Ieri PeaceLink ha comunicato che erano andate in tilt tutte le centraline di monitoraggio dell’inquinamento installate nella cokeria ILVA. La notizia è stata confermata da ARPA Puglia. Arpa è infatti intervenuta e ha individuato un malfunzionamento nella comunicazione telematica dei dati, dichiarando risolto il problema. Alcune centraline adesso – dopo il comunicato di PeaceLink – sono tornate a funzionare, come ad esempio quelle delle polveri e del benzene.
Però in realtà il problema non è stato risolto proprio in un punto cruciale: quello che riguarda la riattivazione della rete delle 6 centraline che dovrebbero monitorare in continuo gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) all’interno dell’ILVA e in una postazione vicina del quartiere Tamburi. Quelle sei centraline non funzionano. Sono in tilt dal 16 agosto e da allora sono rimaste silenti. Hanno lo scopo di monitorare la concentrazione di varie sostanze potenzialmente cancerogene.
Quanto affermiamo è confermato dall’ultimo rapporto della rete di monitoraggio interna dell’Ilva validato da Arpa. e datato 10 settembre (che alleghiamo al presente comunicato): chiunque può verificare che alla colonna Idrocarburi Policiclici Aromatici corrispondono non 6 valori numerici ma 6 ND (non disponibile). Quindi quella rete di monitoraggio degli IPA non funziona.
E’ opportuno sottolineare che il sistema di monitoraggio continua a non funzionare proprio lì dove si devono monitorare in continuo i fumi cancerogeni generati con le emissioni diffuse e fuggitive di impianti vetusti che il GIP Patrizia Todisco ha posto sotto sequestro e la cui facoltà d’uso è attualmente – in virtù della sentenza della Corte Costituzionale – comunque vincolata ad una serie di prescrizioni, fra cui il monitoraggio continuo delle emissioni non convogliate. Ma il mancato funzionamento delle 6 centraline per gli IPA non è il solo aspetto che ci preoccupa. Vi sono infatti altre gravi mancanze nell’applicazione delle prescrizioni del sistema di monitoraggio degli inquinanti dell’Ilva previsto nell’Aia.
Ci riferiamo alla prescrizione 85 che imponeva all’Ilva entro il 27 aprile 2013 l’installazione di 5 postazioni DOAS complete (A) e di 3 sistemi LIDAR completi (B) con cui doveva essere realizzato un sistema di monitoraggio d’area ottico-spettrale “fence line open-path”. Le 6 centraline di monitoraggio in continuo degli IPA (che attualmente non funzionano!!) erano solo i tasselli di questo più ampio sistema che doveva funzionare (e non funziona!!) come cintura di controllo globale dello stabilimento basato su sistemi spettrofotometrici per monitorare inquinanti ubiquitari intercettati lungo un percorso ottico creato da emettitori e ricevitori (si vedano le foto allegate) di fasci luminosi che vengono poi analizzati ed elaborati in tempo reale per essere trasmessi all’Arpa. Nulla ci risulta sia stato fatto. Eppure questa sistema globale doveva essere installato e reso funzionante entro la fine dello scorso aprile!
L’Ilva non può trovare scuse. Infatti non si tratta di interventi particolarmente costosi. L’installazione avviene in pochi giorni. Questi sistemi si installano e si fanno funzionare se si ha la volontà di farlo. Essi misurano, prima ancora degli inquinanti, il livello di “buona volontà” dell’azienda nell’adempiere ai suoi obblighi previsti dall’AIA (C). Questo è il punto. L’ARPA Puglia lo sa. E lo dovrebbero sapere anche le varie istituzioni locali coinvolte, dal Sindaco alla Regione, che continuano – nonostante le proteste dei cittadini – a rimanere silenti come le centraline di cui parliamo. Eppure sono proprio gli attori istituzionali che possono e devono far sentire la propria voce nella gestione dell’AIA, richiamando al rispetto delle prescrizioni, fino ad invocare le sanzioni previste dalla normativa ancora vigente (Codice dell’Ambiente).
Il fatto che sia stato eliminato – guarda caso – il Garante dell’AIA non significa che vengano meno le sanzioni previste dalla legge nel caso di non osservanza dell’AIA stessa. Ma le inadempienze non si fermano qui. Sempre la prescrizione 85 prevede che sia analizzata la composizione degli IPA fino a dettagliare l’analisi per frazioni granulometriche. Sono dettagli importanti per capire meglio che tipo di inquinamento ricade su Taranto e – in buona sostanza – quante e quali siano le polveri sottili maggiormente cariche di sostanze cancerogene. E’ un’analisi qualitativa che ancora manca.
Come manca l’applicazione della prescrizione 89 sempre relativa al sistema di monitoraggio finalizzato a controllare specificcamente la cokeria con sistemi BTEX e di campionamento delle polveri nelle macchine caricatrici e sfornatrici dell’impianto. L’installazione di questo sistema era prevista entro il 27 ottobre 2012. E’ passato quasi un anno. E’ assurdo notare che tutte queste cose non vengano fatte e che nessuno dei decisori politici si imponga per quello che è il suo ruolo. Pertanto PeaceLink ha deciso di rivolgersi alla Procura della Repubblica di Taranto, dato che ogni segnalazione della nostra associazione è rimasta vanamente inascoltata. A questo punto la parola passa alla magistratura. Noi ci siamo seccati di assistere a questa agonia dell’AIA. Domani andiamo in Procura.
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink