Mater Gratiae, primi controlli Arpa – Ma qual è lo stato della falda sottostante?

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discarica-mater-gratiaeTARANTO – Dopo aver ricevuto lo scorso 27 agosto dalla Regione Puglia l’incarico di “svolgere le opportune attività di sopralluogo finalizzate a restituire la rappresentazione attuale dello stato dei luoghi nonché ad accertare la conformità delle opere realizzate al progetto di cui al parere favorevole reso con determinazione dirigenziale della Regione Puglia n.160/2010”, in riferimento alla discarica per rifiuti non pericolosi dell’Ilva di Taranto, ARPA Puglia ha dapprima preso in consegna dal Servizio Ecologia della Regione la documentazione prodotta da Ilva, in originale, inerente alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Poi, nella giornata di venerdì, il personale della Direzione Scientifica e del DAP di Taranto dell’ARPA ha effettuato un sopralluogo in loco per la verifica dello stato dei luoghi.

Per quanto concerne lo stato attuale della discarica, i funzionari tecnici dell’ente regionale hanno preso visione del fatto che “i lavori di costruzione sono in avanzato stato di realizzazione e sono attualmente fermi”. Secondo quanto dichiarato da Ilva, i lavori sono stati interrotti a fine 2012 “dopo la posa in opera dello strato di argilla nel primo modulo”. La prima parte della relazione riguarda la struttura della discarica, che viene descritta come “suddivisa in tre moduli”. In considerazione dello stato di avanzamento dei lavori e delle conseguenti opere realizzate, i tecnici dell’ARPA hanno sottolineato come “emergono alcune differenze rispetto a quanto descritto negli elaborati grafici e progettuali presentati dall’azienda ed approvati con determina dirigenziale n.160/2010 di compatibilità VIA”. Le divergenze riguardano tre aspetti: il contesto morfologico circostante la discarica; la modalità di coltivazione; la costituzione pacchetto di impermeabilizzazione del fondo e delle pareti. Le planimetrie del progetto riportano l’ubicazione della discarica ricavata all’interno del bacino della più ampia cava sita in località Mater Gratiae nel territorio di Statte, il cui fronte Nord è tuttora in fase di coltivazione.

La discarica, da progetto, si innestava all’interno della cava con una delle quattro; per i restanti tre lati gli argini della discarica risultavano, pertanto, completamente realizzati in scoria, come rilevati fuori terra con il lato esterno scoperto. “La situazione rappresentata nelle tavole suddette – sottolineano i tecnici ARPA – non corrisponde allo stato di fatto dal momento che, contestualmente all’avanzamento del fronte di cava, Ilva ha realizzato il ripristino ambientale della stessa, utilizzando la scoria per colmare la distanza tra discarica di progetto e area di cava esaurita”. Come si può desumere dal documento “Esercizio, sorveglianza, post-gestione e recupero ambientale” (datato settembre 2007), tutta l’area della cava Mater Gratiae, comprendente diverse discariche in utilizzo ad Ilva, “deve essere interamente recuperata con scoria e rifiuti inerti, riempiendo i volumi vuoti tra le diverse discariche e le pareti di cava. Pertanto, anche gli argini esterni e parte della copertura della discarica stessa sarebbero stati ricoperti da scoria e rifiuti inerti nella fase finale.

A pag. 52 del suddetto allegato, tuttavia, si riporta che il recupero morfologico e ambientale definitivo avverrà a conclusione del periodo di post esercizio della discarica in essere e delle discariche adiacenti mentre, come riscontrato in sopralluogo, tale attività è stata già avviata”. Per quanto riguarda invece le modalità di coltivazione, il progetto prevedeva l’attuazione del processo della discarica in due fasi: la prima con interessamento dei primi moduli da Nord e la seconda, di completamento, col terzo modulo (a Sud). Dal sopralluogo “si evince il completamento con argilla del modulo posto più a Sud (denominato 1) e ciò in difformità con quanto previsto nel progetto approvato”. Inoltre, nell’allegato “Relazione tecnica sui piani di coltivazione del settore di cava di intervento e sull’esecuzione dei rilevati arginali” era previsto che il bacino di smaltimento vero e proprio sarebbe stato servito da due differenti viabilità: la prima proveniente da ovest (comune alle discariche esistenti) e la seconda, preferenziale, proveniente da sud. “Tuttavia – si legge sempre nella relazione -, durante la visita effettuata sull’impianto è stato possibile constatare la presenza di due rampe di accesso, situate sul lato NE: la prima, estremamente ripida per il solo accesso di mezzi d’opera alla berma del terzo gradone attraverso un varco nel quarto gradone superiore.

Come dichiarato dai responsabili dell’azienda, la rampa risulta avere carattere temporaneo ed è esclusivamente destinata alla fase di cantiere; la seconda, idonea al raggiungimento del fondo del bacino non solo da parte dei mezzi d’opera ma anche di quelli destinati al futuro conferimento dei rifiuti”. Infine, la determina di pronunciamento della VIA ha imposto all’Ilva sei prescrizioni, già integrate con le osservazioni del Comitato Tecnico della Provincia di Taranto: impermeabilizzazione del fondo, degli argini e della copertura con uno strato di argilla non inferiore a 1 metro; trattamento del percolato in impianto adiacente alla discarica; raccolta delle acque meteoriche di prima e seconda pioggia; trattamento del percolato esclusivamente nell’impianto di cui al punto 2; impianto di estrazione del biogas, in caso di smaltimento di rifiuti organici e biodegradabili; piano di monitoraggio delle acque di falda.

“Nel corso del sopralluogo – concludono i tecnici ARPA – è stato possibile verificare la posa in opera dello strato di argilla con spessore non inferiore al metro, conformemente a quanto prescritto, in sostituzione del geocomposito bentonitico dello spessore di 1 cm e permeabilità < 10-9 cm/s, come inizialmente previsto da Ilva in fase progettuale. Questo ulteriore spessore ha prodotto come conseguenza la ridefinizione della volumetria complessiva disponibile che si è ridotta di circa 100.000 metri cubi (2.800.000 rn9 invece dei 2.900.000 inizialmente disponibili)”. Tutto ciò detto, la domanda è semplicemente una: cosa è stato sversato per anni in quella discarica? E soprattutto: assodato l’inquinamento di falda superficiale e profonda già nel 2010, qual è lo stato attuale della stessa?

Gianmario Leone (TarantoOggi, 04.09.2013)

 

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