Per questo motivo Pentassuglia ha convocato in audizione l’ARPA Puglia e il management dell’insediamento industriale ed in particolare l’ingegnere Carlo Guarrata, direttore della raffineria Eni di Taranto, che così come accaduto durante l’audizione presso la Commissione Ambiente del Comune di Taranto lo scorso 4 luglio, ha mostrato “massima disponibilità” ad affrontare la questione. Guarrata ha sottolineato che “quello di cui parliamo è un sito a potenziale impianto odorigeno che però è sottoposto a controlli costanti”.
“Siamo disponibili – ha detto l’ingegnere dell’Eni – a porre in essere tutte le soluzioni possibili per migliorare i controlli e accettiamo suggerimenti e proposte che abbiano uno spirito collaborativo”. Guarrata ha parlato di numeri trasparenti evidenti dal monitoraggio interno alla raffineria, sottolineando che in quei giorni il sistema di sicurezza “funzionò perfettamente”. Infine, un desiderio: “Ci piacerebbe essere considerati affidabili”, ha dichiarato Guarrata.
Peccato che, per essere affidabili, bisognerebbe essere credibili. E mostrare soprattutto spirito di collaborazione. Certo non è la strada migliore quella di mettere in dubbio o addirittura arrivare a contestate i dati e il lavoro di un organo di controllo come ARPA Puglia. Perché, come ha dichiarato il direttore scientifico dell’ente regionale per la protezione ambientale Massimo Blonda durante l’audizione di ieri, avere un atteggiamento del genere da parte di un’azienda come l’Eni, comporta soltanto effetti controproducenti. Inoltre, Blonda ha ripetuto anche ai consiglieri regionali quanto ARPA sostiene da tempo in merito alla responsabilità dell’Eni sulle emissioni di idrogeno solforato: “Pur mancando l’assoluta certezza scientifica, che però presto potremo avere, tutti i dati in nostro possesso indicano la raffineria come la sorgente di quelle emissioni”.
L’ARPA, dunque, continua a non avere dubbi. L’agenzia, proprio in queste settimane, sta provvedendo a migliorare le condizioni del monitoraggio potenziando le centraline e ampliando la strumentazione: ma ha anche sostenuto l’esigenza di normare tutta la problematica degli “odori” e delle percezioni degli stessi. Questo perché, come riportato più volte su queste colonne, per l’idrogeno solforato ad esempio, composto dello zolfo molto odoroso anche a basse concentrazioni, non esiste un limite di legge per la concentrazione in aria/ambiente. A tal proposito, il direttore scientifico Massimo Blonda ha tenuto a chiarire un aspetto non di poco conto. Perché quando nel definire le emissioni odorigene si parla di “odore di gas”, in realtà si commette un errore.
Visto che quello che i cittadini di Taranto percepiscono altro non è che il prodotto di composti di processi di lavorazione. Entrando ancora di più nel dettaglio, la questione è questa: al gas vengono aggiunti i mercaptani, composti organici assimilabili ad alcoli in cui l’atomo di ossigeno è sostituito da un atomo di zolfo. Caratteristica comune a quasi tutti i mercaptani è il possedere un intenso odore sgradevole. Semplici mercaptani vengono aggiunti al metano come “odorizzanti”, per poterne svelare eventuali fughe. Inoltre, Blonda ha tenuto a precisare il fatto che pur creando evidenti problemi alla popolazione, l’essere in grado di percepire tramite l’olfatto la presenza di idrogeno solforato o altri composti nell’aria, è da considerarsi “positivo”.
Spieghiamo. Per l’idrogeno solforato in letteratura si trovano numerosi valori che spaziano da 0,7 ng/m3 fino a 14 ng/m3: alcuni soggetti sono in grado di percepire l’odore già a 0,2 ng/m3. In corrispondenza dei valore di 7 ng/m3 (valore assunto come soglia odorigena), la quasi totalità dei soggetti esposti ne distingue l’odore caratteristico. A basse concentrazioni produce irritazione delle mucose, iperventilazione ed edemi polmonari, e l’esposizione prolungata comporta affaticamento cronico, inappetenza, cefalea, disturbi cognitivi e della memoria. L’idrogeno solforato è però, di fatto, velenoso e anche mortale per l’uomo. Infatti, il vero problema lo avremmo a concentrazioni medio-alte: in quel caso entrerebbe in gioco la sua capacità di inattivare la percezione sensoriale olfattiva, unico campanello d’allarme per la presenza nell’aria. 10ppm (parti per un milione) rappresenta il limite inferiore di tossicità senza il rischio di danni per la salute in seguito all’esposizione di 8 ore consecutive; con livelli pari a 1000ppm si ha il collasso immediato anche dopo un unico atto respiratorio.
Ciò detto, non è dato sapere se l’Eni adotterà mai misure idonee per evitare questi problemi. Del resto, il direttore dell’ARPA Giorgio Assennato da noi contattato lo scorso 4 luglio, fu chiarissimo: “l’Eni nega da sempre anche davanti all’evidenza dei dati scientifici: evidentemente fa parte della loro politica aziendale. Semplicemente, se ne fregano, perché programmano e svolgono operazioni che comportano i fenomeni emissivi in questione, pur sapendo della presenza di condizioni climatiche sfavorevoli venendo avvisati da noi ben due giorni prima”. Motivo più che valido per mandarli via dal nostro territorio una volta e per tutte.
G. Leone (TarantoOggi, 25.07.2013)
Questa truffa sta dilagando in tutta Italia, e questa volta la storia si ripete nel…
Risparmiare sulla bolletta dell’energia elettrica non è mai stato così semplice: bastano solo sei mosse…
Ansia e stress sono nemici prediletti del corpo; ne soffriamo tutti in maniera differente, ma…
Il tostapane è uno di quegli elettrodomestici che, senza ombra di dubbio, ci mette più…
Dato che il Natale si avvicina sempre di più, è il momento di rimboccarsi le…
Le polpettine alla Nutella sono il dessert più buono che potrai mangiare in questo periodo…