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Ilva, il decreto biforcuto

TARANTO – Quando sembrava tutto pronto per far confluire le norme del mancato nuovo decreto nel testo della legge sulla Pubblica Amministrazione, torna in auge la possibilità di votare ed approvare nel più breve tempo possibile un decreto legge per completare l’opera iniziata con le misure contenute nel decreto n.61 del 4 giugno convertito nella legge n.89 lo scorso 1 agosto, che serva “a snellire e semplificare le procedure burocratiche connesse ai lavori di ambientalizzazione del siderurgico”. Eppure martedì sera sembrava tutto fatto: nei 94 emendamenti “concordati” sul decreto legge sulla Pubblica amministrazione che la commissione Affari Costituzionali del Senato aveva votato in tarda serata, vi era un pacchetto (ben quattro emendamenti) riguardanti l’Ilva, le sue controllate e la Riva Acciaio.

Ma qualcosa deve essere andato storto. Oppure il tentativo di inserire le norme pro Ilva e Riva Acciaio nel decreto sulla Pa non deve essere piaciuto a più di qualcuno (sindacati, Confindustria, Federacciai e via dicendo). Tant’è vero che l’ipotesi di varare un nuovo decreto è già allo studio della presidenza del Consiglio e dei ministeri interessati (Ambiente e Sviluppo economico). La versione ufficiale proveniente da Roma sostiene che il tutto verrebbe fatto “per cercare di velocizzare gli interventi di ammodernamento previsti dall’AIA in tutta l’area a caldo dello stabilimento (parchi minerali, agglomerato, cokerie, altiforni e acciaieria) che sono già in ritardo sui tempi previsti”. Ma il commissariamento dell’Ilva Spa non era stato deciso proprio per evitare ulteriori ritardi, peraltro dovuti al disimpegno totale del gruppo Riva nell’applicare quanto previsto dal riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale varato oramai un anno fa dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini?

La verità, dunque, è un’altra. Perché il testo del decreto a cui si sta lavorando a Roma, si dirama su due diverse direttrici però ambiscono ad ottenere un unico obiettivo. Una prima parte del testo andrebbe da un lato ad intervenire direttamente sulla conferenza di servizi attualmente in corso (motivo della frizione tra Ronchi e l’ARPA di cui riferiamo a parte) e dall’altro nominerebbe il sub commissario Edo Ronchi responsabile del procedimento. In pratica si vorrebbe nominare Ronchi come unico responsabile dell’attuazione delle prescrizioni AIA, che peraltro sono state rimodulate dal piano di lavoro redatto dal comitato dei tre esperti nominato lo scorso 14 luglio dal ministero dell’Ambiente e di cui ancora non si conoscono ufficialmente i contenuti (la scorsa settimana abbiamo riferito dello slittamento della ripartenza di AFO 1 che rimanderebbe al prossimo autunno lo spegnimento di AFO 5).

Ma questo sarebbe possibile ad un sola condizione. Che è prevista dalla seconda parte del decreto. Ovvero stralciando dal decreto sulla Pubblica amministrazione, attualmente al Senato, la parte relativa all’estensione dei poteri del commissario Bondi sulle società controllate dall’Ilva. Parte, quest’ultima, inserita proprio martedì con un emendamento ad hoc. Qualora il Governo decidesse di varare per l’Ilva un nuovo decreto, nel testo sulla Pa – che dopo il Senato dovrà andare alla Camera per la conversione in legge – rimarrebbe solo la parte relativa all’autorizzazione delle due discariche “funzionali” alla bonifica (la Mater Gratiae).

Come abbiamo spiegato nei giorni scorsi infatti, l’estensione del commissariamento dell’Ilva alle sue controllate (ed eventualmente anche alla Riva Acciaio attualmente gestita dal custode giudiziario Mario Tagarelli) se da un lato permetterebbe “l’impunità” rispetto all’attività giudiziaria della Procura di Taranto, dall’altro aiuterebbe e non poco il commissario Bondi il quale ha assoluto bisogno di poter controllare le società legate all’Ilva Spa in quanto sono quelle che hanno il maggior valore patrimoniale e che per questo saranno la moneta di scambio che lo stesso Bondi offrirà alle banche come garanzia per ottenere il finanziamento di 2,4 miliardi di euro che dovrebbe servire a realizzare il piano di lavoro dei tre esperti in merito all’applicazione delle prescrizioni previste nell’AIA. L’opera, dunque, non è ancora stata completata. Ma manca molto poco.

 Gianmario Leone (TarantoOggi, 04.10.2013)

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