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Tempo tuta, esposto dei “Liberi e Pensanti”: “L’accordo tra Ilva e sindacati nasconde una truffa?”

TARANTO – “L’accordo del 15 dicembre 2011 tra Ilva e Fim, Fiom e Uilm rappresenta solo un errore madornale o una truffa in danno dei lavoratori?”. E’ l’inquietante interrogativo che pone il comitato “Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti” che proprio ieri ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica affinché approfondisca il caso. Si tratta di un accordo legato alla vicenda del “Tempo tuta”. Secondo la denuncia dei “Liberi e Pensanti”, l’Ilva avrà conseguito, a fine 2013,  un profitto di 15.906.240 euro. Cifra che sarebbe stata anche calcolata per difetto.

Ma entriamo nei dettagli, illustrati questa mattina nel corso di una conferenza stampa tenuta presso la sede di via Santilli da Massimo Battista e Cataldo Ranieri insieme all’avvocato Francesco Nevoli. Il 10 settembre 2013 è stata depositata la sentenza n. 20174/2013 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, relativa ai lavoratori dell’Ilva di Cornigliano (Genova), uno stabilimento più piccolo rispetto a quello ionico. Un particolare da tenere bene in mente. Nella pronuncia si legge che vanno retribuite con la maggiorazione del compenso per lavoro straordinario sia il cosiddetto “tempo tuta”, ossia il tempo necessario a ciascun lavoratore per indossare e poi togliere gli indumenti di lavoro, sia il cosiddetto “tempo di percorrenza”, cioè il tempo necessario per coprire la distanza tra lo spogliatoio e il  reparto assegnato.

Nell’antecedente grado di merito, la Corte di Appello di Milano (sentenza n. 582/2009), con argomentazioni ritenute dalla Cassazione immuni da censure – aveva determinato in venti minuti giornalieri, da retribuire come lavoro straordinario, il “tempo tuta” e il “tempo di percorrenza”. I “Liberi e Pensanti” fanno notare che questi tempi non sarebbero congrui per i lavoratori dello stabilimento di Taranto che devono coprire distanze sicuramente maggiori rispetto ai loro colleghi liguri. Ma torniamo alla sentenza della Cassazione. I suoi contenuti non rappresentano una clamorosa novità dal punto di vista giuridico, ma piuttosto una conferma di quanto già affermato in una sentenza del 2003.

Il 15 dicembre 2011, quando l’orientamento giurisprudenziale era già noto agli addetti ai lavori, è stato raggiunto un accordo tra Ilva Spa e le segreterie territoriali di Fim, Fiom e UIlm da applicare allo stabilmento tarantino che prevede un “premio di presenza” pari a 1,95 euro per giornata di presenza, con decorrenza dall’1 gennaio 2012. Inoltre, l’accordo stabiliva l’erogazione ai lavoratori, aventi un’anzianita minima di cinque anni e pro quota in caso di anzianità inferiore, una somma una tantum forfettaria di 1.750 euro lordi da corrispondere in due tranches: una di 1.000 euro, l’altra di 750 euro. L’elargizione di quanto pattuito veniva condizionata all’adesione dei singoli lavoratori all’accordo.

L’avvocato Nevoli ha spiegato che firmando quell’accordo i lavoratori dichiaravano “di non aver null’altro a pretendere da Ilva per i titoli e le causali oggetto del presente accordo transattivo e per ogni controversia attuale o anche solo potenziale avente ad oggetto istituti di legge e contrattuali oggetto dell’Accordo sindacale del 15.12.2011”. Un accordo che è stato firmato da circa 8.000 lavoratori con l’assistenza e alla presenza delle organizzazioni sindacali, in veste di conciliatori. Secondo il comitato, tutto ciò consentiva e consente tuttora all’Ilva di risparmiare diversi milioni di euro. Risparmio che verrebbe dimostrato dai calcoli effettuati confrontando il premio di presenza (1,95 euro) con il costo che l’azienda dovrebbe sostenere per i venti minuti di straordinario previsti dalla giurisprudenza.

Insomma, in base ai dati forniti dai “Liberi e pensanti” il vantaggio  che sarà conseguito dall’Ilva, a fine 2013, si attesterebbe alla cifra prima menzionata: 15.906.240 euro. “L’accordo del 15 dicembre 2011 – sostiene il comitato – è sicuramente svantaggioso per i lavoratori”. Ma l’indice è puntato soprattutto contro le organizzazioni sindacali che hanno dato il via libera ad un accordo che agevolerebbe soltanto l’Ilva. Inoltre, vengono denunciate pressioni nei confronti dei lavoratori che sarebbero stati costretti a firmarlo. Il sospetto lanciato dal comitato è pesantissimo: dietro questo accordo potrebbe celarsi “una truffa ai danni dei lavoratori ordita da Ilva con la complicità dei tre sindacati”.

Va precisato che l’esposto presentato ieri va a supporto di un altro presentato agli inizi del 2012 dallo Slai Cobas e tuttora sul tavolo del gip Patrizia Todisco. “Noi seguiamo circa 15 lavoratori che hanno fatto ricorso contro l’accordo – ha spiegato Margherita Calderazzi – nel frattempo stiamo integrando la nostra denuncia con una serie di testimonianze che documentano l’imposizione  ricevuta dai lavoratori affinché sottoscrivessero l’accordo”. In base a quanto riferito da Cataldo Ranieri e Massimo Battista sono circa 500 i lavoratori dell’Ilva che si sono opposti a quella firma.

Alessandra Congedo

 

 

 

 

 

 

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