Tra i silenzi di Bondi e i “non so” di Ronchi – Comunicazione “Made in Ilva”
TARANTO – Da una parte c’è il commissario straordinario: Enrico Bondi, la Sfinge. Non ama parlare coi giornalisti. Non fa alcuno sforzo per comunicare con la città. Da quando è stata eliminata (per legge) la figura del Garante, il sito utilizzato per informare i cittadini sul rispetto delle prescrizioni Aia si è trasformato in una landa desolata. Nessun sito ha preso il suo posto per colmare questa evidente e imbarazzante lacuna.
Dall’altra parte c’è il sub commissario, Edo Ronchi, decisamente più propenso a cercare visibilità. Non è un caso, infatti, che venerdì scorso abbia partecipato ad una trasmissione di Studio 100 per illustrare gli interventi previsti per il risanamento ambientale del siderurgico e spiegare i relativi ritardi nell’attuazione. Peccato che ad intervistarlo, in studio, ci fossero anche due giornalisti citati nei provvedimenti del gip Todisco, nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto”, e sottoposti ad un’indagine dell’Ordine dei Giornalisti, di cui si son perse le tracce. Ma su questo Ronchi non ha alcuna responsabilità. Taranto è una città con la memoria corta. Ed è questo uno dei suoi drammi maggiori.
Torniamo al problema “comunicazione”. Pare che lo stesso Ronchi, durante l’audizione tenuta ieri pomeriggio con Legambiente, Wwf e Greenpeace abbia ammesso l’esistenza di questa grave carenza, dovuta proprio all’atteggiamento di chiusura di Bondi. In attesa della realizzazione di un sito specifico (anche fare una cosa così semplice appare un’impresa) ci si affiderà ad un rapporto semestrale sullo stato di attuazione degli interventi e sui dati di monitoraggio delle emissioni inquinanti. Non ci sembra un grande sforzo per rendere efficace, tempestivo e trasparente il rapporto con la cittadinanza che ha tutto il diritto di “sapere”.
Ma se a livello comunicativo Bondi e Ronchi risultano differenti, su una cosa appaiono in piena sintonia: entrambi pretendono di agire con le mani libere. Insofferenti a lacci e lacciuoli burocratici, poco propensi a concordare la loro azione con gli altri soggetti interessati, si affidano a decreti ad hoc per agire indisturbati. L’ultimo (quello sulla Pubblica Amministrazione che prevede norme specifiche per l’Ilva) è al vaglio della Camera, dopo aver ricevuto l’ok dal Senato.
Anche in occasione dell’audizione romana con le associazioni ambientaliste, Ronchi avrebbe espresso insofferenza nei confronti del Comune di Taranto, reo di aver richiesto la verifica di assoggettabilità a Via per alcune opere. Il sub commissario avrebbe invitato il responsabile del procedimento del Comune a non farsi troppi problemi perché non si tratterebbe di interventi assoggettabili. Ma ci domandiamo: perché il dirigente di un ente locale dovrebbe mettere a rischio il proprio operato (finendo magari nel mirino della magistratura) per consentire al tandem Bondi-Ronchi di procedere spedito per la sua strada?
Una strada che si presenta, tra l’altro, piena di insidie e incertezze. I “non so” pronunciati dal sub commissario durante l’incontro con gli ambientalisti non sarebbero stati pochi. Ronchi avrebbe citato più volte l’acciaieria di Duisburg (Germania) come punto di riferimento e stella polare da seguire in tutto e per tutto. Ma quando si è entrati nel merito delle sperimentazioni da attuare in Ilva, Ronchi non ha potuto fornire alcuna garanzia sulla loro riuscita. Certo, lui si dice fiducioso. In caso di fallimento – ammette – l’unica soluzione sarebbe la chiusura dello stabilimento. Ma appare evidente che l’impegno sia essenzialmente mirato a garantire la produzione di acciaio per quanto più tempo è possibile. E come sempre sulla pelle dei tarantini.
Alessandra Congedo