L’australiano Colin Russell è dunque il primo al quale è stata confermata la detenzione fino al 24 febbraio. Per lui sono state rifiutate sia la richiesta di scarcerazione su cauzione che la concessione degli arresti domiciliari. Prima che gli fosse comunicata la sentenza, Colin ha dichiarato al giudice: “Non ho fatto nulla di male e non capisco le ragioni della detenzione. Sono stato in carcere duro per due mesi per nulla”.
Appresa la notizia, il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo, ha commentato: “Le autorità affermano di aver bisogno di altri tre mesi per investigare su un reato immaginario sul quale non hanno giurisdizione. Dicono che devono tenere in carcere queste donne e uomini coraggiosi fino a febbraio per provare un crimine che non hanno commesso. Questo caso ormai è un circo. I nostri amici ora potrebbero rimanere in carcere per mesi solo perché hanno agito per la difesa dell’Artico. Perseguiremo ogni via legale e batteremo ogni strada percorribile finché ognuno di loro non tornerà a casa con la sua famiglia. Ci auguriamo che venerdì il Tribunale marittimo internazionale ordini la loro scarcerazione”
Gli avvocati di Greenpeace ricorreranno in appello per chiedere la scarcerazione su cauzione, che – se concessa – potrebbe comunque essere soggetta a limitazioni del diritto di libera circolazione. Il tribunale non sta chiedendo l’estensione della detenzione per pirateria, l’accusa inizialmente mossa agli Arctic30, anche se questa non è ancora formalmente decaduta. Perché ciò accada infatti è necessario un atto formale che, nonostante le molte richieste dei legali di Greenpeace, non è ancora avvenuto.
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