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Porto di Taranto, il finto giallo estivo

TARANTO – Un intervento ufficiale per fare chiarezza dopo che un gruppo di parlamentari del Pd, non sapendo bene cosa fare durante le ferie agostane, ha lanciato il seguente allarme: la Hutchinson Whampoa di Hong Kong e la giapponese Evergreen (azionista al 40% della Taranto Container Terminal, mentre la Hutchinson detiene il 50%), sarebbero in procinto di abbandonare al suo destino lo scalo ionico a causa del ritardo sui lavori previsti da oltre un decennio.

“Dopo aver avuto la pazienza e l’abilità di seguire tutta la trafila burocratica – scrivevano lo scorso 21 agosto Ernesto Magorno e David Ermini, componenti della commissione Giustizia alla Camera, Lorenza Bonaccorsi della commissione Trasporti e telecomunicazioni, e Michele Anzaldi (tutti in quota Pd) -, hanno atteso invano, per oltre 10 anni, che venisse mantenuto il patto concordato di abbassare i fondali di due metri. Se solo si mantenessero i patti, Taranto potrebbe diventare il punto di leva per tentare di risolvere la questione meridionale e rilanciarne l’intera economia. Oggi, impossibilitati a fare entrare le loro navi, i due colossi stranieri stanno per gettare la spugna. La vera scommessa per attrarre o semplicemente non respingere gli investitori stranieri è quella di mantenere i patti concordati”.

Domanda: ma i parlamentari in questione hanno mai letto l’accordo siglato a Roma il 20 giugno del 2012? Sanno che parte di alcuni interventi (nuova diga foranea, riconfigurazione della banchina del Molo Polisettoriale e l’ammodernamento dei piazzali della stessa e delle vie di corsa lato terra) prevedono l’impegno economico della TCT (quindi di Hutchinson ed Evergreen)? E che quindi le due società hanno firmato in calce il famoso accordo? Mistero. Nella giornata di ieri, quindi, il Presidente dell’Autorità portuale di Taranto, Sergio Prete, ha diramato una nota ufficiale, ribadendo che “la situazione è estremamente importante, visto il ruolo riconosciuto allo scalo ionico nella futura programmazione dei trasporti italiani e continentali”.

Taranto, terzo scalo nazionale per traffico di merce, è stata da anni individuato come una delle infrastrutture strategiche europee. Prete ricorda come, nonostante il ritardo accumulato negli anni, “lo sviluppo del porto di Taranto ha un impatto e una rilevanza globale, poiché interessa tutta l’Europa e Paesi come Cina e Taiwan, di cui due delle loro aziende maggiori, la HPH, di proprietà del miliardario di Hong Kong Li Ka‐shing, e la Evergreen hanno investito sul territorio”. Ribadendo che la “situazione ha una grande attenzione da parte del Governo”.

Fatta la premessa, Prete ricorda ai parlamentari smemorati che proprio per cambiare rotta, “al fine di superare la situazione di empasse derivante dalla mancata realizzazione dei richiesti e necessari interventi infrastrutturali di adeguamento competitivo del porto, protrattasi sino al 2011”, è stato siglato l’accordo del giugno dello scorso anno ed è stato nominato il Commissario Straordinario (che non può però derogare alle norme comunitarie ed a quelle in materia ambientale). Nel contempo, ricorda Prete, “è stata predisposta la progettazione delle opere, è in fase di conclusione la procedura di aggiudicazione dei lavori di adeguamento/consolidamento della banchina del Molo Polisettoriale, a breve sarà concluso l’iter di approvazione del dragaggio e della vasca di colmata e subito dopo si concluderanno le procedure di approvazione della diga foranea e della radice della banchina del Molo Polisettoriale: infine, è stato trovato l’accordo, dopo 15 anni, per la delocalizzazione del Terminal Rinfuse”.

Tant’è che per non lasciare nulla d’intentato, Prete ha chiesto alla Presidenza del Consiglio di convocare una riunione a metà settembre “per la condivisione di un cronoprogramma delle ulteriori attività che sia vincolante, tanto per le parti pubbliche che per quelle private; in tale occasione, inoltre, oltre ad affrontare anche la problematica relativa alla cassa integrazione, s’intende proporre l’istituzione di un ristretto comitato di referenti delle Amministrazioni coinvolte”. Le parole d’ordine, dunque, sono sempre le stesse: attenzione alta sulle procedure e sulla loro tempistica per evitare di pregiudicare il progetto di rilancio del porto e la crescita del traffico containerizzato; e che il cronoprogramma venga applicato e rispettato da tutte le parti coinvolte: soltanto se tutto ciò venisse a mancare, si rischia che gli investitori stranieri si possano ritirare.

Lette le parole di Sergio Prete, due dei deputati del Pd coinvolti nel giallo estivo, Michele Anzaldi ed Ernesto Magorno, hanno diffuso una nuova nota nella quale si legge che le dichiarazioni pubbliche rilasciate dal Presidente dell’Autorità portuale di Taranto, “esigono una risposta netta ed immediata da parte dei ministri competenti”. Nonostante la chiarezza della nota, i parlamentari sostengono che “i timori riguardo la fuga degli investitori esteri appaiono una triste realtà che si potrebbe in poco tempo concretizzare”. Per i deputati Pd, bisogna fare tutto il possibile “affinché non si rinunci al più grande e redditizio investimento su un porto italiano, che candiderebbe Taranto a divenire uno dei principali porti europei per traffico container”.

Sarà. Ma i deputati Pd sanno che Evergreen decise di spostare quattro linee (due linee oceaniche e due linee feeder) dal porto di Taranto al terminal greco del Pireo, nel lontano settembre del 2011? Scelta all’epoca dei fatti definita dalla società “temporanea” e trasformatasi poi in definitiva, che ha pesantemente influito sul traffico merci dello scalo ionico? I deputati Pd sono a conoscenza che lo scalo ionico è in costante flessione da un anno e mezzo? E che già oggi Taranto effettua soltanto transhipment (trasferimento di carico da una nave all’altra, attraverso scarico in porto e ricarico)? E che il futuro è nella logistica e nella retroportualità? E che, come scriviamo da anni e non certo da oggi, definanziare il progetto del Distrpark, come avvenuto lo scorso agosto “grazie” alla Regione Puglia e al silenzio assenso di Comune, Provincia e Autorità Portuale, si rivelerà essere l’ennesima mossa suicida per l’economia “alternativa” alla grande industria del nostro territorio? Lo sanno, certo che lo sanno. Non solo loro. E non certo da oggi.

G. Leone (TarantoOggi, 27 agosto 2013)

 

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