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Cementir, Taranto si salva. Per ora

TARANTO – La Cementir Italia fa retromarcia: almeno per ora. Nella riunione svoltasi a Roma il 19 settembre scorso presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’azienda ha infatti sotterrato l’ascia di guerra scongiurando, sino alla prossima primavera, la chiusura dello stabilimento di Arquata Scrivia (AL) e il ridimensionamento (con prossima chiusura) di quello di Taranto (annunciati lo scorso giugno). Cementir e sindacati hanno infatti firmato un accordo di cigs aziendale che eviterà il licenziamento di 214 lavoratori.

“In relazione all’applicazione alla Cigs per crisi adottata sui siti produttivi interessati le parti, fermo restando il comune intento di contenere al massimo l’utilizzo, condividono che verranno definiti i meccanismi di rotazione attraverso un costante confronto con le RSU a livello di sito, estendendo al massimo la platea dei lavoratori interessati alla Cigs. L’azienda si impegna a contenere il numero massimo dei lavoratori da coinvolgere nella Cigs contemporaneamente non oltre le 130 unità complessive”. Questo il passaggio chiave dell’accordo siglato giovedì tra i vertici della Cementir Italia (presente il direttore Mario de Gennaro) ed i rappresentanti delle segreterie nazionali e territoriali di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil.

Per quanto riguarda il sito di Arquata in Piemonte, l’accordo prevede 32 lavoratori confermati, 11 ricollocati negli stabilimenti del gruppo, mentre per gli altri (all’incirca una quarantina) scattano incentivi alla mobilità volontaria (legata soprattutto alla pensione) e la cassa integrazione straordinaria per due anni. Cessa l’attività del forno ma resterà in funzione l’impianto di macinazione. In Piemonte i sindacati si sono giocati la carta dell’annunciata apertura dei cantieri del Terzo Valico. Nell’ultimo incontro in Regione, la Cementir ha ottenuto la promessa di essere inserita tra le ditte che potrebbero rientrare nella legge regionale numero 4, sulle opere di compensazione relative ai cantieri. Cementir, come contropartita, ha giocato la carta di un prodotto innovativo nel settore: un calcestruzzo a basso impatto ambientale e particolarmente resistente al calore, rientrando così nella partita del Terzo Valico.

Per il sito di Taranto, invece, il discorso è diverso. Innanzitutto, l’azienda ha ottenuto rassicurazione da parte dell’Ilva Spa, sul proseguo dell’approvvigionamento della loppa d’altoforno, elemento essenziale per la produzione del cemento nel sito tarantino. Inoltre, per il futuro dell’azienda, tutto dipenderà dalle commesse, soprattutto estere, che arriveranno nel breve periodo e sui quali i dirigenti della Cementir Italia si sono mostrati alquanto fiduciosi. A secondo del numero e della mole delle commesse, si giocherà la partita della cassa integrazione: il numero massimo dei lavoratori impiegati oscillerà tra le 80 e le 42 unità. Per tutti gli altri, scatterà la cassa integrazione straordinaria.

Inoltre, resta in piedi la questione del porto: vedere cioè dove si dovrà spostare l’azienda, visto che l’area utilizzata è stata concessa alla Terminal Rinfuse. Ciò detto, restano due ombre sul futuro del sito tarantino. La prima riguarda il fatto che il progetto di ammodernamento resta di fatto congelato, con la produzione che proseguirà attraverso l’utilizzo di un impianto del 1964 (come annunciato dallo stesso Caltagirone nell’assemblea dei soci dello scorso aprile), con tutto ciò che questo può comportare in termini di inquinamento e di salute dei lavoratori. La seconda, è più che altro una domanda: che senso ha presentare ad inizio settembre ad Equita, banca d’investimento italiana con sede a Milano che opera nella finanza internazionale, un piano di “taglio costi” che prevede un totale di “circa 150 esuberi”, quando si è in trattative per scongiurarli? Il mistero, almeno per il momento, resta.

G. Leone (TarantoOggi, 25.09.2013)

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