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Decreto Ilva al Senato – Tra oggi e domani l’approvazione del testo

TARANTO – Approda quest’oggi nell’aula del Senato, per la conversione in legge, il decreto 61 “Nuove disposizioni urgenti a tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro in imprese di carattere strategico nazionale”, ribattezzato ‘salva Ilva bis’. L’approvazione del testo è attesa tra lunedì o al più tardi domani, visto che per una delle tante regole non scritte del nostro paese, il lunedì Camera e Senato sono rigorosamente vuote (soltanto i rappresentanti del M5S si presentano regolarmente).

Come abbiamo avuto modo di scrivere la scorsa settimana, il testo che arriva in Aula oggi è un lontano parente di quello approvato dal Consiglio dei ministri il 4 giugno scorso, poi modificato prima dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera e poi dall’Aula stessa, che lo approvò l’11 luglio con 299 sì, 112 contrari (M5S e Lega) e 34 astenuti (SEL). Il testo arriva a Palazzo Madama peraltro senza emendamenti (ritirati o respinti dopo la richiesta del governo) rispetto a quello licenziato dall’assemblea di Montecitorio. Alla base della decisione di non cambiare nulla, i tempi stretti per l’approvazione del decreto che andrà convertito in legge entro il 4 agosto. In sostanza, non essendoci i tempi tecnici per modificare il decreto e rispedirlo alla Camera per l’ulteriore e definitiva approvazione, tutte le “migliorie” individuate dalle commissioni del Senato – che nei giorni scorsi sono state a Taranto per una serie di audizioni – dovrebbero far parte di un altro provvedimento.

Infatti, come già riportato, attraverso un ordine del giorno della maggioranza accolto dall’esecutivo, il governo si è impegnato ad attuare una serie di modifiche definite “migliorative”. Come la verifica e il controllo delle attività del commissario straordinario e del sub commissario, ai quali sarà richiesta una relazione semestrale da inviare ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente ed alle commissioni parlamentari competenti sullo stato di attuazione dell’AIA e sulle iniziative di informazione e di consultazione delle comunità locali.

La novità, in realtà, consta soltanto nel redigere l’ennesima relazione, visto che già alla Camera era stato deciso che il ruolo svolto in precedenza dal Garante, una specie di supervisore sui lavori legata alle ispezioni trimestrali dei tecnici ISPRA, veniva affidato in simbiosi a Bondi, la Regione e gli enti locali. Che invece si battono per il ripristino della figura del Garante unicamente perché non vogliono il peso del fardello del controllo sull’operato di Bondi. Sempre a proposito della figura di quest’ultimo, è stato chiesto di individuare misure per consentire al commissario di sciogliere i contratti in corso, alla data di emanazione del decreto, con parti correlate (il riferimento è ovviamente al gruppo Riva) qualora questi risultino incompatibili con il piano di risanamento previsto dal decreto stesso (sono esclusi rapporti di lavoro e subordinati).

E’ stato anche chiesto di chiarire le responsabilità di commissario, subcommissario e del comitato dei tre esperti e quelle che riguardano anche i soggetti da loro delegati funzionalmente e che cureranno la predisposizione e l’attuazione dei piani. Come si ricorderà infatti, il comitato dei tre esperti nominati dal ministro dell’Ambiente Andrea Orlando (Marco Lupo, commissario all’emergenza rifiuti della regione Sicilia e già dirigente del Ministero dell’Ambiente, Giuseppe Genon, docente di ingegneria dell’ambiente al Politecnico di Torino e Lucia Bisceglia, medico epidemiologo, dirigente di ARPA Puglia), insieme al sub commissario Edo Ronchi, dovrà mettere a punto un nuovo piano delle misure ambientali, comprensivo anche dei tempi per l’attuazione delle prescrizioni AIA. Tale piano, recita il decreto, equivarrà a modifica dell’AIA stessa per quanto concerne la tempistica. Il decreto infatti, prevede l’applicazione dell’AIA entro tre anni: calcoli alla mano vuol dire che, stante i ritardi accumulati dall’azienda sino a fine maggio come certificato dall’ISPRA, si sforerà il limite imposto dal provvedimento licenziato dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini lo scorso ottobre: ovvero dicembre 2015. Inoltre, sono stati concessi 150 giorni di tempo al sub commissario Edo Ronchi e ai tre esperti, per redigere il piano di lavoro che prevede la possibilità di rimodulare la tempistica delle prescrizioni.

Gli interventi peraltro, si basano solo sui tempi di attuazione e non sui criteri di rispetto di adeguamento tecnologico e di azioni di risanamento che se non rispettati dovrebbero permettere la riapertura della stessa AIA. Inoltre, la relazione redatta nell’ambito della Valutazione del Danno Sanitario, non potrà modificare in alcun modo le prescrizioni AIA. Al massimo, la Regione potrà chiederne il riesame (l’ennesimo). E non viene previsto il riesame neppure a fronte di dati epidemiologici e sanitari che risultassero allarmanti, per cui se anche la Regione ne chiedesse il riesame, in linea con quanto permesso dal decreto (art. 1, comma 7), il Governo potrebbe opporsi.

Sarà invece confermato l’onere di assicurare un’adeguata dotazione finanziaria ad ISPRA ed ARPA Puglia per l’attività connessa con l’AIA e ad emanare, entro tre mesi, un decreto per risolvere il tema complesso e delicato della gestione e dello smaltimento dei rifiuti dell’Ilva nel rispetto delle procedure dell’AIA. Dunque, slitta ancora nel tempo l’intervento sulla gestione dei rifiuti, dopo che l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini aveva annunciato le prescrizioni sul tema prima entro gennaio e poi entro maggio. Intanto, l’Ilva continuerà ad operare in deroga, visto che sono ben 7 anni che attende di ottenere dalla Provincia l’ok per utilizzare la tristemente famosa discarica interna Mater Gratiae.

Previsto anche un non meglio precisato impegno da parte del governo a mettere in campo ulteriori iniziative di monitoraggio epidemiologico in relazione alla presenza degli impianti industriali nell’area di Taranto. Da vedere se sarà confermato l’emendamento presentato giorni addietro, in cui si punta a riservare alle banche il 60% delle risorse per i creditori, in caso di fallimento dell’azienda. Il che ha una sua logica, visto che saranno le banche e la BEI a finanziare gli 1,8 miliardi di euro previsti da Bondi e dal governo per le operazioni di “risanamento” del siderurgico. Ricordiamo che per la prima volta è comparsa nel testo la parola “fallimento” nel futuro dell’Ilva. Un dato che lascia molto da pensare sul quale sarà il destino del più grande siderurgico d’Europa.

Ciò detto, non è scontato che tutto fili liscio per il governo. Sono infatti oltre un centinaio gli emendamenti al decreto 61 presentati nelle commissioni Industria e Ambiente del Senato, dove i relatori sono stati Francesco Bruni del Pdl (Ambiente) e Salvatore Tomaselli del Pd (Industria). La maggioranza ha ritirato i suoi, quelli del 5 Stelle e SEL sono stati respinti, la Lega li ha ritirati per ripresentarli in aula. Non è da escludere che facciano altrettanto Cinque Stelle e SEL. Alla Camera infatti il decreto fu approvato con un paio di giorni di ritardo sul previsto per il protrarsi del pressing dei deputati di Cinque Stelle. C’è tempo sino a venerdì. E tutto andrà come deve andare.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 29.07.2013)

 

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