L’Ilva e il bluff dell’AFO 2 – Più di qualcosa non torna

0

afo2TARANTO – Riaprirà lunedì prossimo, 4 novembre, l’altoforno numero 2 dell’Ilva (la cui produzione a regime ammonta a circa 5.000 tonnellate di ghisa al giorno), con il rientro a lavoro di 110 addetti, di cui una parte era in cassa integrazione o coperta dal contratto di solidarietà. A riferirlo, fonti sindacali. Dunque, dopo le operazioni di fermata partite lo scorso 1 luglio (dove però non fu necessario attuare quella che in gergo viene chiamata la colata della “salamandra”, ovvero di quella parte di ghisa che col tempo si deposita nella parte bassa dell’altoforno e non viene mai fatta fuoriuscire), quattro mesi dopo riparte AFO 2, che l’azienda fermò adducendo come motivazione la crisi del mercato siderurgico e sostenendo che in conseguenza della fermata si sarebbero “anticipati” i lavori di risanamento previsti dall’AIA.

I dirigenti Ilva sostennero che ciò avrebbe permesso all’azienda di avere un altoforno “pronto e moderno” nel momento in cui il mercato sarebbe ripartito. E qui è la prima stranezza: perché non ci risulta che vi sia una controtendenza rispetto agli ultimi dati registrati sul mercato, tali da comportare la riapertura di un altoforno. Il secondo problema è che come sempre non ci ritroviamo con i tempi. Per AFO 2, la commissione IPPC che riesaminò nel 2012 le prescrizioni dell’AIA concessa all’Ilva il 4 agosto 2011, prescrisse il processo di “Depolverazione Stock House”, che consiste nell’abbattimento delle polveri generate nel processo di lavorazione dell’acciaio: l’intervento avrebbe dovuto riguardare sia i campi di colata che le cosiddette stock-house dove vengono depositati i materiali di carica dell’impianto. Il sistema di depolverazione per l’AFO 2, stando a quanto scrissero i tecnici dell’Ilva nella seconda relazione trimestrale sull’applicazione delle prescrizioni AIA datata 27 aprile, era già stato ordinato.

L’AIA riesaminata e concessa il 26 ottobre dello scorso anno, prevedeva però che questo tipo di lavoro venisse attuato immediatamente. Invece, nell’ultima relazione trimestrale inviata al ministero dell’Ambiente, per la prescrizione n.16 che è quella riguardante tutti gli altiforni, compreso il 2, l’azienda scriveva testualmente che “le attività sono in corso e si concluderanno entro il 31 gennaio del 2014”. Questo sosteneva l’Ilva lo scorso aprile. Non è un caso infatti se già nella prima relazione trimestrale dopo l’ispezione del mese di marzo, nelle 11 prescrizioni su cui l’Ilva era in ritardo i tecnici ISPRA e ARPA rilevarono il mancato intervento di depolverazione per l’AFO 2. Ritardo evidenziato anche nel verbale della seconda ispezione effettuata tra il 28 e il 30 maggio scorsi. Poi, come già detto, lo scorso 1 luglio la fermata dell’impianto.

Non solo. Perché nell’ultimo verbale redatto dai tecnici ISPRA ed ARPA in merito all’ispezione del 10 e 11 settembre scorsi, pur essendo stata verificata l’ultimazione degli interventi di chiusura per la “stock house”, è stato evidenziato come permangano ancora scostamenti rispetto al crono programma indicato dalla stessa azienda con una nota il 17 dicembre dello scorso anno. Ma non basta. Perché la cosa più interessante a proposito dell’AFO 2 la troviamo nella “Proposta di Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” redatta dal comitato dei tre esperti e resa nota lo scorso 10 ottobre. Dove a proposito della prescrizione n. 16 inerente i lavori previsti per AFO 2 si legge quanto segue: “il forno AFO/2 è stato fermato per motivi di mercato (indipendentemente dalle prescrizioni AIA), e ne è previsto il riavvio nel gennaio 2014; gli interventi di depolverazione sono stati riprogrammati temporalmente e con la previsione di installazione di filtri a tessuto. L’ultimazione degli interventi deve avvenire entro il 31 marzo 2014. Il riavvio sarà eseguito dopo la conclusione delle opere”.

Dunque, dov’è la verità? Non è che “per caso” si sta facendo ripartire un altoforno senza che siano stati prima effettuati tutti i lavori previsti dall’AIA? Com’è possibile che durante l’ultima ispezione nel mese di settembre l’Ilva, a fronte delle contestazioni dei tecnici ISPRA e ARPA, abbia risposto di essere “in attesa della definizione delle proposte del piano degli esperti” e prima ancora che il piano venga ufficializzato con apposito decreto da parte del ministero dell’Ambiente, faccia ripartire un impianto che l’azienda stessa aveva previsto di rimettere in marcia nel gennaio 2014 mentre il piano degli esperti impone riparta a lavori ultimati entro marzo 2014? Ed i sindacati metalmeccanici queste domande se le sono poste? E se sì, hanno ottenuto garanzie in merito dall’azienda? Mistero. Sicuramente, le cose non stanno come ce le raccontano. Ancora una volta.

Questa mossa dell’azienda però, potrebbe essere un’anticipazione di quanto troveremo nel piano industriale predisposto dal commissario dell’azienda Enrico Bondi. Il che potrebbe darci ancora una volta ragione, purtroppo. Perché da mesi parliamo di un’Ilva prossima ad un ridimensionamento (leggi lenta dismissione) notevole: sia nella produzione che nel numero degli operai impiegati. Perché se riparte AFO 2, con AFO 3 oramai dismesso, AFO 1 ancora fermo per lavori che non è dato sapere se siano partiti o meno (ma il cui riavvio è previsto soltanto nell’agosto del prossimo anno) ed il solo AFO 4 in funzione, qualcosa lascia credere che prima o poi potrebbe essere AFO 5 (ben prima dello stop imposto dall’AIA nel luglio del prossimo anno), il più grande altoforno d’Europa, che da solo garantisce il 40-45% per cento della produzione del siderurgico. Ma per il quale constano i maggiori investimenti in fatto di risanamento.

Infatti, anche nella “proposta” del comitato dei tre esperti, i lavori per AFO 5 sono stranamente diluiti nel tempo: “l’avvio dell’intervento, previsto nel luglio 2014, avrà una data dipendente da considerazioni di mercato; sono in corso di definizione le soluzioni progettuali e il programma dei lavori per la fermata da effettuare comunque entro il 1 settembre 2014, la condensazione vapori loppa da effettuare entro il 31 luglio 2015, la depolverazione del campo di colata da effettuare entro il 31 luglio 2015”. Del resto, sin da subito è stato chiaro che con 1,8 miliardi di euro non si sarebbero potuti portare a termine tutti i lavori di risanamento previsti dall’AIA. Il che vuol dire che alcuni impianti saranno fermati e non bonificati. Inoltre, a novembre chiuderà “per lavori di ristrutturazione” il tubificio numero 1, che occupa attualmente un centinaio di lavoratori: attualmente sono 296 i lavoratori fermi, in parte in cassa integrazione. Qualcosa ci dice che il futuro rischia di essere ancora peggiore di come l’abbiamo immaginato.

 Gianmario Leone (TarantoOggi, 23.10.2013)

 

Lascia un commento