TARANTO – “Non abbiamo alcuna responsabilità rispetto alle accuse che ci vengono mosse. Il nostro ruolo di consulenti dell’azienda non prevedeva che si adottassero decisioni e quando le decisioni sono state adottate, sono sempre state frutto di un confronto con i direttori dello stabilimento di Taranto”. E’ questa la linea difensiva che ieri pomeriggio, negli interrogatori svoltisi nel carcere di Taranto dove sono detenuti da venerdì, hanno assunto tre dei cinque “fiduciari” di Riva nell’Ilva di Taranto. I così detti “fiduciari” sono stati arrestati dalla Finanza su ordine del gip Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento provocato dall’Ilva: quattro sono in carcere ed uno ai domiciliari – sono accusati di associazione a delinquere insieme ai Riva finalizzata a compiere reati e violazioni ambientali. Ieri pomeriggio sono stati interrogati Giovanni Rebaioli, 65enne, gestore dell’area parchi e impianti marittimi, Agostino Pastorino, di 60 anni, responsabile dell’area ghisa e degli investimenti ed Enrico Bessone, di 45 anni, dipendente di Riva FIRE, responsabile dell’area manutenzione meccanica delle acciaierie. Al termine dei loro interrogatori, gli avvocati hanno chiesto al gip la revoca della custodia cautelare in carcere e il loro trasferimento agli arresti domiciliari. Alfredo Ceriani, un altro degli arrestati, il 69enne responsabile della produzione dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, quella che comprende cokerie, agglomerato, altiforni e acciaierie, si è invece avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del gip. Ceriani è recluso nel carcere di Busto Arsizio in Lombardia. Oggi infine sarà interrogato Lanfranco Legnani che è agli arresti domiciliari e che per il gip svolgeva funzioni di direttore “ombra” nell’Ilva (dal TarantoOggi del 10.09.2013).