Sul caso Ilva si sta facendo un uso distorto e strumentale delle evidenze scientifiche. Lo denuncia l’Associazione Italiana di Epidemiologia con una nota stampa che riportiamo integralmente.
Eppure il legame tra inquinamento ambientale e tumore polmonare è noto da anni e indipendentemente dagli altri fattori di rischio (come la maggiore abitudine al fumo). Tale legame è stato ribadito la scorsa settimana con la pubblicazione su Lancet Oncology dei risultati dello studio europeo ESCAPE “European Study of Cohorts for Air Pollution Effects”, condotto su 17 coorti europee (inclusa l’Italia) che ha evidenziano come l’esposizione prolungata all’inquinamento da polveri sottili (PM10 e PM2.5) sia associabile ad un aumento del rischio di tumore del polmone (specialmente l’adenocarcinoma) in popolazioni esposte. Per ogni incremento di 10 µg/m³ di PM10 viene stimato un aumento del rischio di tumore al polmone pari a circa il 22 % (HR pari 1.22, 95%CI 1.03–1.45) (http://www.thelancet.com)
Tutti gli studi condotti fino ad oggi mostrano inoltre che non esiste un livello-soglia al di sotto del quale non siano evidenziabili effetti dell’inquinamento sulla salute. Proprio nei giorni scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ribadito che anche al di sotto dei limiti di legge previsti per il particolato, vi sono effetti sanitari sulle popolazioni esposte (documento “Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP” (interim report) disponibile sul sito www.euro.who.int)
E’ grave che nel nostro Paese possa essere sostenuta una posizione apertamente in contrasto con le evidenze scientifiche prodotte da studi internazionali e consolidate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Posizioni pseudo-scientifiche, basate sull’opinione di singoli ricercatori che sono in chiara condizione di conflitto di interessi (periti di parte dell’ILVA).
L’Associazione Italiana di Epidemiologia sulla base dei numerosi studi condotti fino ad oggi a Taranto, ribadisce che:
L’Associazione Italiana di Epidemiologia esprime una forte preoccupazione per l’uso distorto e strumentale di dati pseudo-scientifici con l’obiettivo di invalidare le evidenze prodotte fino ad oggi attraverso gli studi epidemiologici ed a misconoscere l’impatto sanitario delle emissioni dell’ ILVA sulla popolazione e sui lavoratori.
L’AIE sottolinea che i risultati dei molti studi condotti nell’area di Taranto e le evidenze ben consolidate di letteratura devono costituire la base per effettuare una Valutazione di Impatto Sanitario (Health Impact Assessment), che rappresenta uno strumento di indagine utile per caratterizzare i possibili effetti sanitari presenti e futuri di un sito, di un’opera infrastrutturale, di un impianto industriale.
AIE sostiene infine che i dati prodotti fino ad oggi siano sufficienti a considerare urgente e non più rinviabile l’attuazione di interventi di abbattimento dei livelli di inquinamento presenti nell’area di Taranto, e di bonifica dei siti inquinati, a salvaguardia della salute della popolazione residente e di quella delle generazioni future.
Nota del 15 luglio 2013
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