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Ilva, come muore la gente può morire anche un’acciaieria

GROTTAGLIE – “Come muore la gente, può morire anche un’acciaieria”. Una frase che va dritta al cuore del problema. A pronunciarla è  il dottor Agostino Di Ciaula, medico dell’Isde, protagonista  un paio di mesi fa  di un’importante audizione presso la commissione Ambiente della Camera dei Deputati, incentrata proprio sulla questione Ilva. Davanti ai parlamentari, Di Ciaula puntò l’indice contro un’Aia sostanzialmente inutile che sanciva qualcosa di aberrante: la salute è negoziabile. Sia InchiostroVerde che il TarantoOggi diedero ampio risalto ai contenuti della sua relazione, clamorosamente snobbata dalla maggior parte dei media.

Tema ripreso da Di Ciaula anche nel corso di un incontro organizzato nell’atrio del Castello Episcopio. Con lui un ex magistrato, Antonio Ingoia, e un giornalista tarantino, Tonio Attino, autore del libro “Generazione Ilva”. Il tema è attuale e delicato:  “Istantanee di una democrazia incompiuta. L’Italia tra inganni e tradimenti di Stato. Il caso Ilva”.  Un tradimento, quello subito dai tarantini, che non ha precedenti: due decreti  confezionati ad arte per salvare l’attività del Siderurgico, un’Autorizzazione Integrata Ambientale, riveduta e corretta in base alle esigenze dell’azienda, ed una magistratura continuamente costretta a dribblare gli ostacoli messi in campo dal potere politico.

Il confronto parte dal generale per zoomare sul particolare. Quando Ingroia punta il dito contro una politica inetta o collusa, il pubblico pone  l’accento soprattutto sulla seconda definizione: collusa. Perché a Taranto, in base a quanto emerge dall’inchiesta denominata “Ambiente Svenduto”, di collusioni, omissioni e distrazioni (più o meno pilotate) ce ne sono state tante, troppe. E non solo in ambito politico. Quando si fa cenno al ruolo dei media, la platea si scalda. “Se siamo arrivati a questo punto – fa notare qualcuno – è anche per colpa della stampa, del suo silenzio”. Come dargli torto? Se si  esclude qualche mosca bianca che ha sempre cercato di ronzare coraggiosamente sulla verità (anche quella più scomoda), Taranto ha dovuto convivere  con una disinformazione rivelatasi la migliore alleata degli inquinatori, liberi di manovrare senza subire particolare disturbo.

Attino introduce un altro elemento di riflessione: anche tra i magistrati c’è chi non ha fatto al meglio il suo  lavoro. Tira fuori un episodio risalente al 2005: “Nel riformare parzialmente la sentenza di condanna nei confronti dei vertici Ilva, la Corte di Cassazione, presieduta dal dottor Vitalone, annullò la confisca dei parchi minerali con questa spiegazione: c’era stata una delibera di un dirigente regionale che autorizzava l’Ilva alle emissioni convogliate. Ma la Cassazione fece uno sbaglio perché le emissioni dei parchi minerali sono diffuse e certamente non convogliate attraverso dei camini. Quello sbaglio forse ha impedito di affrontare già da allora il problema dei parchi. Quindi occorre distinguere tra la magistratura che ha operato bene e quella che non lo ha fatto”.

Con Di Ciaula, il discorso scivola naturalmente sulla questione sanitaria. Le sue parole, nei palazzi della politica, suonerebbero provocatorie: “Non ha senso parlare di ambientalizzazione dell’Ilva – dice – è arrivato il momento di trovare delle alternative al ricatto occupazionale. Liberiamo questo territorio dall’abbraccio mortale delle lobbies”. E torna ad un tema a lui caro: “Nessun inquinante emesso dall’Ilva ha un valore soglia al di sotto del quale possa ritenersi sicuro per la salute umana.  Per salvare i tarantini bisogna chiudere l’area a caldo”, aggiunge tra gli applausi. Dopo aver snocciolato tutti i dati ormai noti su mortalità in eccesso, malattie tumorali, diossina nel latte materno,  Di Ciaula fa notare  “che le evidenze epidemiologiche sono ormai incontestabili e rendono superflua ogni altra ricerca di tipo epidemiologico”.

Il medico dell’Isde cita l’esempio dell’acciaieria di Sparrow Point,  situata nei pressi di Baltimora: “Era la più grande acciaieria degli Stati Uniti – spiega – anche lì,  sui balconi delle case c’era “kish”, la polvere di minerale. Dopo aver raccolto evidenze epidemiologiche, alla fabbrica è stata imposta l’ambientalizzazione. I lavoratori sono passati da 30mila a 2mila. Poi lo stabilimento è stato chiuso perché non riusciva a rispettare le prescrizioni. Dalle sue ceneri, il territorio sta rinascendo in maniera sostenibile puntando su alternative che possono dare migliaia di posti di lavoro. Muoiono le persone e può morire anche un’acciaieria. Non ci dobbiamo spaventare davanti a questo, se ci propongono un’alternativa”.

Infine, da medico, sottolinea l’importanza della prevenzione primaria, che punta a rimuovere le cause delle patologie: “Quando il male insorge, si è già in presenza di una sconfitta della medicina. Nel caso dell’Ilva – conclude – i fattori che possono essere rimossi sono noti da oltre vent’anni. Adesso è arrivato il momento di pensare alla prevenzione primaria dei tarantini che hanno già dato più del necessario”. Possibile che a qualcuno queste parole di puro “buon senso” possano ancora risultare “rivoluzionarie”?

Alessandra Congedo per InchiostroVerde

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