IL RACCONTO DI UN LAVORATORE – Un operaio ha spiegato a Inchiostroverde ciò che ha vissuto intorno alle 21.30 di sabato scorso: “Non riuscivamo a vedere, né a respirare. Abbiamo avvertito un prurito fortissimo a occhi e gola. Nell’aria c’era una specie di nebbia fatta di gas e polveri insieme che ci impediva di lavorare. In sei abbiamo dovuto chiamare l’infermeria per far venire urgentemente l’ambulanza”. Ma il lavoratore racconta anche altro: “Nonostante l’evento il capoturno ha continuato a stare in piattaforma di colata e, assieme a qualche singolo rimasto, ha continuato a portare avanti la produzione senza fermarla. Mancava l’elettrico di pronto intervento (uno dei sei sentitosi male) e si è preferito continuare a colare acciaio anche senza. Prima viene il lavoro, poi la salute. Uno scandalo, una vergogna, uno schifo, una strafottenza nei confronti della propria vita e di quella degli altri colleghi rimasti nel reparto”.
L’operaio continua, quindi, il suo racconto: “Abbiamo chiamato i pompieri e qualcuno dice di aver chiamato il SIL (Sicurezza) che da quello che so di notte non è nello stabilimento. Abbiamo chiamato anche i Vigili del Fuoco. Arrivati in infermeria ci hanno dato subito delle pasticche per addolcire la gola e messo gocce negli occhi. Successivamente ci hanno fatto l’elettrocardiogramma e misurato al medio della mano destra la saturazione dell’ossigeno. Poi ci hanno fatto fare degli sciacqui con un collutorio rosso. A qualcuno è stata data la mascherina dell’ossigeno. I sintomi erano mal di testa, nausea (uno ha vomitato), fortissimo prurito agli occhi ed alla gola, agitazione, tachicardia per uno di noi. Siamo stati fino a fine turno in una stanza, stesi su dei letti e qualcuno su delle sedie. In ogni momento si accertavano che stessimo bene”.
“Verso le 22.40 – spiega l’operaio – ci siamo fatti accompagnare dall’ambulanza al reparto per riprendere gli indumenti e gli zaini e lasciare i dispositivi di protezione. Alcuni hanno buttato giacche, pantaloni, mascherine e maglie interne impregnate di gas e polvere. Mentre marchiavamo il badge al marcatempo i pompieri ci hanno detto che la macchina che riscaldava le siviere in acciaieria era la causa non avendo delle cappe funzionanti per l’aspirazione. Quindi gas e polveri si riversavano sul lato sud dove stavamo noi in piattaforma (colata continua 1). Abbiamo posto una domanda: possiamo sapere l’entità di quello che abbiamo respirato e di ciò che è andato negli occhi? La loro risposta: nelle siviere c’era monossido di carbonio ma non usciva fuori. Noi abbiamo ribattuto: come non usciva fuori, e cos’era allora? Loro hanno rassicurato: tranquilli adesso non c’è più e state tutti bene. Qualcuno di noi inveiva contro, un altro riprendeva il capoturno, altri se la prendevano con i colleghi rimasti in piattaforma a colare fregandosene di quello che respiravano. Il male dell’Ilva siamo noi che permettiamo, il 19 ottobre 2013, alle 21.30, di uccidere sia gli operai che la cittadinanza. Altro che lavori Aia. Qui si muore, ma per tanti l’importante è arrivare al 12, il giorno di paga”.
Il coordinatore provinciale dell’Usb Francesco Rizzo osserva in una nota che ‘nell’Acciaieria le colate continue 1 e 5 necessitano di grandi e immediati interventi, partendo dalla salvaguardia della salute e sicurezza di chi ci lavora, che allo stato delle cose non viene garantita”. Il Sub-commissario Ronchi a giugno, in concomitanza della fermata di Acciaieria 1, precisa Rizzo, ”aveva dichiarato che avrebbero approfittato della fermata di Acciaieria 1 per fare i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. Noi – conclude il dirigente Usb rivolgendosi a Ronchi – approfittiamo per dire che nella fermata di Acciaieria 1 di ordinario e straordinario c’erano solo le sue chiacchiere”.
Alessandra Congedo
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