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Ilva, Ronchi legge gli appunti

TARANTO – Partiamo da un fatto certo: i tre esperti nominati lo scorso 14 luglio dal ministro dell’Ambiente Andrea Orlando (Marco Lupo, commissario all’Emergenza rifiuti della Regione siciliana e già dirigente del ministero dell’Ambiente, Giuseppe Genon, docente di Ingegneria dell’ambiente al Politecnico di Torino, e Lucia Bisceglia, medico epidemiologo, dirigente dell’ARPA Puglia), che sotto la guida del subcommissario Edo Ronchi stanno redigendo il “piano di risanamento e riqualificazione dello stabilimento Ilva di Taranto”, non hanno ancora terminato il loro lavoro. Il testo finale del piano dovrebbe infatti essere pronto entro 15 giorni.

Secondo quanto previsto dal decreto 61 del 4 giugno convertito in legge il 1 agosto scorso, il piano di lavoro dei tre esperti potrà modificare l’AIA “limitatamente alla modulazione dei tempi di attuazione delle relative prescrizioni”. Il comitato dei tre avrebbe dovuto presentare il testo entro il 15 settembre: ovvero 60 giorni dopo la nomina così come previsto dal decreto 61. Dunque, siamo già in ritardo. Cosa tra l’altro prevedibile visto che si è andati a rimettere le mani su un testo, quello dell’AIA concessa all’Ilva nell’agosto del 2011, già riesaminato dalla commissione IPPC sotto il dicastero dell’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Conviene inoltre ricordare che la presentazione del piano, altro non sarà che il primo passo del percorso previsto dalla legge: una volta ufficializzato il testo, gli enti locali potranno presentare le loro osservazioni che il commissario Bondi acquisirà e girerà nuovamente al comitato dei tre esperti, che redigeranno poi il testo definitivo del piano: il tutto entro 120 giorni dalla loro nomina. Non solo. Perché ammesso e non concesso che il tutto avvenga entro i termini prestabiliti (scadenza 15 novembre), Bondi avrà poi altri 30 giorni per integrarlo al suo piano industriale.

Questa breve introduzione ci serve per dire che ieri, durante la riunione svoltasi negli uffici della direzione dell’Ilva, il sub commissario Edo Ronchi ha informato i componenti della Commissione Ambiente del Comune di Taranto (presente anche l’assessore all’Ambiente del Comune di Taranto, Vincenzo Baio) su alcuni contenuti del piano, leggendo suoi appunti personali (alla stampa non è stato concesso di presenziare all’incontro). Ai presenti infatti, non è stata consegnata nemmeno una bozza del piano in via di definizione.

Dunque, siamo ancora alle semplici parole. Che però un loro peso lo hanno. Eccome. Ronchi ha infatti confermato ai presenti ciò che si sa da tempo: ovvero che l’accordo finanziario per l’attuazione dell’AIA sarà siglato con banche nazionali (Intesa San Paolo e Gruppo UBI, le più esposte nei confronti dell’Ilva spa) ma con un “aggancio” alla Banca europea degli investimenti (BEI), già dichiaratasi disponibile a finanziare gli interventi per l’acciaio italiano e per l’Ilva di Taranto (ma come abbiamo più volte riportato questo non è il primo finanziamento che la BEI apporta all’Ilva ed al gruppo Riva). Delle risorse che arriveranno dalle banche, 1,8 miliardi serviranno all’attuazione dell’AIA (come annunciò nei mesi scorsi lo stesso Bondi in un’audizione di fine luglio alla commissione Ambiente e Industria del Senato), mentre il resto, per un totale di 2 miliardi e 450 milioni, serviranno alle manutenzioni e alle innovazioni impiantistiche (Ronchi ha parlato di ben 40 cantieri di lavoro pronti a partire: e qui bisognerà poi vedere quante ditte tarantine saranno utilizzate e quanti lavoratori in più saranno assunti a fronte di una provincia che vanta cifre esorbitanti in tema di disoccupazione).

Fin qui, cose note. Poi, però, leggendo i suoi appunti, Ronchi ha dichiarato che nel futuro l’Ilva continuerà a produrre acciaio ma riducendo l’inquinamento ambientale e l’impatto sulla salute. La “novità” prevede l’utilizzo di ferro preridotto con metano. In realtà, al momento siamo ancora nella fase di sperimentazione, avviata nell’acciaieria e che in seguito dovrà essere estesa agli altiforni. L’obiettivo dichiarato ieri sarebbe quello di produrre 2 milioni di tonnellate di acciaio con questo “nuovo” sistema (che in altre parti d’Europa utilizzano già da diversi anni). Ancora oggi infatti, il ciclo integrale dell’Ilva prevede la riduzione del ferro avviene partendo dal carbon coke e dall’agglomerato di minerale di ferro e proseguendo con la produzione della ghisa.

Il nuovo sistema, invece, prevede la medesima riduzione ma attraverso l’uso di “pallets di ferro preridotto” con l’utilizzo di metano anziché di carbon coke. Questo comporterà però che per queste 2 milioni di tonnellate di acciaio prodotte col nuovo sistema, si ridurrà l’attività dell’agglomerato e delle cokerie. Ronchi ieri ha infatti confermato ciò che ripetiamo da tempo: diverse batterie dei forni delle cokerie e alcuni impianti dell’area a caldo, una volta fermati non ripartiranno più. Il che, se la matematica non è un’opinione (e in assenza del piano industriale) vuol dire che la conseguente fermata di alcuni impianti rischia di “tagliare” un numero imprecisato di lavoratori. Oltre al fatto che questa nuova tecnica è ancora in fase di sperimentazione e non è detto che avrà il successo sperato. Inoltre, cosa alquanto non trascurabile, Ronchi ha dichiarato che una volta terminati i lavori dell’AIA, si chiederà che l’Ilva possa aumentare il livello della produzione: passando dal tetto degli 8 milioni previsti dall’AIA a “chissà quanti”.

Non solo. Perché nell’incontro dello scorso 2 settembre a Roma con i sindacati metalmeccanici, il commissario Bondi parlò di un’Ilva che sarebbe diventata un’azienda a “flusso teso”. Tecnicamente, come riportammo l’indomani, vuol dire che si riduce significativamente il peso delle immobilizzazioni e del magazzino e questo vorrebbe significare non avere più bisogno di parchi minerali immensi: e quindi, non coprirli, come invece previsto dall’AIA. Ed infatti ieri, lo stesso Ronchi ha dichiarato che è stato scelto il progetto per la copertura dei parchi minerali primari (si è nella definizione dei dettagli) e si tratterà di coperture ad arco. Il che potrebbe voler dire tutto e niente. E non garantisce, al momento, una copertura totale. Il progetto sarà presentato a dicembre: per l’AIA doveva essere pronto lo scorso aprile. Per i parchi minori, invece, il progetto della copertura del parco loppa sarà presentata a novembre mentre quella del parco fossile a febbraio, in quanto in quest’ultimo caso pare ci siano ancora nodi tecnici da sciogliere. Siamo ancora ai progetti ed alle fasi di sperimentazione, dunque. Ed agli appunti letti a voce. Auguri.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 20.09.2013)

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