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Ilva, il decreto mascherato

TARANTO – Il nuovo decreto previsto venerdì per l’Ilva e la Riva Acciaio, esce dalla porta e rientra dalla finestra. Il perché è presto detto. Nella giornata di ieri, sono stati ben 94 gli emendamenti “concordati” sul decreto legge sulla Pubblica amministrazione che la commissione Affari Costituzionali del Senato ha votato in tarda serata. Tra questi un pacchetto (ben quattro emendamenti) riguardano l’Ilva (le sue controllate e la Riva Acciaio) ed andranno ad integrare le misure contenute nel decreto n.61 del 4 giugno convertito nella legge n.89 lo scorso 1 agosto. Tra i promotori degli emendamenti il senatore Roberto Calderoli della Lega Nord ed il presidente della commissione Industria, Massimo Mucchetti (Pd): sì, proprio quello che guidò la due giorni di visita a Taranto di alcuni senatori a fine luglio.

Gli emendamenti in questione puntano a risolvere una volta e per tutte, secondo la visione del governo, la questione ancora aperta sull’Ilva e sul gruppo Riva Acciaio. Il primo degli emendamenti relativi all’Ilva, consentirà al commissario Enrico Bondi di avere la disponibilità dei cespiti aziendali, tra cui le partecipazioni delle altre società controllate dall’Ilva Spa. In pratica, si tratta dell’art. 1 (Commissariamento della s.p.a. ILVA interpretazione autentica) della bozza decreto che il Cdm di venerdì non ha più votato, che recitava così: “L’articolo 2, comma 1, del decreto legge 4 giugno 2013, n.61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n.89, si interpreta nel senso che il riferimento alla s.p.a. ILVA avente sede a Milano è comprensivo delle società dalla stessa controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile”.

Esattamente quanto richiesto nei giorni scorsi dal commissario Bondi e dai sindacati metalmeccanici con grande insistenza: blindare sotto il mantello del commissariamento anche le società controllate dall’Ilva spa (dopo il sequestro dei conti e dei beni di Inse Cilindri, Celestri, Ilva Servizi Marittimi e Taranto Energia effettuato dalla Guardia di Finanza mercoledì scorso). Il tutto, guarda caso, il giorno dopo la decisione del gip Patrizia Todisco di concedere la facoltà d’uso delle navi di proprietà della società Ilva servizi marittimi (controllata al 100% dall’Ilva Spa): l’utilizzo delle stesse, secondo quanto deciso dal gip, dovrà avvenire sotto la supervisione del custode e amministratore giudiziario Mario Tagarelli, e dovrà essere vincolato unicamente all’attività indispensabile all’esercizio del siderurgico (ovvero al trasporto delle materie prime per i parchi minerali). Ma quando il decreto sulla Pa sarà legge, questa decisione del gip decadrà. Stesso discorso per la Taranto Energia, controllata al 100% della holding Riva FIRE, che a Taranto occupa 111 addetti (il cui stipendio di agosto è stato pagato dall’Ilva Spa): non c’é stata alcuna sospensione dell’attività di recupero dei gas dagli altiforni per la produzione di energia e idrogeno fondamentale per l’attività del siderurgico, pur restando in atto il sequestro.

Ma il “lavoro” della commissione Affari Costituzionali non si è fermato a questo. Un secondo emendamento (firmato da un ampio schieramento di senatori) riguarda tutte le società correlate, e quindi anche la situazione di Riva Acciaio, e consentirà, in caso di azienda sotto sequestro, al curatore di poter utilizzare i cespiti e le attività finanziarie ai fini della continuità aziendale. Ovvero quando previsto dall’art. 2 (Regime delle società controllate e collegate alla s.p.a. ILVA) della bozza del decreto, che prevedeva che “il commissario può nominare, per le società di cui al comma 1, fino a tre sub commissari: i relativi oneri sono a carico delle società cui sono preposti i sub commissari. Il commissario e i sub commissari preposti tengono, ove necessario, una contabilità separata riguardante i beni oggetto di sequestro. Il commissario e, ove nominati, i sub commissari sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società e le amministrano al fine di perseguire l’esercizio dell’attività d’impresa”. Ciò vorrà dire (come previsto dall’art. 3 della bozza del decreto “Redazione e approvazione dei bilanci della s.p.a. ILVA e delle sue controllate”), che “il commissario o il sub commissario preposto provvede alla redazione e approvazione del bilancio di esercizio, nonché, ricorrendone presupposti, del bilancio consolidato dell’impresa soggetta a commissariamento”.

Perché tutto questo? Per un semplicissimo motivo: il commissario Bondi ha assoluto bisogno di poter controllare le società legate all’Ilva Spa in quanto sono quelle che hanno il maggior valore patrimoniale e che per questo saranno la moneta di scambio che Bondi offrirà alle banche come garanzia per ottenere il finanziamento di 2,4 miliardi di euro che dovrebbe servire a realizzare il piano di lavoro dei tre esperti in merito all’applicazione delle prescrizioni previste nell’AIA.

L’unico dubbio sorto ieri, riguardava se far entrare nel decreto della Pa anche quanto previsto dall’art. 4 (Sequestro preventivo ai sensi del decreto legislativo 8 giungo 2001, n. 231) della bozza del decreto di cui sopra, ovvero la modifica del codice penale (riguardante l’articolo 53 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n.231) annunciata a suo tempo dal ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato: il famoso 104 ter che dica che “quando il sequestro riguarda un’attività produttiva il giudice nomina un amministratore che dispone anche dei soldi per assicurare l’amministrazione, la norma ha valore retroattivo”. La commissione Affari Costituzionali ha concluso ieri sera il voto sugli emendamenti. La commissione Bilancio si riunirà quest’oggi alle 15 per dare il parere sulle proposte di modifica che passeranno direttamente all’Aula che dovrebbe avviare l’esame del Dl alle 16 come da programma. E’ in arrivo l’ennesimo colpo di mano.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 02.10.2013)

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