Dei lavori del porto, come riportato nei giorni scorsi, se n’è discusso venerdì a Roma nell’ennesima riunione al DISET, il Dipartimento delle economie territoriali che fa capo alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Nell’incontro l’Autorità portuale ha reso noto il nuovo piano relativamente ai tempi dei lavori infrastrutturali al terminal container. Il quale prevede che l’ammodernamento della banchina – che secondo quanto previsto dall’accordo di giugno 2012 doveva concludersi a dicembre 2014 – adesso sia posticipato di un anno: a dicembre 2015. In particolare l’Autorità portuale conta di ultimare a dicembre 2015 i primi 600 metri su 1200 di banchina del polisettoriale. Insieme ai lavori di dragaggio del corrispondente specchio di mare con la profondità dei fondali che sarà portata a 16,50 metri, TCT potrà operare e rilanciare il traffico container che negli ultimi due anni a Taranto, anche per effetto della crisi, marca un costante e continuo regresso in termini di movimentazione. I successivi 600 metri di banchina l’Authority prevede invece di completarli entro giugno 2016: questo quanto meno nelle intenzioni.
Gli azionisti di TCT – e in particolare i due di maggior peso Hutchinson ed Evergreen – vorrebbero invece che tutti i lavori venissero ultimati a dicembre 2015 essendo già maturato un ritardo sulla prima tabella di marcia, ma l’Authority ha preso sei mesi di tempo in più sia per una valutazione tecnica di carattere prudenziale, sia perché questi sono anche i tempi che si ricavano dagli stessi progettisti di TCT. Dopo che l’accordo sui nuovi tempi dei lavori sarà stato perfezionato e accettato da tutte le parti, si sottoscriverà una nuova intesa.
Il problema è che lavori di ammodernamento non possono essere disgiunti dalle opere di movimentazione dei sedimenti marini in area SIN (Sito di Interesse Nazionale). Dal ministero dell’Ambiente infatti, non è ancora arrivata la VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) che dia l’ok al progetto. Questo nonostante l’Autorità portuale abbia ottenuto nel mese di agosto dalla direzione generale del ministero delle Infrastrutture e Trasporti il decreto di approvazione del progetto definitivo: atto poi trasmesso al Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Ma oramai a Taranto, con le questioni ambientali, non si può più scherzare. E nessuno vuole più assumersi la responsabilità di rilasciare qualsivoglia autorizzazione, senza prima essere certo al 100% di non sbagliare. Non è un caso se ARPA Puglia e Regione abbiano chiesto un ulteriore studio per i dragaggi, propedeutico all’avvio dei lavori: si tratta di uno studio correntometrico, finalizzato alla definizione delle caratteristiche idrodinamiche del sito e che consente, attraverso l’implementazione di un modello di dispersione, di individuare l’areale di distribuzione e d’impatto nel caso si verifichi un fenomeno di diffusione accidentale di sostanze inquinanti e contribuire alla definizione della vulnerabilità del sito, da un punto di vista idrodinamico.
Esso rappresenta uno strumento necessario anche alla definizione di un corretto disegno di campionamento delle matrici ambientali. E’ dunque oramai chiaro che senza VIA da parte del ministero dell’Ambiente (che attende l’ok da parte di ARPA e Regione Puglia), come peraltro ribadito dallo stesso ministro Andrea Orlando in occasione del convegno sull’Ilva a Taranto l’8 novembre scorso, i lavori per il dragaggio non partiranno. E senza di essi, il futuro del porto di Taranto naufragherà insieme a tutto il resto, visto che parliamo di circa 2.300.000 metri cubi di fondale da bonificare. E parte di essi parte sono “contaminati”.
Non è un caso se il 5 novembre 2009 fu sottoscritto un protocollo di intesa tra Ministero dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dei Trasporti, dello Sviluppo Economico, Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto, Autorità Portuale e Sogesid S.p.A., che evidenziava la necessità di attivare sul SIN di Taranto interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica della falda. In particolare furono individuate prioritarie le seguenti urgenti attività: la messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera nonché dei suoli demaniali e il dragaggio ai fini della bonifica.
Del resto, già nel progetto preliminare della Sogesid del 2010 si leggeva testualmente che “il marginamento lato terra, per poter confinare la cassa di colmata, prosegue lungo il lato lungo del V° sporgente per circa 1000 metri e si chiude sulla testata del medesimo sporgente per ulteriori 250 metri. La lunghezza totale del marginamento lato terra è pari a circa 1500 metri, contro i complessivi 3000 metri circa di quello a mare. Trincea drenate a tergo del marginamento lato terra (ILVA) che avrà lo scopo di intercettare la falda proveniente dell’area laminati ILVA per un fronte di circa 250 metri, in analogia con quanto previsto nel progetto esecutivo della bonifica e messa in sicurezza della falda dell’area ex Yard Belleli”.
Intanto giovedì, la commissione tecnica insediata dall’Autorità Portuale aprirà le buste con le offerte economiche delle 11 imprese candidatesi ad eseguire l’intervento dei lavori al molo polisettoriale. Se non ci saranno offerte “anomale”, si potrà procedere con l’assegnazione provvisoria e aprire il cantiere il prossimo 1 febbraio. Ammodernamento della banchina e dragaggio costeranno rispettivamente – si tratta di fondi dell’Authority – 65 e 85 milioni e fanno parte di un pacchetto infrastrutturale che arriva a 200 milioni con altri interventi – prevista anche la costruzione di una diga foranea a protezione del molo che però avrà tempi diversi. E’ bene ricordare che la stessa TCT, nell’ambito dello stesso accordo, si è impegnata ad investire un centinaio di milioni di euro in gru e nuove attrezzature. A breve ne sapremo senz’altro di più.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 19.11.2013)
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