“E’ colpa dell’Eni” – Ieri Arpa Puglia in commissione Ambiente

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TARANTO – La Commissione Consiliare Ecologia ed Ambiente ha ricevuto ieri mattina la direttrice del dipartimento dell’ARPA Puglia di Taranto e neo responsabile del settore Ambiente della Provincia di Taranto, Maria Spartera, per affrontare le tematiche relative alle ultime emergenze ambientali derivanti dalle attività della raffineria Eni. Dopo quanto accaduto nei giorni 8, 9 e 10 luglio scorsi, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, attraverso la dott. Spartera, anche ieri mattina ha confermato ai consiglieri comunali di Taranto che le emissioni “odorigene” provenivano senza alcun dubbio dalla raffineria.

La certezza di ARPA poggia, ovviamente, su dai scientifici inoppugnabili: ovvero gli elevati valori di idrocarburi totali non metanici registrati dalla centralina di via Machiavelli provenienti dalla zona industriale (giunti in città ancora una volta a causa dei venti che spirano dal 4 settore Ovest-Nord Ovest). Quel tipo di idrocarburi, ha spiegato ieri la dott. Spartera, sono prodotti soltanto dall’attività di una raffineria. Dunque ora bisognerà vedere che posizione assumerà il Comune di Taranto nei confronti dell’Eni, che ha ripetutamente negato in via ufficiale ogni addebito in merito alla diffusione delle emissioni odorigene di una settimana fa (e di tutte le altre precedenti relative a quelle riguardanti l’idrogeno solforato). In attesa che l’indagine avviata dalla Procura di Taranto contro ignoti per “getto pericoloso di cose” faccia il suo corso.

La Spartera ha poi spiegato ai consiglieri che ulteriore problema è il fatto che sostanze come l’idrogeno solforato, il composto dello zolfo che produce quella puzza di gas insopportabile e causa del malore accusato da decine di cittadini, non è normato per legge. Come abbiamo scritto tante volte su queste colonne infatti, per l’H2S non esiste un valore limite di emissione in aria/ambiente. Ecco perché non è semplice perseguire da un punto di vista amministrativo l’Eni. Ma da un punto di vista penale, invece, l’Eni può essere perseguita eccome. Come riportato più volte infatti, il reato ex articolo 674 del Codice penale ( “getto pericoloso di cose”) è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione che con sentenza del 17 novembre 2011, n.42387, ha sottolineato che “l’evento di reato prescinde dal superamento di eventuali limiti di legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità (ex articolo 844 c.c.)”.

Il problema delle emissioni odorigene infatti, certamente non si risolverà con l’installazione di nuove centraline (due dovrebbero essere installate entro settembre: una a p.zza Garibaldi a spese di ARPA Puglia attraverso l’utilizzo di fondi messi a disposizione dalla Provincia, un’altra presso l’ex ospedale Testa a spese dell’Eni) o monitor capaci di studiare la speciazione degli idrocarburi previste nell’AIA dell’Eni, né con il famoso “naso elettronico” di cui si doterà a breve l’azienda, come annunciato dal direttore della raffineria Carlo Guarrata lo scorso 4 luglio, sempre in commissione Ambiente. Men che meno con il “simpatico” progetto ideato da ARPA, Università di Bari e Politecnico presentato nei giorni scorsi.

Infine, sempre per quanto concerne l’AIA dell’Eni, la dott. Spartera ha reso noto che l’azienda ha chiesto la deroga su due prescrizioni. La prima, proprio per quanto concerne la realizzazione di alcuni monitoraggi: l’ARPA ha già avanzato diverse critiche al ministero dell’Ambiente in merito allo studio presentato dall’Eni, che secondo l’ente regionale presenta parecchi deficit. La seconda deroga invece, riguarda l’ambientalizzazione delle principali pipeway, ovvero le strade dove ci sono le condotte più grosse. Ma, ovviamente, di queste due deroghe il direttore Eni Carlo Guarrata si era ben guardato dall’informare la commissione Ambiente lo scorso 4 luglio, dipingendo una situazione tutta rosa e fiori, lontana anni luce dalla realtà.

G. Leone (TarantoOggi, 18/07/2013)

 

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