Natuzzi, rabbia operaia – I lavoratori esprimono dubbi su accordo di ottobre
TARANTO – L’accordo siglato a Roma lo scorso 10 ottobre al MiSE sulla vertenza Natuzzi, ha sollevato in noi più di qualche dubbio. Stesso discorso dicasi per i lavoratori del sito di Ginosa, che come previsto dall’intesa siglata lo scorso mese in via Veneto, chiuderà i battenti al pari del sito “La Martella” di Matera. L’azienda ha infatti affidato ad una società esterna la realizzazione delle prime due nuove new.co proprio nei due siti in questione, come peraltro richiesto dai sindacati, con i lavoratori che torneranno al lavoro, nelle previsioni entro la prossima primavera, grazie al rientro in Italia della linea attualmente prodotta in Romania (“Leather Editions”).
Una linea che secondo le previsioni dei tecnici del gruppo, avrà nel prossimo futuro una crescita di fatturato importante, in base alla quale si potrebbero creare in Puglia altri 200 posti di lavoro. Il piano per il riassorbimento degli esuberi (dai 1726 annunciati dall’azienda il 1 luglio si è passati ai 1506 dell’accordo del 10 ottobre) si dovrebbe completare poi con la creazione di una nuova “linea notte” di complementi d’arredo che la Natuzzi affiderà ad un’altra new.co. Con questa nuova linea produttiva l’azienda conta di recuperare altri 150 posti di lavoro, con i sindacati che hanno annunciato la richiesta di trasferimento di questa linea negli stabilimenti in provincia di Bari.
Ma i lavoratori del sito Natuzzi di Ginosa, esprimono forti dubbi già in merito “alla fattibilità di tali progetti che, assorbiranno ingenti risorse pubbliche ed allo stesso tempo vedrà rioccupata una nicchia di lavoratori in esubero dichiarato”. Inoltre, non sono convinti della priorità data alla reindustrializzazione del sito di Ginosa, stabilimento “per noi innovativo tecnologicamente e produttivo più degli altri”, perché l’intento nel verbale è “scritto in modo ambiguo e lasciato all’interpretazione di chi legge”, specie in questo periodo: “Inoltre Natuzzi si rende disponibile a favorire le iniziative di cui sopra nei siti dismessi o in dismissione, ed in via prioritaria in quello di Ginosa nonché successivamente a partire in quello di Lamartella e Santeramo”: che può voler dire tutto e niente, appunto.
Inoltre, così come sta accadendo in questi giorni anche per quanto riguarda la vertenza della Vestas Nacelles, i lavoratori di Ginosa sottolineano come siano poco chiari “i criteri di scelta del personale che resterà in Natuzzi: da quanto scritto nel verbale dell’accordo, i criteri tecnico organizzativi e produttivi sono al primo posto e saranno l’ago della bilancia che dà all’impresa la scelta del personale secondo i suoi canoni e principi: altro che criteri della 223/91”. Entro fine anno l’azienda compilerà la lista di chi rimane in Natuzzi (che appunto dovrebbe avvenire ai sensi della legge 223): soltanto allora si saprà quanti andranno via volontariamente e quanti saranno reimpiegati nelle new.co.
Ed ancora: “Quale sarà il tetto minimo del capitale sociale delle new.co? Quali i criteri di chi andrà a lavorarci? Quali le condizioni salariali che si andranno a creare? (con i lavoratori che temono i minimi contrattuali pur avendo maturato negli anni un’elevata maestranza e laboriosità)”. A fronte di questi dubbi, i lavoratori del sito di Ginosa si chiedono come “può un sindacato vigilare se negli stessi accordi firmati da esso sono interpretativi e lasciano mano libera all’imprenditore? Come potrà vigilare la RSU sé non invitata agli incontri sfornita di documentazione di individuazione?”.
Dubbi che tra l’altro i lavoratori non hanno potuto esprimere in quanto, come essi stessi denunciano, “il 9 ottobre nell’assemblea sindacale, presiedute dalle organizzazioni sindacali a tutti i livelli, siamo stati messi di fronte al fatto compiuto: o accettate quest’accordo o tutti a casa. Non siamo stati messi nelle condizioni di decidere democraticamente un percorso importantissimo del nostro futuro lavorativo con un referendum: questo modo di fare non ci è piaciuto, auspicavamo la democrazia da qualcuno di cui sopra, ma questo qualcuno evidentemente non la conosce”. Evento che i lavoratori non hanno affatto digerito, specie di fronte al fatto di essere “i lavoratori più sindacalizzati di tutto il gruppo in cui il dato di produttività dello stabilimento era ed è il più alto di tutti i siti della Natuzzi, alla faccia di chi dice il contrario”.
Una beffa per chi ha sempre lavorato duramente e con professionalità: e che ha visto chiudere l’azienda nel giro di pochi giorni. Il 9 novembre è toccato al reparto cucito, mentre il 12 è stata la volta dell’assemblaggio. Sabato 16 invece, è stato l’ultimo giorno di produzione per lo stabilimento di contrada Bandiera. E pensare che in quell’azienda era anche presente “Radio Natuzzi” durante le pause di lavoro, ed era stato promesso ai lavoratori che c’era lavoro per loro ed i loro figli. In questi giorni intanto partirà l’inventario, che sarà comunicato ai sindacati, per evitare che la partenza di macchinari e forniture possa creare nuove tensioni tra i lavoratori. L’obiettivo è arrivare a giugno prossimo con la gran parte dell’accordo attuato: queste, almeno, le intenzioni dei sindacati. Ma dopo l’accordo del 10 ottobre e la prima cabina di regia riunitasi lo scorso 6 novembre, i lavoratori vogliono essere protagonisti in vista dei vari passaggi dell’attuazione dell’accordo. “Considerando l’importanza degli incontri futuri – sostengono – abbiamo chiesto alle OO.SS che riteniamo indispensabile ed imprescindibile che le RSU designate a rappresentarci nella cabina di regia e/o nel coordinamento degli stessi incontri, vengano scelte dagli iscritti e non iscritti alle OO.SS con voto democratico dall’organico in atto, sperando che non ci venga tolto anche questo diritto”. Difficile dar loro torto.
G. Leone (TarantoOggi, 20.11.2013)