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“Amo Taranto perché la conosco” – La grande bellezza, a pochi passi dal mostro

«Amo Taranto perché la conosco». Ci piace cominciare da qui, dalle parole pronunciate dalla biologa Enza Tomaselli, l’esperta guida che ci accompagna in questa rigenerante immersione nella “grande bellezza” della natura, lungo il mar Piccolo, tra l’oasi “La Vela” e il Convento dei Battendieri. La sua frase ad effetto risuona nell’aria per poi insinuarsi nello stomaco. Quanti tarantini conoscono a sufficienza la loro terra? Quanti sono capaci di amarla? Quanti sono consapevoli dei suoi tesori nascosti? Il mostro d’acciaio che sputa veleni è solo a pochi chilometri da qui. Si insinua all’orizzonte come un intruso. Cerca di imporre la sua presenza, ma questa volta non riesce a rubare la scena. Resta ai margini del nostro campo visivo, mentre lo sguardo si posa sugli uccelli che popolano la palude: aironi cenerini, garzette, fenicotteri, cavalieri d’Italia, volpoche, avocette.

«Sono presenti varie specie, ma tra loro non c’è concorrenza – ci spiega Fabio Millarte, presidente del Wwf  Taranto, mentre i bambini sgranano gli occhi e ascoltano incuriositi – ognuna si ciba di qualcosa di diverso. Non si fanno la guerra. Vivono in armonia”. Una cosa che agli uomini proprio non riesce naturale. Il binocolo che ci viene fornito per
ammirare da vicino i vari esemplari ci proietta in una realtà silenziosa, protetta. Siamo noi gli intrusi, i selvaggi che coi loro schiamazzi disturbano la quiete del mondo animale.

Mentre ci allontaniamo dalla palude vediamo stormi librarsi in volo. Ci piace interpretarlo come un saluto. Poi riprendiamo il nostro cammino. Siamo in tanti, almeno 150. Molti più del previsto. Tra noi ci sono giovani coppie, mamme munite di passeggino e persone di ogni età. Fuori dall’Oasi, dall’altra parte della strada, ci attende il Convento dei Battendieri e  un’altra dimensione, dove la natura detta i tempi, elargisce i suoi frutti e cura lo spirito.

Qui è davvero un salto nel tempo. Un flashback ci riporta al 1597 quando il Convento venne costruito, insieme all’attigua chiesetta, sul Cervaro. E tutto intorno è la natura che si esprime e ci accoglie con i suoi colori più belli. Il giallo del sole, il verde degli ulivi, il blu del cielo e del mare. Colori che si integrano a perfezione, come spiega la dott.ssa Tomaselli, con il bianco dei muretti a secco. Colori che ogni pugliese ha nel cuore e porta con se. Ma non ci sono solo ulivi. Piante di mirto, i sempreverdi alberi di carrubo, vitigni, fichi.

Tutto fa da contorno ad uno splendido tramonto sul secondo seno del Mar Piccolo che, con i suoi citri, donava alle acque quella condizione unica e speciale per la coltivazione delle nostre cozze. Un grande abbraccio naturale. Sole, vento, terra. Profumi e colori che scorrono nelle nostre vene e  si fondono in una storia millenaria che nessuna “vocazione industriale” potrà mai sostituire. Avevamo tutto. Abbiamo ancora tutto. Per ricominciare. Per riconoscersi non solo in un’antichità narrata su tutti i libri di storia. Radici naturali e culturali che nessuna ciminiera riuscirà ad inquinare.

Alessandra Congedo – Valentina Pellegrino

N.B. Un’esperienza che potete vivere ogni venerdì: http://www.opendays.viaggiareinpuglia.it/?event=riserva-naturale-regionale-orientata-palude-la-vela-scopri-la-palude



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