Taranto –  ha consegnato delle osservazioni al ministero dell’Ambiente. Vedremo cosa accadrà. Quali proposte migliorative saranno accettate? Quali risposte arriveranno rispetto alle garanzie richieste? Infine, vedremo se ci sarà un incontro per la presentazione del piano industriale.

Fabio Millarte, presidente del Wwf Taranto

 

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