Quale turismo per Taranto? Il reportage di TargatoTa

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lido silvanaIl futuro prossimo di Taranto deve passare dal turismo, per questo occorre da subito un’attenta analisi dello stato attuale delle cose, perché il da fare è tanto e bisogna cominciare subito. La nostra inchiesta sulla Taranto turistica ha messo sotto la lente di ingrandimento la città e la litoranea orientale, meno dotata di servizi e infrastrutture di quella occidentale (Castellaneta, Ginosa), ma per questo coi maggiori margini di miglioramento. Iniziamo col dire che gli operatori locali, in tanti casi, non sanno davvero cosa sia fare turismo, scambiandolo per un flusso di persone che gli enti locali dovrebbero indirizzare presso la città ed il proprio esercizio commerciale. E’ senza dubbio vero che le amministrazioni devono dotarsi di una seria (e al momento latitante) strategia turistica che consenta al territorio di esprimere il suo enorme potenziale, ma la responsabilità dev’essere di tutti. Cordialità, disponibilità e onestà fanno l’immagine di una città più di quanto si possa pensare e sono requisiti che devono passare dalla bottega al negozio, dal tabacchino all’edicola, possibilmente attraverso un’adeguata formazione.

Le lacune si vedono e portano le poco edificanti etichette dell’improvvisazione e talvolta della scarsa cortesia, dove la ricerca di un sorriso diventa a volte opera ardua. Il danno ricade su tutti, poiché c’è sempre più chi lavora sulla qualità, ma è costretto a smarcarsi da un contesto talvolta penalizzante, magari definendosi come “Salento”. Non è l’unica mortificazione. La città non conosce serie agenzie di incoming e le cooperative di beni culturali si barcamenano come possono per pubblicizzare le proprie interessantissime visite guidate, in assenza di coordinamento e supporto degli enti locali e con scarsa cooperazione con altre realtà dello stesso settore. Il risultato è che di turismo non riescono a vivere e, mentre si spartiscono le scolaresche locali, il turista viene portato in città dalle agenzie baresi e leccesi per il rapido spazio di un pomeriggio. Turismo mordi e fuggi che non produce economia, non tocca davvero la città e riempie solo Castello e museo, di cui giusto il secondo a pagamento. Una beffa per un territorio che, nonostante diversi problemi, gode di beni culturali e paesaggistici che neppure avrebbero bisogno di presentazione.

La Città vecchia sta provando a rialzare la testa, ma anche qui l’opera che cambierebbe volto alla città è affidata a pochi privati di buona volontà che, con coraggio e lungimiranza, stanno dando vita a eventi, locali e strutture ricettive di pregio che sono anche speranza per un futuro di rinascita. Ottimo il successo dei traghetti, sempre colmi per le crociere sui Due Mari, quello delle escursioni per vedere i delfini del nostro mare e quello del pescaturismo, attività che finalmente la città ha scoperto. Ma qui nel cuore della città il turismo produce anche molto fai-da-te, con serate a suon di musica melodica, organizzate dai rabberciati chioschi di corso Garibaldi. Qui la parola ‘turismo’ è puramente ironica, se non fosse per l’aspetto autenticamente popolare, più che altro folkloristico, che produce.

L’incredibile fascino dell’Isola si mostra per ciò che è solo a chi riesce a scorgerlo fra le crepe del degrado ed il profumo inebriante della sua storia, immaginando quel che fu e soprattutto, con una morsa al cuore che provano tanti tarantini, ciò che potrebbe essere. Un percorso che tuttavia è iniziato, seppur lentamente. Si attraversa il ponte Girevole ed il Borgo non ride. Il “centro” ha conosciuto il suo ennesimo anno senza la chiusura al traffico di corso Due Mari, sebbene sembrino affievolite le scaramucce fra Comune, ristoratori e abitanti della zona. Ristoratori che, in verità, a volte ci mettono anche del loro, con inadeguatezze che sovente fruttano sanzioni da parte della Guardia di Finanza (quest’anno per fortuna molto meno). Il lungomare richiama sempre più tarantini al passeggio, anche con poche attrattive e pullula di chioschi ambulanti.

Si arriva alla litoranea che, in realtà, prima di Leporano, è solo una sfilza di ville condonate senza piazze, verde pubblico, né parcheggi o piste ciclabili. Qualche bar e rosticceria, tutti rigorosamente al di qua del mare. Curioso per una città, e una provincia, che ne sono completamente abbracciate e manco per merito di una particolare sensibilità che abbia impedito di edificare vicino al litorale… Uno dei caffè più alla moda della litoranea ha, ironia della sorte, il mare solo nel nome. Oltrepassiamo il sito tristemente poco valorizzato di Torre Blandamura ed arriviamo a Leporano dove, finalmente, fra Santomaj, Gandoli e Porto Pirrone, si può godere di piccoli spazi per ritrovarsi davanti a uno spuntino preserale. Un discreto ristoro per locali che però, esteticamente, sono spesso di cattivo gusto, con insegne selvagge e, non se ne capisce il motivo, interni che vanno dal legno degli chalet di montagna, alle mattonelle dei bagni della peggiore specie. A fare da cornice, ahinoi, è spesso l’inciviltà, con doppie e triple file di auto parcheggiate a spina anche negli spazi più angusti, bottiglie di birra e cicche per terra in quantità e, per non far mancare nulla, anche qualche randagio che scodinzola fra i tavoli di plastica sistemati alla bell’e meglio.

Eventi e appuntamenti sono puntualmente pubblicizzati su pali della luce, insegne stradali e cassonetti dei rifiuti. Le mete della movida notturna sono i diversi locali afferenti ai lidi, o le caratteristiche masserie del territorio, decisamente più presentabili dei take away prima citati. Scandiscono l’estate mondana tarantina fra musica, ristorazione e mare. Passando dall’incantevole Baia del Pescatore, con un baretto sulla spiaggia che in origine era abusivo e poi fu condonato, si arriva alla zona pubblica più frequentata, quella che va dal Gabbiano fino a Lido Silvana, dove i parcheggi sono un miraggio, ma dove il turismo riprende i suoi connotati più consoni. Alberghi, lidi e qualche locale di qualità e (era ora!) un marciapiede su cui passeggiare fra un gelato e una bancarella. Fra Cohiba ed El Caribe compaiono locali con terrazza sul mare e la gente pare apprezzare. Tutto rose e fiori? Forse. Perché, sarà un’impressione, ma il confine della spiaggia privata ci sembra pian piano avanzare a danno della spiaggia pubblica e quest’ultima, che da qualche anno prevede un chioschietto con servizio privato di affitto ombrelloni, che è stata recente oggetto di attenzioni malavitose, con l’incendio della passerella che dava accesso alla spiaggia delle Canne, poi ripristinata.

A seguire Lo Scoglio e Lido Silvana, il cui nome fu attribuito in omaggio a Silvana Pampanini che avrebbe dovuto inaugurarla negli anni ’60, salvo poi non presentarsi all’appuntamento! Mai ripresasi del tutto dall’incendio che ne distrusse pineta e centro commerciale dodici anni fa, paga ancora la mancanza di luoghi di aggregazione, a differenza di quanto avveniva prima della disgrazia. Resta una delle spiagge più belle e ampie della prima parte di litoranea insieme a Gandoli, con spazi pubblici, però, anche qui limitati all’essenziale, e anche meno. Proseguendo ancora, il litorale smette per un po’ di essere caratterizzato da conche intervallate da scogliere e diventa una distesa unica di sabbia dai colori abbaglianti. Jamaica, Blu Sun, Onda Blu, Bahia del Sol, Ultima Spiaggia, La Spiaggetta e le adiacenti spiagge pubbliche sono tutte facenti parte del Comune di Taranto (la cosiddetta isola amministrativa) e godono, come tutti i lidi della costa, di un mare incantevole e trasparente.

Il Comune di Taranto è però del tutto assente nella gestione di queste lingue di territorio lasciate al proprio destino, con una strada sempre più stretta fra la natura che vuole rimpossessarsene, case abusive fin quasi alla riva e parcheggi oltre ogni decenza. Nessuno sa che questi luoghi sono parte di Taranto e perciò non vengono consegnati neppure all’onore di una cartolina, pur avendone pieno titolo per la propria bellezza, intatta nonostante l’uomo. Lo scenario è quello incantevole delle dune di sabbia abbracciate dalla macchia mediterranea che, mentre la provincia di Lecce cerca di valorizzare spingendo per farne un museo naturale, dalle nostre parti sono odiate perché costituiscono impedimento alla sosta delle auto.

Ci pensano le “ditte” locali di parcheggio che, quasi con cadenza annuale, sbancano alcune di queste aree protette per creare zone di sosta a pagamento (e che pagamento!) con la compiacenza delle amministrazioni locali. Prima degli esclusivi lidi di Campomarino si inanellano spiagge pubbliche senza servizi e una passeggiata solo verso Torricella. Insomma la Taranto turistica è ricca di bellezze culturali e paesaggistiche di enorme valenza, ma al momento è paradiso per amanti del folklore e della libertà, intesa come ci ha ultimamente insegnato la politica: ognuno può fare quel che vuole senza curarsi degli altri e restando impunito… C’è anche tanto di buono ed è certamente sufficiente per iniziare a fare seriamente turismo, ma per farne una voce economica importante il da fare è tanto. Un’impresa necessaria e assolutamente possibile.

FONTE: http://www.targatota.org/2013/10/il-punto-quale-turismo-per-taranto-il.html

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